Settimana della domenica che precede il martirio – Venerdì
Vangelo
Gv 1, 35-42
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo sul Signore Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Chiudiamo la settimana liturgica che ha visto, al suo centro, il ricordo del martirio di San Giovanni, con una bellissima catechesi sul valore dell’Eucarestia applicata ai defunti.
“Ecco l’agnello di Dio”. Così Giovanni il Battista indica Gesù a chi sta seguendo lui, l’ultimo e più grande dei profeti. Con questa immagine San Giovanni parla di qualcosa di molto conosciuto per i suoi. Il pensiero di chi lo sta ascoltando, specie i primi discepoli del Signore, va subito a Gerusalemme e al suo tempio. Nel tempio, infatti, si consumavano i sacrifici. Lì era il luogo dove erano portati gli agnelli per essere offerti a Dio in sacrificio di comunione e di espiazione del proprio peccato. Giovanni associa questa immagine a Gesù e lascia capire che il vero agnello immolato sarà lui. Sarà Gesù a prendere il posto, una volta per tutte, di quegli agnelli bruciati e sacrificati a Dio. Sarà nella sua carne che avverrà, una volta e per sempre, l’unico e vero sacrificio espiatore per i peccati dell’uomo. Questo sarà ciò che permetterà all’uomo di rientrare in quella comunione con Dio che ogni uomo perde con il proprio peccato.
I primi discepoli associano questa immagine al Signore ma non capiscono la parola di Giovanni. Solo si fidano e la seguono, per essere poi testimoni di quanto hanno visto ed udito.
Maccabei
2Mac 12, 38-46
Lettura del secondo libro dei Maccabei
In quei giorni. Giuda radunò l’esercito e venne alla città di Odollàm; poiché stava per iniziare il settimo giorno, si purificarono secondo l’uso e vi passarono il sabato. Il giorno dopo, quando ormai la cosa era diventata necessaria, gli uomini di Giuda andarono a raccogliere i cadaveri dei caduti per deporli con i loro parenti nei sepolcri dei loro padri. Ma trovarono sotto la tunica di ciascun morto oggetti sacri agli idoli di Iàmnia, che la legge proibisce ai Giudei. Così fu a tutti chiaro il motivo per cui costoro erano caduti. Perciò tutti, benedicendo Dio, giusto giudice che rende palesi le cose occulte, si misero a pregare, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto a causa del peccato di quelli che erano caduti. Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato, compiendo così un’azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della risurrezione. Perché, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli pensava alla magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato.
La prima lettura ci parlava della preghiera dei morti. Israele perde la sua sfida contro l’ellenizzazione e Giuda Maccabeo spiega anche il perché. Coloro che avevano combattuto per Israele, sotto sotto, erano gente che non era stata immune dal fascino dell’ellenismo e, pur nascondendoli, aveva preso con sé segni di ogni genere per attestare la propria ellenizzazione. Giuda comprende che la disfatta a cui sono andati incontro è stata creata proprio da questa velata appartenenza all’ellenizzazione. La disfatta che Dio ha permesso è perché vengano svelati i pensieri degli uomini. Dio chiede conversione reale, non apparente. Dio non manda certo disgrazie sui suoi figli, ma nemmeno si lascia prendere in giro da loro. È per questo che permette alcuni segni che siano di richiamo al suo popolo e al mondo intero. Solo il giusto che vive di fede potrà, però, capire queste cose.
Giuda, avendo scoperto quello che è accaduto, compie un’opera meritoria: dà degna sepoltura ai morti. Non solo. Prega per loro e fa celebrare il sacrificio nel tempio, ovvero quella immolazione di agnelli a Dio per i morti, immagine di cui ci ha parlato il Vangelo. Poiché all’intenzione del cuore deve corrispondere anche l’atteggiamento della vita, ecco il suo far raccogliere delle offerte che saranno destinate al tempio, in suffragio dei morti.
Per noi
L’attualità di questi testi è schiacciante. Anche molti uomini e donne di oggi vivono segni di appartenenza ad altre culture e ad altre esperienze religiose che sono preoccupanti. Molto spesso mi capita di vedere morti che non hanno segni cristiani, ma che portano perfino nella tomba segni di altro. Molto spesso culti pagani. Così come mi capita di sentire sempre più spesso ricordi vaghi della vita di chi se ne va, parole che mi lasciano perplesso. Così come vedo che non c’è più quel desiderio di far ricordare i nostri morti presso l’altare del Signore, l’unica cosa che sarebbe davvero necessaria.
Credo che la catechesi che la Chiesa ci rivolge sia un richiamo per tutti noi. I nostri defunti non trovano conforto nei ricordi che noi possiamo avere, né nelle tante (ed inutili) cose che depositiamo sulle loro tombe, quasi con rito pagano. Piuttosto è il sacrificio di Cristo applicato alle loro anime che può permettere loro di raggiungere quella visione di gloria che, sola, è il “premio” e il fine della vita. Anche noi, come Giuda, ricordiamoci di far “dire” delle Messe per loro. Le anime del Purgatorio ce ne saranno grate e intercederanno per noi e per i nostri bisogni.