1 Domenica dopo il martirio
Per introdurci
- Perché un richiamo alla conversione?
- Perché, alla fine dell’estate, mentre ricominciano tutte le attività, ancora un richiamo di questo genere?
La Parola di questa domenica
LETTURA Is 30, 8-15b
Lettura del profeta Isaia
Così dice il Signore Dio: «Su, vieni, scrivi questo su una tavoletta davanti a loro, incidilo sopra un documento, perché resti per il futuro in testimonianza perenne. Poiché questo è un popolo ribelle. Sono figli bugiardi, figli che non vogliono ascoltare la legge del Signore. Essi dicono ai veggenti: “Non abbiate visioni” e ai profeti: “Non fateci profezie sincere, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni! Scostatevi dalla retta via, uscite dal sentiero, toglieteci dalla vista il Santo d’Israele”». Pertanto dice il Santo d’Israele: «Poiché voi rigettate questa parola e confidate nella vessazione dei deboli e nella perfidia, ponendole a vostro sostegno, ebbene questa colpa diventerà per voi come una breccia che minaccia di crollare, che sporge su un alto muro, il cui crollo avviene in un attimo, improvvisamente, e s’infrange come un vaso di creta, frantumato senza misericordia, così che non si trova tra i suoi frantumi neppure un coccio con cui si possa prendere fuoco dal braciere o attingere acqua dalla cisterna». Poiché così dice il Signore Dio, il Santo d’Israele: «Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza».
SALMO Sal 50 (51)
Convertici a te, Dio nostra salvezza.
Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro;
lavami e sarò più bianco della neve.
Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe. R
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. R
Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno. R
EPISTOLA Rm 5, 1-11
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliàti con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.
VANGELO Mt 4, 12-17
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Quando il Signore Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Vangelo
A chi conosce il rito ambrosiano non dovrebbe essere difficile la risposta. Noi abbiamo celebrato lunedì la festa del martirio di San Giovanni Battista e abbiamo aperto una nuova sezione del tempo liturgico. Mentre da Pentecoste a domenica scorsa abbiamo riletto tutta la storia della salvezza, ora ci concentriamo particolarmente sulla figura di Cristo, centro, apice, “fine” a cui tutto ciò che abbiamo riletto, tendeva. Le settimane dopo il martirio servono a questo. Terminata l’opera di Giovanni il Battista ecco sorgere il ministero di Gesù. Il primo richiamo del ministero di Cristo è proprio questo: “convertitevi e credete al Vangelo!”. Richiamo che Gesù pone, anzitutto, in riferimento alla sua persona. Gesù chiama alla conversione perché Lui è presente. Conversione, in questo caso, significa accettazione della sua presenza, del suo ministero, della sua Parola. Ci si converte perché si crede a Lui. Tutto portava a Cristo, ci dice il primo atto del ministero di Gesù. Ora bisogna accogliere il Messia nel Cristo e nella sua presenza. Subito notiamo il carattere di misericordia che proviene dal richiamo del Signore: il suo invito alla conversione non deve mettere paura. Piuttosto è un invito che è motivato, come abbiamo detto, solo dalla sua misericordia e dal suo amore. È per questo che l’uomo dovrebbe convertirsi. Dopo i richiami forti dei profeti è finalmente giunto il tempo del Messia, il tempo del Figlio di Dio che richiama, certo, ma con la dolcezza del Dio amico, con la persuasione del fratello, con la bontà di un amico, con la semplicità di chi cammina accanto. Il richiamo del Signore è proprio questo: un richiamo fatto anche di atteggiamenti e non solo di parole. Gli atteggiamenti sono i suoi, quelli del maestro che ama vivere accanto agli ultimi, accanto ai peccatori. Ci si converte, quindi, a causa della presenza di Cristo e guardando a Lui. Non per un invito morale, non solo con lo sforzo della volontà, non solamente con l’intelletto. Ci si converte quando, incontrando Cristo, si decide di vivere con Lui e per Lui. Questa è la conversione di cui parla il Vangelo: non un gesto per essere più buoni ma un atteggiamento radicale dell’uomo che cambia sé stesso.
Isaia
Richiamo uguale a quello del profeta nel contenuto, ma molto differente per la sostanza. Infatti, abbiamo sentito il profeta Isaia intervenire con tutta la sua forza, con tutto il suo peso. Parola molto provocatoria, che si addice, come sempre, ad ogni tempo. Il profeta apostrofa coloro i quali dicono ai profeti: “non abbiate visioni!” o ancora, “non fateci profezie, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni”. Il profeta si rende conto che gli uomini del suo tempo vorrebbero questo, vorrebbero profeti che dicano che tutto va bene, che il futuro sarà ancora meglio, profeti che riescano a compiacere l’uomo. Il profeta, invece, è diverso. Egli deve scuotere le coscienze, non seguire in tutto e per tutto quello che gli uomini vogliono. Isaia non bada a mezzi termini: “poiché voi rifiutate questa parola e confidate nella vessazione dei deboli, nella perfidia, prendendole a vostro sostegno, ebbene questa colpa diventerà per voi come una breccia che minaccia di crollare, il crollo avviene in un attimo…”. Le immagini appartengono ad un altro tempo: noi non sappiamo nemmeno cosa sia una breccia in un muro! Non sapremmo come immaginarla, non riusciamo a capire a cosa serve, a differenza di chi viveva in città murate. Ma tutti capiamo il senso delle parole: se la vita non vuole stabilità, se ci si perde dietro alle cose che piacciono e non si cercano quelle che edificano, il crollo dell’uomo avviene in un attimo. “Nella conversione, nella calma, nell’abbandono confidente sta la vostra salvezza”. Dopo le immagini forti ecco la parola centrale della prima lettura. Richiamo alla preghiera, alla meditazione, alla calma, all’abbandono fiducioso nelle mani di Dio. Questa è la vera conversione. Non ciò che avviene immediatamente per emendare la coscienza, ma ciò che fa incontrare Dio. La calma, il silenzio, la preghiera sono le realtà che il profeta sta evocando per chiamare a conversione. Solo se ci sono queste realtà si instaura quel dialogo con Dio che diviene relazione promettente.
Romani
Anche San Paolo ci aiuta e ci permette di continuare la nostra riflessione. Guardando al suo tempo, Paolo dice che c’è senz’altro qualcuno disposto a morire per una persona dabbene. Non mancano mai esempi generosi di attenzione, di sacrificio, di vicinanza, di sostegno del debole. Eppure, dice Paolo, tutto questo è nulla di fronte all’esempio di Dio, che “mentre eravamo ancora peccatori”, ha mandato Cristo a morire per noi. Questa deve essere la considerazione in base alla quale gli uomini comprendono il richiamo alla conversione e capiscono l’urgenza di un ritorno a Dio. Si capisce che siamo chiamati alla conversione da Cristo che già ci ha perdonato. Si capisce l’urgenza di questo richiamo proprio perché la nostra redenzione è già avvenuta e Dio aspetta da noi un atteggiamento di accoglienza, di ascolto della sua parola, di attenzione al suo gesto di amore.
Questa accoglienza del gesto di misericordia di Cristo deve generare, nel cuore di chi si converte, come nel cuore di tutti, la speranza. Speranza che è l’esatto opposto di quell’illusione di cui parlava il profeta Isaia. Isaia diceva che gli uomini vogliono sentirsi dire solo cose che li compiacciono. Dio, invece, manda Cristo nel mondo che, perdonando l’uomo, apre il suo cuore alla speranza. Speranza che non delude: quella dell’incontro con Dio. Speranza che è una virtù puramente spirituale: la virtù di chi, rimettendosi sempre nelle mani di Dio, attende l’incontro con Lui.
Per noi
Siamo all’inizio di un nuovo anno pastorale. Ufficialmente si aprirà Giovedì, in Duomo, con l’Arcivescovo. Siamo anche alla ripresa di tutte le nostre attività, lavorative, scolastiche, pastorali. È proprio mentre siamo immersi in questi pensieri che la Parola di Dio viene a scuotere la nostra coscienza.
- Una prima provocazione: noi cosa vogliamo per quest’anno pastorale? Vogliamo sentirci dire cose belle che sappiamo già o che vorremmo vedere realizzate? Vogliamo che vadano in porto i progetti che abbiamo nel cuore? O vogliamo che sia un anno di incontro con Dio? Proviamo a pensarci, perché spesso noi veniamo in chiesa perché desideriamo che Dio benedica quanto noi abbiamo fatto, o realizzi quanto noi pensiamo. Molto spesso noi chiediamo questo a Dio! Non vogliamo più di tanto che egli ci scuota, o ci provochi, o ci dica altro. A noi basta che Lui benedica quello che sappiamo fare! Ma questa è fede? Non è piuttosto comodità? E non è piuttosto una falsa visione di Dio che sarebbe solamente colui che deve realizzare i nostri desideri?
- Vorrei anche che ci interrogassimo in un’altra direzione. Vorrei che tutti ci chiedessimo cosa pensiamo davvero di tutti i richiami alla conversione che ci giungono. Potrebbe essere, infatti, che le cose sono così ripetute che ci risulta poi difficile mettere davvero mano ad un serio atteggiamento di conversione. Soprattutto vorrei che non interpretassimo la conversione come un richiamo morale, ma imparassimo a comprendere che il vero nucleo di ogni conversione è l’incontro con Cristo e una relazione profonda con Lui che parta dalla Parola di Dio. Su questo punto particolare credo che tutti abbiamo ancora molto da crescere. Ecco perché non troverei inutile il domandarsi davvero cosa pensiamo quando parliamo di conversione.
- Nella calma… quest’anno pastorale è tutto dedicato alla preghiera. Lo vedremo anche sul notiziario di oggi, con alcune novità proprio per favorire la dimensione di preghiera nella nostra comunità- un richiamo forte per una vita dell’anima sempre più intensa. Crediamo nella forza della preghiera? Soprattutto vorrei che ciascuno si chiedesse cosa è disposto a fare per non fare in modo che la nostra vita di preghiera si limiti alla S. Messa domenicale che, se pure cosa ottima, è troppo poco perché possiamo definirci cristiani dalla vita di preghiera intensa ed autentica. Così vorrei che ci chiedessimo tutti e già fin d’ora: io cosa sono disposto a fare quest’anno per credere nella forza della preghiera e per vivere momenti di preghiera che non siano solo quelli liturgici ordinari?
- Infine, credo che sia doveroso guardare al crollo di cui parlava il profeta Isaia. Crollo riferito a molte cose, di per sé: il crollo morale, il crollo di certezze che pensavamo granitiche, il crollo di istituzioni che pensavamo al riparo da qualsiasi attacco… Potrebbero esserci davvero molteplici forme di crollo a cui riferirci. Come percepiamo questo monito? Lo avvertiamo come una minaccia indebita o come un richiamo importante perché non abbiamo davvero a soccombere? Proviamo a domandarci anche questo, perché non vorrei mai che ci fossimo tutti un po’ adeguati ad una freddezza spirituale che non ci fa più percepire l’importanza di questi richiami.
Come vedete anche oggi abbiamo molti percorsi per mettere mano alla nostra spiritualità.
Vogliamo affidarci tutti alla preziosa intercessione di San Bernardo, visto che, in comunità, stiamo celebrando la sua festa. Bernardo è stato uomo di preghiera grande, soprattutto uomo di fortissima preghiera mariana. Chiediamo al Signore di aiutarci a crescere in questa dimensione perché tutti possiamo davvero mettere mano alla struttura spirituale della nostra coscienza in questo anno tutto dedicato alla preghiera.