Domenica 07 marzo

III Domenica di Quaresima o “di Abramo”.

La sapienza di chi vive di perdono è il terzo dei grandi segni di sapienza che vogliamo raccogliere in questa quaresima verso una Pasqua che ci sappia davvero rinnovare come ci dice e ci chiede il nostro Arcivescovo.

  • Perché riflettere ancora sul perdono, dal momento che nella liturgia non mancano le occasioni per questa riflessione?
  • Che legame c’è tra perdono e verità?
  • Cosa significa coltivare una vita nella quale la sapienza del vivere stesso si sposa con gesti di perdono?

Esodo

Es 32, 7-13b
Lettura del libro dell’Esodo

In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo”».

1 Tessalonicesi

1Ts 2, 20 – 3, 8
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi

Fratelli, siete voi la nostra gloria e la nostra gioia! Per questo, non potendo più resistere, abbiamo deciso di restare soli ad Atene e abbiamo inviato Timòteo, nostro fratello e collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo, per confermarvi ed esortarvi nella vostra fede, perché nessuno si lasci turbare in queste prove. Voi stessi, infatti, sapete che questa è la nostra sorte; infatti, quando eravamo tra voi, dicevamo già che avremmo subìto delle prove, come in realtà è accaduto e voi ben sapete. Per questo, non potendo più resistere, mandai a prendere notizie della vostra fede, temendo che il tentatore vi avesse messi alla prova e che la nostra fatica non fosse servita a nulla. Ma, ora che Timòteo è tornato, ci ha portato buone notizie della vostra fede, della vostra carità e del ricordo sempre vivo che conservate di noi, desiderosi di vederci, come noi lo siamo di vedere voi. E perciò, fratelli, in mezzo a tutte le nostre necessità e tribolazioni, ci sentiamo consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede. Ora, sì, ci sentiamo rivivere, se rimanete saldi nel Signore.

Vangelo

Gv 8, 31-59
 Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Vangelo

Il cuore del discorso viene dal Vangelo: in questa mirabile predicazione di Giovanni che raccoglie una delle diatribe tra Gesù e i Giudei, emerge chiaramente il rapporto tra la Verità di Dio e l’atteggiamento della vita del credente da cui nasce la sapienza del perdono: la ricerca sincera del volto di Dio.

La precisazione viene fin dalle prime righe: non si tratta di Giudei in senso generale. Gli interlocutori di Gesù sono “quei Giudei che gli avevano creduto”, cioè quelle persone che avevano avuto una inziale attrazione verso il Signore ma che, presto, avevano interrotto il cammino. Precisazione non superflua e non casuale. Se essi hanno interrotto il cammino è perché hanno smesso di cercare la verità di Dio, preferendo le verità degli uomini. Giovanni sottolinea fortemente questo concetto: la Verità di Dio brilla per tutti nella persona del Cristo. La Verità di Dio non è un’idea da contemplare, ma una persona da ricercare continuamente: la persona di Cristo. Aver cessato di compiere questo cammino di ricerca significa non essere più attratti dalla Verità di Dio e limitarsi a quelle verità degli uomini che non riempiono la vita ma che sono assai più comode da assecondare. Dunque c’è un nesso diretto tra la sapienza della vita e la ricerca della Verità di Dio.

Un secondo passaggio di questo non facile Vangelo: accettare la Verità di Dio che si mostra in Gesù significa cercare la verità della propria esistenza, abbandonando il peccato e uscendo da quegli egoismi o ricerche di benessere personali che vorrebbero donare sicurezza alla vita ma che, in realtà, la mortificano. Con grande chiarezza Gesù dice: “chi commette il peccato è schiavo del peccato”. Intendendo, con queste parole, non solo riferirsi alla ripetizione del peccato – i peccati sono più o meno sempre gli stessi, come anche noi sperimentiamo – ma piuttosto quel consegnarsi alla “Potenza del peccato”, come dirà anche Paolo, che è l’egoismo, il proporre se stessi come misura di ogni cosa, il non essere attenti alle esigenze degli altri… in una parola quel crearsi una verità propria di vita che non ha più niente a che fare con Dio. Il moltiplicarsi delle verità degli uomini toglie luce alla Verità di Dio che brilla sempre per tutti, rimane accessibile alla libertà che lo desidera, ma che non viene raggiunta da chi si rende schiavo della potenza del peccato. In ultima analisi il peccato è tutto ciò che ci distoglie dalla potenza della rivelazione dell’amore di Dio.

Unica soluzione per non cadere schiavi di questa potenza è consegnarsi a quella sapienza del perdono che viene da Dio e che rende possibile quell’amore e quella passione per la Verità di Dio che è nel cuore di chi cerca Cristo. Nelle parole di Gesù brilla grazia del perdono offerto anche a chi aveva iniziato a credere in Lui ma che si era presto stancato. Grazia che non viene accolta, proposta che viene disprezzata e lasciata cadere e che non scuote la libertà di chi è in ricerca di sé stesso e della propria autoaffermazione invece che del mistero di Dio.

Esodo

Così anche nell’Esodo. Mosè è salito sul monte, per prendere le tavole della legge, ha chiesto preghiera e digiuno, ha chiesto di astenersi dal male per conoscere la verità di Dio, pone sé stesso come esempio di digiuno e di astinenza prima di ricevere la legge di Dio. Mentre avviene tutto questo ecco il peccato degli uomini che, invece di attendere Mosè e la rivelazione che proviene da chi si immerge nel mistero di Dio, costruisce un proprio idolo. L’uomo, lasciato a sé stesso, invece di trovare nella propria libertà la via verso Dio, scopre che la libertà porta alla costruzione di idoli, ovvero di molteplici verità che allietano il suo cuore pur senza placare quella sete di amore che rimane nel cuore.

Mosè, colui che sul monte ha conosciuto la verità di Dio si pone come grande intercessore tra Dio e il popolo stesso. Egli compie un passo in mezzo tra Dio che rivendica il suo amore per l’uomo e il popolo, che rivendica la sua libertà nell’allontanarsi da Dio. Passo di intercessione che chiede la garanzia del perdono per la libertà fragile degli uomini. Provocazione geniale quella di Mosè che, nella sua preghiera, adduce due spiegazioni del perché Dio dovrebbe perdonare: per non darla vinta agli egiziani dopo l’epopea del passaggio nel Mar Rosso e per il ricordo dei santi padri di Israele, Abramo, Isacco, Giacobbe, che seguirono con cuore appassionato la rivelazione della Parola stessa di Dio. Solo una nuova rivelazione dell’amore di Dio che si esprime nella grazia del perdono, solo in una rivelazione della sua Verità che brilla tra gli uomini nella sapienza del perdono, potrà essere offerto quel nuovo inizio che farà delle tribù di Israele il popolo di Dio.

Tessalonicesi

Per confermarvi ed esortarvi nella fede…”, diceva San Paolo nella seconda lettura. Paolo sa benissimo come opera la libertà nel cuore dell’uomo e quali false attrattive accende. Lui stesso scopre che il richiamo della Verità di Dio che lo ha illuminato, è passata attraverso il perdono del suo peccato, quel peccato che, in nome di una libertà ostinata, lo teneva lontano da Dio e lo spingeva a farsi persecutore di altri uomini. Ora che lui stesso è diventato appassionato predicatore della libertà del Vangelo, non ha perso di vista l’orizzonte della sapienza di Israele che ben conosceva e, per questo, chiede ai cristiani di Tessalonica di perseverare nella ricerca della verità, di continuare a cercare il volto di Dio senza stancarsi, temendo che un amore mutevole del cuore dell’uomo spinga gli uomini a cercare quelle molteplici verità della vita che esprimono anche posizioni di saggezza, ma che non possono assolutamente riempire il cuore dell’uomo né, tantomeno, permettergli di giungere fino a Dio. “Ci sentiamo rivivere, se rimanete saldi nel Signore!”. Per San Paolo rimanere saldi nel Signore è una grazia. Una grazia da chiedere nella preghiera. Una grazia che può chiedere solo chi confida nel perdono di Dio che, abbracciando nella morte e risurrezione di Cristo il peccato degli uomini, concede loro di giungere a quella sapienza di vita che consiste nell’amore per la Verità che in Cristo si dona agli uomini.

Spunti per una proposta spirituale di Sapienza

“Il perdono ha a che fare con la verità e perciò esige la Croce del Figlio ed esige la nostra conversione. Perdono è appunto restaurazione della verità, rinnovamento dell’essere e superamento della menzogna nascosta in ogni peccato. Il peccato è sempre, per sua essenza, un abbandono della verità del proprio essere e quindi della verità voluta dal Creatore”.

Così Benedetto XVI, il grande maestro del rapporto tra verità, libertà, perdono, sapienza della vita. Più volte il Santo Padre ci ha avvertito e ammonito ricordandoci quella dittatura del relativismo che rende fragile il cuore dell’uomo: “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”. Conoscere la verità per diventare liberi ed essere appassionati cercatori della verità passa solo attraverso la grazia del perdono che diventa sapienza di vita in chi la sperimenta. Gesù è, e non solo per i cristiani, Via, Verità, Vita! Via al Padre; Verità che dona agli uomini il vero senso della libertà; Vita realizzata nel tempo per compiersi nell’eternità. Solo così è dato di non confondere la Verità con le opinioni come troppo spesso accade, riducendo il cammino dell’uomo ad una sterile contrapposizione di opinioni dove ci deve essere posto per tutti! La Verità è solo quella di Dio che esprime nel perdono quella grazia del cammino che gli uomini possono percorrere per tornare a Lui.

Ci spiegava ancora il Papa emerito: “Una concezione del “Vangelo” dove non esista più la serietà dell’ira di Dio, non ha niente a che fare con la Vangelo biblico. Un vero perdono è qualcosa del tutto diverso da un debole “lasciar correre”. Il perdono è esigente e chiede ad entrambi, a chi lo riceve ed a chi lo dona , una presa di posizione che concerne l’intero loro essere”.

Ecco in che cosa consiste il difficile cammino di questa settimana di Quaresima:

  • Continuare a cercare senza stancarsi, cosa che potrebbe succedere anche a noi, specie in questa settimana che ci porta a metà del cammino quaresimale. Potrebbe sembrare troppo lungo, troppo difficile e potremmo essere tentati di lasciar perdere. La sapienza del cammino cristiano è la sapienza di chi non cede, non molla, ma continua nel proposito, anche se difficile.
  • Ricercare sempre Cristo Verità della vita, senza perdersi nelle opinioni che ogni giorno anche noi incontriamo ascoltando il pensiero degli altri e che noi stessi esprimiamo a proposito di svariati argomenti.
  • Comprendere che la sapienza di Dio si esprime nella grazia del perdono che consiste nel recuperare noi stessi attraverso la forza del digiuno, della preghiera, della serietà del cammino morale, come i precedenti passi di quaresima al quale questo nuovo passo è legato, ci hanno già mostrato.

Quid est Veritas?

Che cosa è, infine, la Verità? Se lo chiederà Pilato, come ascolteremo anche nella narrazione della passione nei giorni del triduo santo. Quid est veritas? Si chiederà anche Sant’Agostino, ripensando a quell’episodio, a quell’incontro tra il Cristo ormai già condotto alla morte e il governatore romano. Risponderà il Santo, anagrammando le parole di questa domanda: “veritas est homo qui adest”. “La verità è l’uomo che ai davanti”, dice Agostino a Pilato. Non meno che a noi. La verità che dobbiamo cercare per dare senso alla vita ed anche a questa sapienza o arte del perdonarsi, del chiedere perdono e del perdonare, è Gesù Cristo. E Lui solo!

Provocazioni di Sapienza

  • Come potrò accogliere la sapienza di chi vive gesti di riconciliazione e di perdono che mi viene proposta?
  • Come potrò essere cercatore di verità nel rispetto delle opinioni degli uomini?

Non perdiamo il gusto di questo cammino quaresimale e cerchiamo di mettere tutti noi stessi e la nostra passione in questo cammino che ci aiuta a convertire noi stessi mentre ci rimettiamo nelle mani della Verità del Dio che salva in Cristo.

2021-03-05T16:16:50+01:00