4 domenica di Avvento: l’ingresso del Messia
Per introdurci
- Chi è il cristiano? Quale la sua identità?
Abbiamo cercato risposte nella scrittura, nelle due precedenti domeniche di avvento ed abbiamo trovato tracce significative per un cammino: il cristiano è l’uomo che attende; il cristiano è l’uomo che dice: “marana thà!”, “Vieni Signore Gesù!”; il cristiano è l’uomo della sobrietà; il cristiano è l’uomo che cerca di essere come una lampada che arde e che risplende, come abbiamo meditato la scorsa settimana. Oggi si aggiunge la quarta risposta: il cristiano è l’uomo che sa accogliere.
Marana Thà! Vieni Signore Gesù!
Così che, anche in questa domenica, possiamo pregare con fede: “marana thà!”, Vieni, Signore Gesù, insegnaci l’arte dell’accoglienza.
La Parola di Dio
LETTURA Is 16, 1-5
Lettura del profeta Isaia
In quei giorni. Isaia disse: «Mandate l’agnello al signore della regione, da Sela del deserto al monte della figlia di Sion. Come un uccello fuggitivo, come una nidiata dispersa saranno le figlie di Moab ai guadi dell’Arnon. Dacci un consiglio, prendi una decisione! Rendi come la notte la tua ombra in pieno mezzogiorno; nascondi i dispersi, non tradire i fuggiaschi. Siano tuoi ospiti i dispersi di Moab; sii loro rifugio di fronte al devastatore. Quando sarà estinto il tiranno e finita la devastazione, scomparso il distruttore della regione, allora sarà stabilito un trono sulla mansuetudine, vi siederà con tutta fedeltà, nella tenda di Davide, un giudice sollecito del diritto e pronto alla giustizia».
SALMO Sal 149
Cantino al loro re i figli di Sion.
Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell’assemblea dei fedeli.
Gioisca Israele nel suo creatore,
esultino nel loro re i figli di Sion. R
Lodino il suo nome con danze,
con tamburelli e cetre gli cantino inni.
Il Signore ama il suo popolo,
incorona i poveri di vittoria. R
Esultino i fedeli nella gloria,
facciano festa sui loro giacigli.
Le lodi di Dio sulla loro bocca,
questo è un onore per tutti i suoi fedeli. R
EPISTOLA 1Ts 3, 11 – 4, 2
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi
Fratelli, voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù guidare il nostro cammino verso di voi! Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi. Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.
VANGELO Mc 11, 1-11
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco
In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!». Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.
Vangelo
A suggerirci questa riflessione è anzitutto il vangelo che conosciamo assai bene e che è tipico della domenica delle palme. Anche in avvento noi rileggiamo questa pagina proprio per sottolineare che, come Gesù venne accolto in quell’occasione a Gerusalemme, così noi abbiamo il dovere di accoglierlo nella nostra anima perché possiamo avere parte con lui nel giudizio finale. L’accoglienza che il Signore sperimentò in quel giorno di festa dovrebbe essere l’accoglienza che riserva l’anima che attende il Signore, accoglienza che è anzitutto di Cristo, con quello stile di sobrietà e con quella ricerca continua di esemplarità che abbiamo già sottolineato nelle scorse domeniche. Così avvertiamo tutti, io credo, la presenza di questo filo rosso che lega insieme tutte le domeniche che stiamo vivendo. Accoglienza nell’anima capace, poi, di trasformare la vita, di dare segni nei comportamenti di ogni giorno perché sia chiaro a tutti nel nome di Chi si accoglie. Dall’accoglienza di Cristo, ci dice il Vangelo, deriva poi l’accoglienza dell’uomo. Accoglienza che si fa ascolto, accoglienza che si fa intervento premuroso, accoglienza che si fa silenzio, accoglienza che si fa opera. Dipende. Dipende dalle occasioni. L’arte dell’accoglienza sa sempre cosa offrire a chi è in cerca di accoglienza.
Isaia
La lettura più bella, però, oggi, è, a mio avviso, il testo del profeta Isaia, che merita di essere spiegato se lo vogliamo comprendere e mettere in relazione al Vangelo. Moab è una popolazione vicina ad Israele. Propriamente il popolo di Moab è il cugino di Israele ed occupa i territori ad est del Giordano, in quella che oggi è la regione della Giordania. Uno dei luoghi principali è la città di Petra, famosa e nota a tutti. Ebbene questa popolazione viene invasa e, come sempre accade in ogni guerra, viene messa a ferro e fuoco una regione intera. I moabiti, avendo la peggio, si rivolgono ai loro cugini ebrei, che non amano e dai quali sanno bene di non essere amati. Eppure, anche in una situazione drammatica, ecco le parole bellissime rivolte dai moabiti a Israele. “Prendi una decisione! Rendi la tua notte come la tua ombra in pieno mezzogiorno! Nascondi i dispersi, non tradire i fuggiaschi! Siano tuoi ospiti i dispersi di Moab, sii loro rifugio di fronte al devastatore”. Parole incantevoli. Essi sanno bene che Israele non li ama, eppure dice il profeta per tutti: rendete la tenebra della notte splendente come il mezzogiorno. Come fare questo? Solo con l’accoglienza! Solo l’accoglienza generosa è in grado di rischiarare le tenebre. Anche quando tutto va male, anche quando tutto sembra essere perduto, l’accoglienza è una luce più potente di tutto. Ecco allora la richiesta: date accoglienza ai dispersi, siate rifugio per i fuggiaschi. Insomma: tendete la mano e non lasciate che i nemici ci annientino. Parole che si concludono, poi, con quell’ultima richiesta: siate rifugio di fronte al devastatore. Parole bellissime perché dicono, chiedono, supplicano nel nome di Dio, l’accoglienza come rimedio alla guerra.
Queste parole hanno questo contesto storico ma il loro valore supera e trascende tutto questo. Infatti già i padri della chiesa le hanno rilette alla luce del mistero dell’incarnazione. Chi, dunque, accoglie l’uomo che è sempre come un fuggiasco? Chi accoglie l’uomo ferito dal peccato? Chi è rifugio sicuro per l’uomo di ogni tempo? Solo Dio, che attraverso Cristo ha mostrato il suo farsi vicino all’uomo. Il Cristo accogliente diventa modello di accoglienza per tutti gli uomini. Ecco perché noi leggiamo questa scrittura in Avvento. Ricordandoci dell’accoglienza che ciascuno di noi ha presso Dio nonostante il peccato personale, siamo tutti invitati a diventare accoglienti nel nome di Colui che ha accolto noi.
Epistola
Con tutt’altro linguaggio ma sempre sullo stesso tema parlava a noi San Paolo. “Il Signore vi faccia crescere nell’amore verso tutti, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”. San Paolo condensa tutti i temi che stiamo trattando in avvento. Come avete sentito c’è il tema della venuta del Signore, c’è il tema della vigilanza, c’è il tema dell’accoglienza che è ciò che rende questa vigilanza concreta. L’accoglienza fraterna è simbolo di santità, è simbolo di cambiamento, è forza e potenza che cambia il mondo. San Paolo era poi anche molto preciso: “voi sapete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù”. Parole che ricordano a noi tutti che il cristiano ha sempre una regola di vita da seguire. Il cristiano è sempre l’uomo che sa come comportarsi nel nome del Signore, egli non guarda a cosa fanno gli altri, a come vivono gli altri. Il cristiano guarda a come ha vissuto il Signore Gesù e cerca nel modello di comportamento del Signore, quella regola di vita che cambia l’esistenza. Regola di vita, diceva San Paolo, affinché il cristiano non agisca mai in base ai sentimenti, in base alle emozioni, ma in base alla fede.
Per il nostro cammino
- Qual è, allora, la mia identità di cristiano che siamo chiamati a riscoprire questa settimana?
Direi che è ben chiaro come anche noi siamo chiamati a praticare l’arte dell’accoglienza.
L’arte dell’accoglienza nasce solo in chi vuole imitare il Signore; sentendosi accolto dal Signore, il cristiano cerca di imitare questo atteggiamento di Cristo diventando accogliente.
Come Cristo accoglie il cristiano peccatore, anche il cristiano si dispone ad accogliere gli altri nonostante quello che è accaduto nella vita. Anche dove ci sono storie di divisione, di dialogo interrotto, forse anche di odio che si è sedimentato con il tempo, il cristiano avverte che l’invito di Cristo è sempre quello al perdono, alla riconciliazione, alla pace profonda del cuore. Il cristiano fa suo il grido di accoglienza dei moabiti, sapendo bene che il Signore è il premio eterno di coloro che praticano questo genere di accoglienza.
Il cristiano sa che l’accoglienza è una regola di vita, non un semplice consiglio, una raccomandazione. Una regola di vita che nasce dall’esempio di Cristo e che deve trovare posto nel cuore di chi vuole appartenere a Cristo.
Regola di vita che ci ricorda che l’accoglienza è silenzio per l’ascolto, perché senza l’ascolto dell’altro non c’è accoglienza.
L’arte dell’accoglienza passa poi attraverso quelle opere semplici che dicono la vicinanza, la comprensione, il gusto di farsi prossimo, di essere vicino.
L’arte dell’accoglienza è per chi vuole brillare nella notte oscura delle relazioni che vanno male, come una fonte di luce infinita, che rende anche la tenebra radiosa come il mezzogiorno. È per questo che San Benedetto ha voluto inserire l’arte dell’accoglienza nella regola, indicandola come l’arte delle arti.
Avvertiamo tutti e subito che, qui, il cammino si fa più impegnativo, perché essere accoglienti significa, in concreto, per noi, essere attenti alle relazioni da tenere con le persone più vicine, oppure andare a ricostruire quelle relazioni che, per molti motivi, nella vita possono essere andate male, oppure cercare nuovi spazi di vicinanza con chi non si è considerato abbastanza vicino.
Questo può essere già uno dei modi di vivere il Natale prima ancora della sua celebrazione liturgica. Se questi prossimi giorni ci vedranno attenti a ricostruire qualche trama di relazione, sarà già un ottimo risultato!
Diciamo quindi al Signore, con profonda fede e convinzione:
marana thà! Vieni Signore Gesù a ricordarci che l’accoglienza è l’arte delle arti che anche noi siamo chiamati a vivere!
marana thà! Vieni Signore Gesù e ricordaci che tocca noi lasciar perdere le cose accadute per essere splendenti come l’ombra di mezzogiorno.
marana thà! Vieni Signore Gesù e insegnaci il gusto della perfezione della vita.
marana thà! Vieni Signore Gesù e donaci di continuare a camminare verso di te, anche se il cammino si fa più impervio, difficile, duro.
Marana thà! Vieni, Signore Gesù!
Provocazioni dalla Parola
- Vivo il richiamo all’arte dell’accoglienza?
- Come potrei viverlo meglio in occasione del Natale?
- Sento di essere chiamato ad una regola di vita difficile ma seria?