Domenica 04 ottobre

6 Domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore

Chi di noi è disposto a farsi dare del servo? Chi di noi sarebbe poi disposto a ritenersi inutile? Non è forse vero che tutti siamo in cerca del nostro posto e non è forse vero che tutti dipendiamo anche da quell’utilità che abbiamo nei diversi contesti della vita come la famiglia, il lavoro, le relazioni…? Perché allora il Vangelo dice che siamo “servi inutili?”.

Vangelo

Lc 17,7-10
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

2 Timoteo

2Tm 2,6-15
Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo

Carissimo, il contadino, che lavora duramente, dev’essere il primo a raccogliere i frutti della terra. Cerca di capire quello che dico, e il Signore ti aiuterà a comprendere ogni cosa. Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non e incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che e in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Questa parola e degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso. Richiama alla memoria queste cose, scongiurando davanti a Dio che si evitino le vane discussioni, le quali non giovano a nulla se non alla rovina di chi le ascolta. Sforzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità.

Giobbe

Gb 1,13-21
Lettura del libro di Giobbe

Un giorno accadde che, mentre i suoi figli e le sue figlie stavano mangiando e bevendo vino in casa del fratello maggiore, un messaggero venne da Giobbe e gli disse: «I buoi stavano arando e le asine pascolando vicino ad essi. I Sabei hanno fatto irruzione, li hanno portati via e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entro un altro e disse: «Un fuoco divino e caduto dal cielo: si è appiccato alle pecore e ai guardiani e li ha divorati. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entro un altro e disse: «I Caldei hanno formato tre bande: sono piombati sopra i cammelli e li hanno portati via e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entro un altro e disse: «I tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo vino in casa del loro fratello maggiore, quand’ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre il deserto: ha investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui giovani e sono morti. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Allora Giobbe si alzò e si straccio il mantello; si rase il capo, cadde a terra, si prostro e disse: «Nudo uscii dal grembo di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!».

Vangelo

In effetti la traduzione non è molto felice. Gesù sa bene quanto siano importanti i servi che spesso, nel Vangelo, sono presi come modello di esempio e addirittura destinatari di beatitudini: “beati quei servi che il Signore troverà a vigilare…” oppure è preso come modello per il discepolo: “chi è più grande tra voi sarà vostro servo”; o, addirittura, Gesù stesso è indicato come “servo di Dio”, riprendendo i grandi profeti antichi. Nella società di Gesù i servi sono un fatto normale e sono utilissimi per moltissime cose e Gesù lo sa bene. Ecco perché  la frase di Gesù andrebbe meglio interpretata e potrebbe suonare così: “quando avete fatto tutto quello che vi è stato ordinato dite: siamo poveri servi! Siamo soltanto servi! Siamo umili servi!”. Al centro dell’affermazione di Gesù non è il compito da fare, il dovere da svolgere, quanto, piuttosto, l’identità del cristiano. Ad imitazione di Cristo, che è venuto “per servire e non per farsi servire”, il cristiano “serve” in questo senso e cioè rendendosi solidale con gli uomini, mettendo a disposizione non solo quello che ha, ma soprattutto quello che è per il bene degli altri, ricordando che solo nel servizio, solo nel mettersi a disposizione degli altri risiede quella beatitudine che Cristo ha indicato come modello di vita. Il servo non va in cerca di privilegi, il servo non va in cerca di affermazione, il servo si lascia guidare mettendo la sua pace e la sua gioia in quello che fa, senza pretendere nulla oltre. Il cuore della identità della vita del cristiano è dunque questo: mettersi a servizio di Dio e, per questo, mettersi di fronte agli uomini in spirito di collaborazione fattiva, di disponibilità crescente, di amore generoso e reciproco, di attenzione sempre rinnovata.

Giobbe

Si capiscono allora i due esempi. L’uno dell’antico testamento: Giobbe. Giobbe l’uomo ricchissimo, non solo di cose, di beni, ma anche di affetti: ha una famiglia numerosa che lo rispetta, lo ama, lo stima, è sempre presente accanto a Lui. Ma ecco  la perdita di tutto, non solo delle cose, che può interessare relativamente, ma soprattutto degli affetti più cari: i figli e, poi, la perdita di sintonia e di comunione con la moglie. Una situazione umanamente difficilissima, nella quale Giobbe si comporta come è nello spirito del Vangelo e cioè ricordando di essere solo come un servitore. È la sapienza che parla in Giobbe quando dice: “nudo uscii dal seno di mia madre, nudo vi  rientrerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore”. Il che non significa che Giobbe non provi il dramma del dolore   per la perdita dei figli, nemmeno che viva nel rammarico per ciò che ha lasciato. Nemmeno Giobbe è quell’emblema di pazienza che, per molto tempo, ci è stato presentato. Giobbe è l’uomo che si sfoga davanti a Dio, ma sempre nel rispetto del suo mistero. Giobbe è l’uomo che dice, davanti a Dio, di non capire più nulla della sua vita, ma senza mai distaccarsi dal mistero stesso di Dio e senza mai offendere la sua misteriosa ma reale presenza. Giobbe incarna la figura sapiente del servo che dice, davanti al Signore, “io sono solo come un servitore. Faccio quello che devo fare e sopporto tutto fino a quando sarò faccia a faccia con Dio da cui proviene ogni cosa”. Ecco la sapienza di Giobbe, ecco la sapienza del servo che soffre, lotta, spera, prega, il tutto e sempre alla presenza di Dio.

Timoteo

L’altro esempio è tratto dal nuovo testamento: Paolo. Paolo che è nell’ultima stagione della sua vita. È un Paolo maturo quello che parla, un Paolo che si trova a Roma, in catene, prigioniero. Potrebbe lamentarsi per l’esito finale di una vita. Dopo anni di predicazione in giro per il mondo, dopo innumerevoli pericoli affrontati uno potrebbe aspettarsi una vecchiaia di riposo e di quiete. Eccolo invece incatenato e in prigione, privo della sua libertà! Paolo incarna la sapienza di chi si ritiene solo un servitore e, difatti, pensa al Vangelo, pensa alla Parola di Dio che si sta diffondendo per il mondo e mette tutta la sua consolazione nel dire: “la parola di Dio non è incatenata”. Come dire: io trovo la mia gioia nel vedere i progressi del Vangelo, io sono felice per i cristiani che ascoltano e vivono la parola di Dio, io non cerco altro che questa felicità sulla terra, e cioè che il Vangelo termini la sua corsa… Anche Paolo è incarnazione di quella sapienza che fa dire a chi crede: “io sono soltanto un servitore e trovo la mia gioia nel fare quello che devo fare!”, secondo quello che le diverse occasioni della mia vita rivelano.

Per noi

Il problema è, dunque, un problema di identità e non di cose da fare! Il problema è quello di capire come interpretare la nostra vita, non tanto quello di cosa bisogna fare ogni giorno. Perché se un credente si ritiene “solamente un servo” accetterà quello che capita e vedrà nella concreta condizione che gli viene offerto di vivere un’occasione buona per fare la volontà di Dio, avendo sempre nella mente quell’identità del servitore di cui ha parlato Gesù. Non è un problema di condizioni esteriori, è, piuttosto, un problema di interiorità e di identità.

In un mondo come il nostro, dove conta chi appare e dove vale chi ha potere e prestigio, la mentalità del “servo inutile” è decisamente controcorrente e fortemente alternativa. Eppure è su questa sfida che si gioca il futuro del cristiano. In un mondo dove conta ben altro, l’alternativa della sapienza cristiana osa ancora proporre l’ideale di chi sa vivere un sacrificio per gli altri, sa spendere il tempo per gli altri, sa affrontare una situazione difficile e dolorosa con quella sapienza cristiana che sa mettere tutto e tutti nelle mani di Dio. In un mondo nel quale conta solo chi sa osare, chi sa cavarsela con intelligenza e arguzia, il vangelo osa riproporci l’ideale di chi rimette ogni cosa nelle mani di Dio.

L’ideale del “servo inutile” è l’ideale che sa sostenere nella vocazione matrimoniale una continua donazione per il bene della famiglia.

L’ideale del “servo inutile” è l’ideale che sa sostenere chi si consacra a Dio in una scelta di totale adesione al suo servizio, per il bene della chiesa e per la salvezza delle anime.

L’ideale del “servo inutile” è l’ideale che sa sostenere lo slancio missionario di chi si dedica costantemente all’annuncio del Vangelo e alla promozione della dignità della persona umana, sia nelle forme laicali possibili, sia nella consacrazione religiosa a servizio della missione.

L’ideale del “servo inutile” è l’ideale che sa sostenere, in qualsiasi forma possibile, quella forza di disponibilità, di comprensione, di alternativa cristiana che è la vera sapienza di cui abbiamo bisogno in questo tempo.

L’ideale del “servo inutile” è l’ideale che ha sostenuto Maria, come diciamo nel “Magnificat”: “Egli ha guardato all’umiltà della sua serva, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”. È proprio pensando alla Vergine Santa Maria che vogliamo aprire questa settimana tutta dedicata e tutta rivolta alla Madonna del Rosario. A Lei chiediamo la grazia di saper vivere questo ideale forte e alternativo, per esprimere tutta la forza della fede che, nelle concrete situazioni che siamo chiamati a vivere, ci spinge a farci servi inutili per amore di Dio e per il bene degli altri.

2020-10-02T21:52:34+02:00