Settimana della nona domenica dopo Pentecoste – Martedì – Santo Curato di Ars
Vangelo
Lc 11, 5-8
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono».
Con una piccola parabola continua la grande catechesi di Gesù sulla preghiera. La preghiera deve essere capace di insistenza, ci dice il testo che abbiamo ascoltato. Al tempo di Gesù la casa era fatta di una sola stanza, un monolocale, diremmo con il linguaggio moderno. Una sola stanza che, nella notte, ospitava i bambini a dormire sul pavimento e i genitori o gli altri adulti della casa, su amache che venivano tirate da una parete all’altra. Se qualcuno fosse giunto nel mezzo della notte, aprirgli era un serio problema. Significava svegliarsi tutti e mettere tutto in discussione: era l’unico modo per aprire ad un ospite inatteso ed anche importuno. Gesù paragona la preghiera all’insistenza di un amico che bussa alla porta per avere qualcosa che gli occorre. La necessità spinge alla insistente richiesta. Gesù dice che la preghiera deve anche saper vivere qualcosa del genere. La preghiera deve continuamente saper chiedere a Dio le cose che ci occorrono, senza assolutamente distoglierci dal cuore della richiesta. Dio concede, infatti, i suoi benefici a coloro che, con insistenza chiedono le cose di cui hanno bisogno. È questo il modo con cui si dimostra a sé stessi – non certo a Dio – quanto si crede nella provvidenza che, a suo tempo, compie sempre bene ogni cosa.
Cronache
1Cr 14, 17 – 15, 4. 14-16. 25 – 16, 2
Lettura del primo libro delle Cronache
In quei giorni. La fama di Davide si diffuse in tutti i paesi, mentre il Signore lo rendeva terribile fra tutte le genti. Egli si costruì edifici nella Città di Davide, preparò il posto per l’arca di Dio ed eresse per essa una tenda. Allora Davide disse: «Nessuno, se non i leviti, porti l’arca di Dio, perché Dio li ha scelti come portatori dell’arca e come suoi ministri per sempre». Davide convocò tutto Israele a Gerusalemme, per far salire l’arca del Signore nel posto che le aveva preparato. Davide radunò i figli di Aronne e i leviti. I sacerdoti e i leviti si santificarono per far salire l’arca del Signore, Dio d’Israele. I figli dei leviti sollevarono l’arca di Dio sulle loro spalle per mezzo di stanghe, come aveva prescritto Mosè sulla parola del Signore. Davide disse ai capi dei leviti di tenere pronti i loro fratelli, i cantori con gli strumenti musicali, arpe, cetre e cimbali, perché, levando la loro voce, facessero udire i suoni di gioia. Davide, gli anziani d’Israele e i comandanti di migliaia procedettero con gioia a far salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla casa di Obed-Edom. Poiché Dio assisteva i leviti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore, si sacrificarono sette giovenchi e sette arieti. Davide indossava un manto di bisso, come pure tutti i leviti che portavano l’arca, i cantori e Chenanìa, che dirigeva l’esecuzione. Davide aveva inoltre un efod di lino. Tutto Israele faceva salire l’arca dell’alleanza del Signore con grida, con suoni di corno, con trombe e con cimbali, suonando arpe e cetre. Quando l’arca dell’alleanza del Signore entrò nella Città di Davide, Mical, figlia di Saul, guardando dalla finestra, vide il re Davide ballare e far festa e lo disprezzò in cuor suo. Introdussero dunque l’arca di Dio e la collocarono al centro della tenda che Davide aveva piantato per essa; offrirono olocausti e sacrifici di comunione davanti a Dio. Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di comunione, Davide benedisse il popolo nel nome del Signore.
La preghiera deve però anche essere qualcosa di gioioso, come ci dice la prima lettura. Di per sé quello che abbiamo ascoltato è proprio una cronaca, ovvero è la narrazione di ciò che Davide fece quando portò l’arca dell’Alleanza nella città di Gerusalemme appena conquistata. Per Davide fu subito chiaro che la reliquia più importante di Israele avrebbe dovuto essere collocata nella città santa e, per questo, indisse un giorno di preghiera e di festa straordinari per il trasporto solenne di questo grande “tabernacolo” nella città di Dio. Cronaca di un evento che ha, però, un sapore spirituale, come ogni pagina della Scrittura. Così viene detto a ciascuno di noi che la preghiera, oltre ad essere una realtà che deve saper vivere anche di insistenza, è una realtà gioiosa. Chi prega, proprio perché si relaziona a Dio che è la fonte della gioia, deve saper avere in sé qualcosa di quella gioia. Anche nel momento più disperato, anche nel momento più difficile, anche nel momento di maggior difficoltà, qualcosa della gioia di Dio deve essere nel cuore dell’uomo che prega. Altrimenti la sua gioia sarebbe tronca, incompleta, non vera.
Per noi
In sintesi dovremmo dire che la preghiera dell’uomo dovrebbe sempre saper unire queste due caratteristiche: l’insistenza e la gioia.
- La mia preghiera è davvero così?
- Sa unire insieme insistenza e gioia?
Credo che, proprio mentre riceviamo questa stupenda catechesi pur in mezzo all’estate, abbiamo bisogno di verificarci. Intanto sulla gioia. Molto spesso la preghiera per noi è un’attività accanto ad altre attività, qualche volta è addirittura un peso. Invece non dovremmo mai dimenticare che la preghiera, proprio perché ci unisce al Signore della gioia, dona gioia all’uomo.
Poi dovremmo anche ricordare che la preghiera è sempre un itinerario. Non si può pregare quando si ha voglia, quando ce la sentiamo, nel modo che mi va… molti pensano così! Molti dicono esattamente queste cose!
Il vangelo ci corregge: la preghiera non è un’attività ma una ricerca di comunione nella quale fiorisce la gioia del credente, nella quale fiorisce la gioia del cristiano, qualsiasi altra visione della preghiera rischia di portarci lontano dalla preghiera dei figli di Dio che trovano, nella relazione con il Padre, la gioia dei loro giorni. Chiediamo al Signore questa grazia per vivere tutti la gioia che viene dalla preghiera insistente.