Settimana della seconda domenica di Quaresima – Sabato
Isaia
Is 31, 9b – 32, 8
Lettura del profeta Isaia
Oracolo del Signore che ha un fuoco a Sion e una fornace a Gerusalemme. Ecco, un re regnerà secondo giustizia e i prìncipi governeranno secondo il diritto. Ognuno sarà come un riparo contro il vento e un rifugio contro l’acquazzone, come canali d’acqua in una steppa, come l’ombra di una grande roccia su arida terra. Non saranno più accecati gli occhi di chi vede e gli orecchi di chi sente staranno attenti. Gli animi volubili si applicheranno a comprendere e la lingua dei balbuzienti parlerà spedita e con chiarezza. L’abietto non sarà più chiamato nobile né l’imbroglione sarà detto gentiluomo, poiché l’abietto fa discorsi abietti e il suo cuore trama iniquità, per commettere empietà e proferire errori intorno al Signore, per lasciare vuoto lo stomaco dell’affamato e far mancare la bevanda all’assetato. L’imbroglione – iniqui sono i suoi imbrogli – macchina scelleratezze per rovinare gli oppressi con parole menzognere, anche quando il povero può provare il suo diritto. Il nobile invece si propone nobili disegni e s’impegna a compiere nobili cose.
Il Sabato, da questa settimana in avanti, ci permetterà di vivere una catechesi quaresimale di stampo battesimale.
Il riferimento immediato in questa lettura di Isaia è alla celebrazione del Battesimo e ai riti che in essa si susseguono. Il Battesimo è “apertura delle orecchie” perché è a partire dal Battesimo che ad ogni credente è richiamato il valore della Parola di Dio. È questo il primo valore da sottolineare. Così come, sempre nel Battesimo, è data la possibilità di aprire la propria bocca per lodare Dio. Simbolicamente questi richiami sono concentrati nel “rito dell’Effeta” che chiude la serie dei riti esplicativi del Battesimo. Il sacerdote, toccando le labbra e gli orecchi del battezzato, chiede proprio questo dono di grazia per colui che è rinato nel fonte battesimale: che presto possa udire la Parola e possa cantare le lodi di Dio Altissimo. In questa prima lettura emerge chiaramente che il Battesimo è illuminazione della coscienza. In effetti, nei primi secoli di vita della Chiesa, il Battesimo era chiamato proprio così, il sacramento dell’illuminazione, e il battezzato era anche chiamato “illuminato”. Nel Battesimo si ottiene realmente quella luce di Cristo che illumina la vita.
Efesini
Ef 5, 1-9
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Di fornicazione e di ogni specie di impurità o di cupidigia neppure si parli fra voi – come deve essere tra santi – né di volgarità, insulsaggini, trivialità, che sono cose sconvenienti. Piuttosto rendete grazie! Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – cioè nessun idolatra – ha in eredità il regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l’ira di Dio viene sopra coloro che gli disobbediscono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.
Il richiamo ad una catechesi battesimale è ancora più evidente nella seconda lettura, lì dove San Paolo diceva: “fatevi imitatori di Dio”. Il Battesimo ci chiede questo, perché dalla grazia del Sacramento discende anche un appello chiaro alla libertà dell’uomo perché egli possa compiere quello che il Battesimo contiene già nella sola celebrazione. Inoltre San Paolo ci ricordava che l’offerta che Dio maggiormente gradisce è l’offerta di sé. Quell’offerta che effettivamente inizia nel Battesimo, sacramento con il quale si dona la vita a Dio. Ricordo che nel Battesimo è già contenuta la vocazione di ciascuno. Una vita intesa come vocazione diventa offerta gradita a Dio. Il richiamo di San Paolo ci permette poi di concludere anche questa settimana dedicata all’educazione degli affetti e al digiuno da ciò che non promuove la nostra libertà e la nostra coscienza battesimale. L’apostolo, con i suoi richiami, ci ha anche ricordato che la vita di ciascuno è vigilanza su sé stesso. Senza questa vigilanza non esiste richiamo al bene, alla verità di Dio.
Vangelo
Mc 6, 1b-5
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco
In quel tempo. Il Signore Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì.
Nel gesto della imposizione delle mani che Gesù compie alla fine del Vangelo è già racchiuso il senso battesimale di questa Scrittura. Il Battesimo è già esperienza di guarigione dell’anima. Poiché il Battesimo toglie ogni peccato e, soprattutto, il peccato originale che grava sulle coscienze degli uomini, esso è vera esperienza di guarigione dell’anima. Sarà il percorso che ogni libertà sceglie di seguire che permetterà a ciascuno di noi di continuare quell’esperienza di educazione della libertà che giunge a maturità solo nella raggiunta pienezza della vocazione battesimale.
Esercizio per la revisione di vita quaresimale
- Ascolto la Parola di Dio e canto la sua lode in conformità con il mio Battesimo?
- Vivo la mia vita di fede come esperienza di liberazione e come cammino incontro a Dio Padre?
Sento che la forza del Battesimo potrà divenire in me argine contro ogni esperienza di male possibile?
Per la revisione della settimana
Abbiamo trascorso la seconda settimana di Quaresima. Abbiamo dedicato attenzione a quella rilettura particolare dei testi sacri che ci ha permesso di comprendere che, per una vera educazione della propria affettività, occorre anche qualche digiuno: il digiuno da una mentalità che non è quella evangelica, il digiuno ad agire come fanno tutti, il digiuno di intraprendere, magari anche con fatica, il richiamo alla grazia battesimale.
Credo che sia giusto fare il nostro esame di coscienza settimanale:
- Come mi sono lasciato educare a questa sapienza del cuore e degli affetti?
- Quale difficoltà vivo nel percorso morale che mi è stato insegnato e trasmesso?
- Cosa significa, per me, mettere mano a questo versante della coscienza?
- Se sono nell’età per farlo, aiuto i giovani (i figli e i nipoti) a scoprire la bellezza della morale cristiana?
- Con quali sentimenti e con quali frutti inizierò la terza settimana di Quaresima e come mi presenterò, domani, all’altare di Dio?