Lunedì 05 aprile

Ottava di Pasqua – Lunedì

La sapienza di chi vede le cose in modo diverso

La “sapienza di chi guarda alle cose in modo diverso” mi sembra la sapienza propria di questo giorno che vede alternarsi sulla scena diverse forme di sapienza.

Atti

At 3, 17-24
Lettura degli Atti degli Apostoli

In quei giorni. Pietro disse al popolo: «Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi colui che vi aveva destinato come Cristo, cioè Gesù. Bisogna che il cielo lo accolga fino ai tempi della ricostituzione di tutte le cose, delle quali Dio ha parlato per bocca dei suoi santi profeti fin dall’antichità. Mosè infatti disse: “Il Signore vostro Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me; voi lo ascolterete in tutto quello che egli vi dirà. E avverrà: chiunque non ascolterà quel profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo”. E tutti i profeti, a cominciare da Samuele e da quanti parlarono in seguito, annunciarono anch’essi questi giorni».

Corinti

1Cor 5, 7-8
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.

Vangelo

Lc 24, 1-12
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Il primo giorno della settimana, al mattino presto le donne si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”». Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto.

La sapienza delle donne

La sapienza delle donne, anzitutto. Sapienza di carità. Sapienza di amore. Sapienza di donne che desiderano portare a compimento l’unzione funebre del corpo del Signore Gesù. Hanno dovuto attendere che passasse il sabato per rispettare la legge. Hanno preso i loro aromi. Non si sono fatte troppe domande su come risolvere una situazione per loro difficile: aprire un sepolcro e ungere un morto. Sono andate e basta! È questa la loro sapienza pratica.

In questo loro atteggiamento la novità: la tomba aperta, il corpo non più presente, il dialogo con queste figure angeliche che appaiono e che dialogano con loro.

La sapienza rivelata dagli Angeli

Sono proprio loro, quelle due figure che appaiono nella tomba, che rivelano una sapienza nuova: “perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. La novità sta proprio qui! La sapienza di “cercare il Signore” è esatta, è corretta, è utile, è fruttuosa. Solo che stanno cercando nel modo sbagliato e, quindi, nel posto sbagliato. Esse pensano che Gesù sia morto e, quindi, cercano in una tomba il suo corpo. Ma Egli è vivo, è risorto, non può certo stare in una tomba. Sapienza nuova che fa riferimento a qualcosa del passato: “ricordatevi come egli vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: bisogna che il Figlio dell’uomo sia messo in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”. C’è, dunque, una sapienza nuova che deve attingere la forza della sua evidenza da quello che già è stato, da quello che si può ricordare, da quello che si è costruito insieme, in un altro tempo. La sapienza del discepolo che ha vissuto gli eventi della Pasqua, deve avere profondamente cambiato il suo modo di conoscere e di giudicare le cose. Quegli insegnamenti di Gesù che un giorno erano sembrati incomprensibili, quelle parole che non si erano capite, ora, improvvisamente, acquistano luce e forza. Ora si capisce a cosa si riferiva il Signore. Quelle medesime parole devono introdurre ad una nuova forma di sapienza: la sapienza di chi crede senza dubbi, la sapienza di chi incomincia a capire cosa significhi “risorgere dai morti”, la sapienza di chi incomincia a vedere le cose in modo diverso rispetto a come le si vedeva prima. Una forma di sapienza che giunge pian piano a illuminare la mente del discepolo.

La nuova sapienza delle donne

Anzitutto con quel nuovo atteggiamento delle donne che è atteggiamento di condivisione. Esse tornano immediatamente nel cenacolo, dagli apostoli e annunciano ciò che hanno visto. Non è solo il gusto di una cronaca, non è solo lo stupore per una novità che le anima. In loro c’è un atteggiamento di fede. In loro è all’opera un nuovo modo di vedere le cose e di interrogarsi sulla presenza di Dio nella storia. La sapienza delle donne sta nel credere, anche se ancora non perfettamente e nel parlare, nel cercare di condividere quella gioia immensa che iniziava ad illuminare il loro cuore.

La nuova sapienza di San Pietro

Alla sapienza delle donne fa eco la sapienza di Pietro che si lascia immediatamente coinvolgere nella situazione. È ancora l’uomo irruente, l’uomo che si butta a capofitto in tutte le cose, ma già lascia emergere qualcosa di nuovo dentro di lui. Pietro va per controllare, va per sincerarsi dell’accaduto. Non comprende ancora del tutto, ma lascia che quelle parole che l’angelo ha rivolto alle donne coinvolgano anche lui ed illuminino anche lui. Lui che ha tradito il Signore, lui che si è già sentito perdonato dallo sguardo di Cristo nella casa di Caifa, capisce che quello è il momento per riscattarsi, per non avere timore, per non fuggire, ma per rimanere e per lasciare che la sapienza del risorto illumini anche lui. Non di colpo, non subito. La sapienza di Pietro è quella di chi si lascia coinvolgere in un’avventura nuova, che lo porterà ad essere quel pastore universale del gregge che Cristo stesso ha designato e voluto. La sapienza di Pietro è la sapienza di chi “si stupisce”. Non comprende tutto, non capisce tutto, ma prova stupore per quello che è avvenuto. È qui che Pietro inizia un nuovo percorso che non farà in solitaria, ma nella condivisione con coloro che sono già accanto a lui e che vivono il medesimo stupore per l’annuncio delle donne.

La nuova sapienza per noi

Abbiamo celebrato una nuova Pasqua. Abbiamo rivissuto i riti della settimana santa. Abbiamo pregato, ciascuno come è capace, ciascuno come può. Cosa vogliamo fare di questa Pasqua? Quale frutto vogliamo raccogliere dalla massima celebrazione del mistero?

Io credo che tutti siamo chiamati alla sapienza di questo giorno, la sapienza di chi sa guardare con occhio nuovo alle cose della vita, partendo da ciò che ha vissuto, da ciò che ha passato e da ciò che sa, da ciò che ha imparato. La Pasqua del Signore non cancella il venerdì santo. La Pasqua del Signore non cancella il dolore per la sua passione, per la sua morte, per il suo dolore. La Pasqua del Signore getta luce su quegli eventi che rimangono e rimarranno nella memoria del discepolo che li ha visti e che rimangono nella memoria del credente che li celebra.

Così è nella nostra vita. Veniamo da più di un anno segnato dalla pandemia. Lo scorso anno non abbiamo nemmeno potuto vivere i riti della Pasqua. L’anno non è stato facile, tra nuove restrizioni, cambio di abitudini, un nuovo modo di dover pensare come impostare la nostra vita. Queste cose non passano di colpo. Non dobbiamo dimenticarle come fossero una brutta parentesi. La Pasqua del Signore non ci chiede questo. Piuttosto ci chiede di iniziare ad interpretare qualsiasi fatto della nostra vita, bello o brutto che sia, dolce o difficile che sia, alla luce di Cristo risorto.

La sapienza del cristiano è questa: il credente non si sente mai solo, ma sa di avere sempre al fianco la presenza di Cristo risorto che lo accompagna e che lo guida. Sapienza difficile da vivere, sapienza non semplice da accettare, sapienza che ci chiede di saper davvero continuare quell’itinerario interiore che non deve mai ritenersi concluso.

La sapienza di questa Pasqua deve essere questa: non abbiamo fatto sforzi spirituali per vivere bene la Quaresima e ora possiamo tornare alla vita di sempre senza pensarci troppo. Sarebbe questo un modo assai riduttivo e dannoso di guardare al mistero di Cristo! Gli sforzi che abbiamo fatto e l’itinerario che abbiamo vissuto insieme, anche come comunità, devono, adesso, lasciare spazio ad un nuovo approfondimento di fede. Gioioso, e non più mesto, ma, comunque, intenso perché ci deve condurre a quella capacità di interpretare ogni cosa nel nome del Signore, che non sempre abbiamo e che non tutti desideriamo avere.

Sia dunque questa la grazia della sapienza nuova che osiamo chiedere al Signore per noi, per la nostra Chiesa, per il nostro mondo.

Le donne pie al sepolcro, San Pietro, gli apostoli intercedano per noi perché possiamo arrivare a possedere questa sapienza di vita e di fede!

2021-04-04T21:22:19+02:00