Settimana della 1 domenica dopo Pentecoste – Sabato
Una felice definizione monastica ci parla del tempo della vita dell’uomo come di un lungo “sabato” il “sabato del tempo”, vale a dire l’epoca del nostro pellegrinaggio, visione della vita come tempo di un pellegrinaggio nel quale tutti camminiamo verso il Signore. In questo sabato del tempo c’è una istituzione che aiuta a pellegrinare e che orienta il cammino di tutti verso la meta: il sacerdozio.
Levitico
Lv 8, 1-13
Lettura del libro del Levitico
In quei giorni. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Prendi Aronne insieme ai suoi figli, le vesti, l’olio dell’unzione, il giovenco del sacrificio per il peccato, i due arieti e il cesto dei pani azzimi; convoca tutta la comunità all’ingresso della tenda del convegno». Mosè fece come il Signore gli aveva ordinato e la comunità fu convocata all’ingresso della tenda del convegno. Mosè disse alla comunità: «Questo il Signore ha ordinato di fare». Mosè fece accostare Aronne e i suoi figli e li lavò con acqua. Poi rivestì Aronne della tunica, lo cinse della cintura, gli pose addosso il manto, gli mise l’efod e lo cinse con la cintura dell’efod, con la quale lo fissò. Gli mise anche il pettorale, e nel pettorale pose gli urìm e i tummìm. Poi gli mise in capo il turbante e sul davanti del turbante pose la lamina d’oro, il sacro diadema, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Poi Mosè prese l’olio dell’unzione, unse la Dimora e tutte le cose che vi si trovavano e così le consacrò. Fece con esso sette volte l’aspersione sull’altare, unse l’altare con tutti i suoi accessori, il bacino con il suo piedistallo, per consacrarli. Versò l’olio dell’unzione sul capo di Aronne e unse Aronne, per consacrarlo. Poi Mosè fece avvicinare i figli di Aronne, li vestì di tuniche, li cinse con le cinture e legò sul loro capo i turbanti, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
Il tema viene sviluppato dalle Scritture nell’ordine storico. È al tempo di Mosè, con la figura di Aronne, che viene istituito il sacerdozio. Si tratta di uomini che appartengono alla tribù di Levi che vengono istituiti nel sacerdozio, ovvero “riservati” tra tutte le tribù con il compito di vivere e di far vivere la liturgia. La preghiera dei sacerdoti è la preghiera di tutto il popolo, il sacrificio che essi offrono è a nome di tutto il popolo. Ecco perché essi vivranno come “consacrati”, cioè come separati dalle altre tribù di Israele, non prendendo parte al lavoro comune di tutti, ma pregando Dio per tutti i loro fratelli. È questo il senso della consacrazione che viene donata. Mosè benedice ed unge sia gli uomini – Aronne e i suoi figli – sia le cose – tutti gli arredi sacri della tenda del convegno – perché sia chiaro che sia gli uomini sia le cose sono riservati per il culto di Dio e a lui destinati. I segni che contraddistinguono la consacrazione degli uomini – le vesti, i copricapi, i segni che essi porteranno – dicono che essi sono riservati per Dio e che il loro compito è l’invocazione dell’Altissimo per tutta la comunità.
Vangelo
Lc 4, 16b-22b
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Secondo il suo solito, di sabato, il Signore Gesù entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.
A dare senso al sacerdozio è però Cristo che viene per incarnare, per avverare quello che era, per tutti gli Ebrei, solo un’ombra, solo un segno. È Cristo che viene per rivelare il volto del Padre, è Cristo che viene per donare sé stesso – come abbiamo sentito e meditato anche nella festa del Corpus Domini – e per benedire l’uomo. Ciò che Aronne e i suoi figli e discendenti facevano era solo “figura”, “immagine” di quello che sarebbe avvenuto poi, nella pienezza dei tempi, per rivelazione di Cristo, autore di ogni bene, sorgente e fonte di ogni benedizione. Ecco perché Cristo invera tutto quello che era stato detto per mezzo del profeta. L’antica profezia, ora, si adempie in forma nuova nel Cristo. Quando il Signore dice: “oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi”, intende proprio affermare che la sua presenza è la pienezza del sacerdozio antico ma anche la realizzazione di un nuovo sacerdozio, quello che verrà trasmesso per vocazione e non per appartenenza tribale.
Ebrei
Eb 5, 7-10
Lettera agli Ebrei
Fratelli, nei giorni della sua vita terrena Cristo offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek.
l ciclo delle Scritture si conclude con la riflessione della lettera agli Ebrei che ci ha ricordato che il Cristo realizzò la pienezza del Sacerdozio voluto da Dio Padre nelle cose che patì, ovvero nella realizzazione della Pasqua. È nella donazione volontaria fino alla morte di Croce che il Signore realizza il dono di sé gradito al Padre. Quel dono che è perdono e comunione, come già abbiamo meditato nella solennità del Corpus Domini. Sacerdozio che realizza quell’immagine di Melkisedek già contenuta nella Genesi e che viene trasmesso agli uomini per dono, per partecipazione, per vocazione, perché non manchi mai, in mezzo agli uomini, qualcuno che, nel nome di Dio perdoni i suoi fratelli e doni la presenza di Cristo.
Per noi
Anche noi, proprio all’inizio di questo mese, siamo invitati a riflettere sul dono del sacerdozio. Lo facciamo mentre la comunità diocesana si sta preparando a ricevere i nuovi sacerdoti e si sta impegnando per la preghiera per ciascuno di loro. Lo facciamo nel mese in cui ogni sacerdote ricorda il proprio anniversario di consacrazione. Non abbiamo, quest’anno, nella nostra comunità anniversari significativi, ma credo sia bello pregare lo stesso per ciascuno di loro – e anche per me!
Oggi ringraziamo per questo dono nella vita della Chiesa e ricordiamoci che, senza la presenza dei sacerdoti, non ci sarebbe quel perdono di cui tutti abbiamo bisogno, men che meno quella presenza eucaristica senza la quale non c’è la Chiesa e senza la quale non si attua, nel tempo, la nostra comunione con Dio.
Preghiamo e ringraziamo per questo dono, chiedendo al Signore di non far mancare mai alla sua Chiesa il dono prezioso dei sacerdoti.