Giovedì Santo – Santa Messa in Coena Domini
Per introdurci
Come ogni anno, in questa occasione, vorrei immaginare e fare immaginare a voi di essere nel cenacolo. Lì, insieme con Gesù, insieme con i dodici, in questa notte che è una delle notti fondamentali della fede: la notte della passione del Signore, la notte dell’Eucarestia, la notte della lavanda dei piedi; la notte del tradimento di Giuda; la notte del rinnegamento di Pietro; la notte che precede il giorno della morte del Signore.
La Parola di questo giorno
LETTURA VIGILIARE Gio 1,1-3,5.10
Lettura del profeta Giona
In quei giorni. Fu rivolta a Giona, figlio di Amittài, questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me». Giona invece si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore.
Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e vi fu in mare una tempesta così grande che la nave stava per sfasciarsi. I marinai, impauriti, invocarono ciascuno il proprio dio e gettarono in mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più in basso della nave, si era coricato e dormiva profondamente. Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse: «Che cosa fai così addormentato? Àlzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo».
Quindi dissero fra di loro: «Venite, tiriamo a sorte per sapere chi ci abbia causato questa sciagura». Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. Gli domandarono: «Spiegaci dunque chi sia la causa di questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?». Egli rispose: «Sono Ebreo e venero il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terra». Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: «Che cosa hai fatto?». Infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva lontano dal Signore, perché lo aveva loro raccontato.
Essi gli dissero: «Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi?». Infatti il mare infuriava sempre più. Egli disse loro: «Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia».
Quegli uomini cercavano a forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano, perché il mare andava sempre più infuriandosi contro di loro. Allora implorarono il Signore e dissero: «Signore, fa’ che noi non periamo a causa della vita di quest’uomo e non imputarci il sangue innocente, poiché tu, Signore, agisci secondo il tuo volere». Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia. Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e gli fecero promesse.
Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore, suo Dio, e disse: / «Nella mia angoscia ho invocato il Signore / ed egli mi ha risposto; / dal profondo degli inferi ho gridato / e tu hai ascoltato la mia voce. / Mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare, / e le correnti mi hanno circondato; / tutti i tuoi flutti e le tue onde / sopra di me sono passati. / Io dicevo: “Sono scacciato / lontano dai tuoi occhi; / eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio”. / Le acque mi hanno sommerso fino alla gola, / l’abisso mi ha avvolto, / l’alga si è avvinta al mio capo. / Sono sceso alle radici dei monti, / la terra ha chiuso le sue spranghe / dietro a me per sempre. / Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, / Signore, mio Dio. / Quando in me sentivo venir meno la vita, / ho ricordato il Signore. / La mia preghiera è giunta fino a te, / fino al tuo santo tempio. / Quelli che servono idoli falsi / abbandonano il loro amore. / Ma io con voce di lode / offrirò a te un sacrificio / e adempirò il voto che ho fatto; / la salvezza viene dal Signore».
E il Signore parlò al pesce ed esso rigettò Giona sulla spiaggia.
Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore.
Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta».
I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli.
Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.
SALMELLO
Vegliate e pregate,
per non entrare nella tentazione,
perché il Figlio dell’uomo
sta per essere consegnato
nelle mani dei peccatori!
V. Alzatevi, andiamo:
è qui colui che mi consegnerà
nelle mani dei peccatori!
EPISTOLA 1Cor 11,20-34
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, quando vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!
Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti. Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati; quando poi siamo giudicati dal Signore, siamo da lui ammoniti per non essere condannati insieme con il mondo.
Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta.
PASSIONE DEL NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO SECONDO MATTEO Mt 26,17-75
Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».
Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Allora Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: / “Percuoterò il pastore / e saranno disperse le pecore del gregge”. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli.
Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà».
Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».
Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.
Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire.
I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”». Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –; anzi io vi dico: / d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo / seduto alla destra della Potenza / e venire sulle nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!».
Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, dicendo: «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?».
Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
Passione
Sera e notte di passione. Passione, ovvero ciò che si sopporta, ciò che si patisce, ciò che si sostiene, ma anche quell’insieme indescrivibile di sentimenti, emozioni, pensieri che affollano la mente di ogni uomo in contesti particolari. Così quella notte è stata una notte dai mille sentimenti, dalle mille emozioni, dai mille pensieri per tutti. Per Gesù, evidentemente, ma anche per ogni altro protagonista della scena. Quest’anno vorrei pensare particolarmente a Pietro e a Giovanni.
Pietro
Pietro, il discepolo anziano, l’uomo esperto, l’uomo che proveniva dalla Galilea, l’uomo che era stato sposato, anche se non sappiamo nulla su questo particolare della sua vita. Pietro, il discepolo generoso, quello che metteva cuore e passione in ogni cosa, l’uomo che era sempre disponibile a buttarsi, a farsi largo per primo. Pietro, l’uomo che non aveva la capacità di intuizione di un giovane, non aveva lo studio di un erudito, non aveva la costanza di un anziano, ma aveva cuore. Cuore in ogni cosa. Per ogni vicenda di Gesù. Si appassionava nella predicazione, era disponibile nella fatica, lasciava che il Signore lo associasse in alcune vicende particolari del suo ministero. Pietro, l’uomo che metteva a disposizione la sua casa, la sua barca, quello che poteva avere. Pietro, il punto di riferimento di tutto il collegio degli apostoli. Sapeva bene che non era il migliore, sapeva bene che non era quello con più talenti, ma così aveva voluto il Signore. Pietro, l’uomo che ha anche paura, l’uomo che teme anche per la sua vita; Pietro, l’uomo che rinnega, sperando di non avere troppi guai, ma anche l’uomo che si sa pentire, l’uomo che, al canto di un gallo, sa riflettere, sa aprire la sua coscienza all’illuminazione di una parola che viene dall’alto, un uomo che sa anche piangere amaramente, nel cortile del sommo sacerdote. Pietro, l’uomo che lascia che il Cristo lo guardi, lo guardi con amore, come era stato per tutti i giorni del ministero di Gesù, come era stato per tutti i giorni della sua sequela. Pietro, l’anziano che sa rileggere la sua posizione, che saprà, poi, rimettere a disposizione degli altri il suo piccolo patrimonio di sapere e, soprattutto, la sua grande passione. Quella che lo porterà al centro del mondo di allora, per dire a tutti della risurrezione di Cristo e per confortare i fratelli nella fede, specie quelli più in difficoltà, quelli a disagio, quelli che, maggiormente, avevano problemi. Pietro, l’apostolo che coniuga insieme la sapienza dell’anziano, all’ardore dell’amore, al gusto della missione, alla responsabilità della comunità. Pietro, l’uomo dalle mille passioni, l’uomo dall’amore intenso e spontaneo.
Giovanni
Giovanni, il ragazzo del gruppo apostolico. Quello più giovane. Quello a cui tutti guardavano per la sua tenera età, per la sua capacità di silenzio e, soprattutto, per la sua intelligenza. Fuori dal comune. Uomo acuto, capace di interpretare in poco tempo ogni cosa per prendere decisioni sagge, al di là di quanto la sua età potesse permettere. In fondo, lo si sapeva, era anche il preferito del Signore, colui che Gesù voleva accanto a sé, colui che associava ai momenti più forti del suo ministero, colui che, nella cena del giovedì santo, la cena pasquale, potè anche “riposare” sul petto del Signore, mettere la sua testa nel grembo di Cristo, ascoltare il battito del suo cuore, ricevere una vicinanza non comune agli altri discepoli. Giovanni, il ragazzo che seppe stare sotto la Croce, a differenza degli altri forti che, in quel momento, mostrarono tutta la loro debolezza, il discepolo che seppe accogliere Maria sotto la Croce per tenerla al centro dei propri affetti, il ragazzo che avrebbe scritto, e molto, per il bene delle comunità che sarebbero nate dopo la risurrezione del Signore. Giovanni, l’intelligente, l’acuto, quello che sarebbe morto, a differenza di tutti gli altri, di vecchiaia, dopo aver donato tutta la sua vita all’evangelizzazione. Non solo di chi potè fisicamente incontrare, ma di tutti i credenti. I suoi scritti sono, come tutti sappiamo, il cuore del Nuovo Testamento.
Pietro e Giovanni
I due spesso in competizione, messi uno di fronte all’altro, mai uno contro l’altro. Così uguali – della Galilea, pescatori, soci tra loro ed amici – eppure così diversi: irruente e spontaneo l’uno, riflessivo e taciturno l’altro; generoso ed immediato l’uno, composto e controllato l’altro; veloce fisicamente il più giovane e più affaticato l’altro. Eppure sempre insieme. Nel medesimo collegio apostolico, nella medesima prima Chiesa, sebbene con compiti diversi e con modalità differenti di affrontare l’unico ministero nato dalla donazione di Cristo. Che cosa seppe tenere insieme i due apostoli? Cosa tenne insieme uomini tanto differenti, per età, carattere, formazione, modo di intendere la vita? Il Signore Gesù! Prima nella sua persona, lui che li aveva chiamati e scelti insieme, mentre erano indaffarati sul medesimo lago. Il Signore Gesù, che li aveva coinvolti insieme nelle imprese più forti del suo ministero. Il Signore Gesù, che li aveva associati, con carismi così differenti, per il bene di un’unica Chiesa. Ecco cosa li tenne insieme. Dapprima il Cristo nella sua persona e poi il Cristo presente nel Sacramento. Quel Sacramento di grazia che entrambi celebrarono, proposero, vissero. Non ci fu altro. Entrambi rimotivarono la propria adesione a Cristo e la propria passione continuando a celebrare, dopo la passione, morte e risurrezione del Signore, quel Sacramento di presenza, quel Sacramento di vicinanza, quel Sacramento di forza, quel Sacramento di sostegno che è, per tutti, la S. Eucarestia.
Noi nel cenacolo
Carissimi,
come sempre e come ho detto guardo a noi. A noi che siamo qui fisicamente presenti questa sera, ma anche a tutta la comunità che è stata presente ad altre celebrazioni di questo giorno, come pure a quella che non si lascia coinvolgere. Siamo in un anno particolare, l’anno della preghiera. Abbiamo messo ogni attenzione per vivere bene la preghiera, soprattutto la Santa Eucarestia. Non ho fatto mancare moltissimi richiami per questo Sacramento che vedo differentemente percepito. Mentre c’è una buona fetta di fedeli che ha a cuore la celebrazione, che mette passione in quello che celebra e che trae da questa celebrazione il nutrimento per la vita, vedo una grossa fetta di credenti lasciare il Sacramento, non appassionarsi all’Eucarestia almeno domenicale, vivere come se Cristo non si fosse donato a noi, fare della Messa una sorta di evento da celebrare in rare occasioni di gioia o in alcuni momenti particolari di dolore. Quasi che l’Eucarestia fosse disponibile per noi secondo i nostri bisogni, un momento di preghiera da noi gestibile, secondo i nostri sentimenti o i nostri bisogni.
Carissimi, non è così! Non è a questo che ci hanno educato, né è a questo che dovremmo educare noi. Noi vogliamo essere gente che mette passione per le cose della fede, apostoli che, come Pietro, come Giovanni, si lasciano associare a Cristo in questa azione di preghiera che ci riporta la sua presenza e che entra in noi come sostegno di ogni cammino. Noi vogliamo celebrare l’Eucarestia sapendo che essa non è e non può essere un Sacramento di cui disponiamo a nostro piacimento. La passione con cui il Signore lo ha istituito e vissuto deve essere la nostra medesima passione; noi, come credenti, dobbiamo rimotivare la nostra presenza sempre, non solo oggi, non solo in questa Messa così straordinaria e così forte, ma in ogni celebrazione eucaristica. È per questo che ho molto insistito e anche in questa notte di passione ripeto: cerchiamo di affezionarci al Sacramento, facciamo in modo di celebrarlo una volta in più, non perdiamo la bussola di orientamento che esso dona. Lasciamo che, riconquistati dall’amore di Cristo, mettendo sempre al centro della nostra preghiera la sua passione, possiamo essere attratti da Lui che ci ama, ci chiama, ci sostiene, ci guida. In ogni modo, ma, soprattutto, attraverso l’Eucarestia. Vorrei che i diversi consigli di comunità, la comunità educante, tutti gli operatori della carità, tutti gli educatori, si appassionassero di più alla S. Eucarestia. Vorrei che, in un mondo che si sente sempre più lontano da Cristo, noi fossimo quelli che ancora si lasciano scaldare il cuore dalle sue parole e dai suoi gesti. Vorrei che fosse nostra premura prima il ricevere quel corpo e quel sangue senza i quali la nostra vita si impoverisce e diventa sterile. Vorrei che da questo cenacolo venisse rivitalizzata quella passione di popolo di Dio che vuole dire, come i nostri padri: “Noi vogliamo servire il Signore!”. Vorrei che da qui nascesse quel desiderio di tornare all’Eucarestia, centro e cuore di ogni cammino spirituale.
Noi con Pietro e Giovanni
Non solo. Vorrei pensare particolarmente ai giovani in questo anno di ritorno della Giornata Mondiale della Gioventù. Al di là dell’evento, che vale per quello che vale, vorrei che voi giovani, come San Giovanni, foste ragazzi e ragazze di fede, di passione per la Chiesa, di attenzione educativa per i più giovani, di donazione sincera per le opere della carità, di attenzione ai problemi del mondo, senza trascurare le istanze ecologico-ambientali, viste con il cuore e con gli occhi di chi dovrà abitare il pianeta dopo di noi.
Carissimi ragazzi,
apprezzo la vostra presenza, il vostro vivere contesti ordinari e straordinari della pastorale dei giovani. Apprezzo il vostro tentativo di andare controcorrente e di essere, in un mondo che va palesemente in un’altra direzione, giovani che tentano di ascoltare la voce di Cristo e di vivere la vita della Chiesa. Apprezzo la vostra disponibilità per molti contesti della vita ecclesiale, specialmente oratoriana, sportiva, ricreativa. Apprezzo l’effervescenza tipica dell’età, anche quando diventa un po’ provocatoria, perché è bene che i giovani di una comunità sappiano anche richiamare l’attenzione con qualche esuberanza e anche con qualche instabilità dell’età giovanile. Apprezzo, e questo lo dico sicuramente a nome di molti, la vostra presenza nei contesti di ritrovo ecclesiali della nostra comunità, specialmente quelli sacramentali.
Con l’occhio di padre e il cuore del pastore, con la stima di chi vi apprezza e con la delicatezza di chi ha una responsabilità per una comunità, devo però dirvi che vedo poca passione! Poca capacità di appassionarsi, poco desiderio di infervorarsi anche un poco, come fu nell’apostolo Giovanni. Poca attenzione all’esperienza di chi è venuto prima di voi e che può essere punto utile di riferimento, deposito di quella “tradizione” che è essa stessa parte integrante della fede e che, se deve avere una evoluzione, non può essere banalmente ignorata. Poca passione educativa per chi viene dopo di voi, quasi che “educare” fosse il compito di un catechista che trasmette nozioni e non una testimonianza di vita che nasce dall’essere inserito in una comunità.
Dove far rinascere questa passione? Come non essere educatori a tempo determinato ma, come Giovanni e Pietro, discepoli appassionati?
Per tutti
Domande che estendo a tutti: come non cadere nella logica di gruppi contrapposti, di movimenti ripiegati su se stessi che quasi ancora si sfidano, di associazioni dove si entra solo per amicizia e conoscenza, di “liturghi” esperti che si trincerano nella difesa di posizioni anacronistiche? Lo dico anche per noi preti, che oggi rinnoviamo le nostre promesse sacerdotali: dove continuare a trovare la forza di un servizio che sia realmente comunitario? Dove trovare consolazione per le difficoltà, sostegno per le età o i disturbi che avanzano? Dove trovare stabilità per il ministero giovane? Dove trovare risposte per le difficoltà del tempo ecclesiale che viviamo, dove sono sempre più le chiusure di servizi non più sostenibili e le preoccupazioni per il futuro?
Lo splendore dell’Eucarestia
Solo nello splendore dell’Eucarestia. È solo nel cenacolo che troveremo la stabilità di Pietro, che non ci farà deviare dalla fede, che ci sosterrà nelle difficoltà, che diventerà perdono nei tradimenti, che diventerà sostegno delle età malferme o anziane.
Solo lo splendore dell’Eucarestia diventerà sostegno di progetti che vengono da Dio e che non sono elaborazione di pensieri e prospettive che ci stanno a cuore; sostegno per le dinamiche pastorali che meritano di essere rivitalizzate.
Solo lo splendore dell’Eucarestia riaccenderà in tutti, giovani, adulti, anziani, il fuoco della passione.
Passione di vero amore gratuito nell’educazione, che non è solo la trasmissione di contenuti e di tradizioni, ma quel sapere cristiano che anima ogni cultura e ogni tempo.
Passione della carità che non è solo agire immediato, ma attrarre tutti a quel cuore di Cristo che è la sintesi di ogni bene e che, per questo, ispira alla cura di tutto e di tutti.
Passione per la liturgia, che diventa casa, cuore di tutti coloro che si trovano nel nome di Cristo a celebrare quel Sacramento di passione che infonde amore in chi lo riceve.
Passione per la vita della Chiesa, che non merita disaffezione, distacco, distanza, come è in molti, in troppi battezzati.
Passione per il mondo, da amare così come è, nelle ferite della mancanza di rispetto del creato, come in quelle di attacco all’uomo in ogni forma possibile.
È solo lo splendore dell’Eucarestia che ci salva da un tempo di mediocrità, di delusione, dove tanti “tirano i remi in barca” invece che “condurre in alto”, in mare aperto la Chiesa, la famiglia, la società. Per quello che può dipendere da noi.
Ci aiutino San Pietro e San Giovanni, uomini di passione certa, uomini di unione in Cristo, uomini di Chiesa, uomini animati dallo splendore eucaristico.
Ci aiutino i santi apostoli a ritrovare lo splendore di questa Eucarestia che anima, sostiene, rincuora, immette in una missione che non è da temere, ma da amare. Anche se è più grande di noi.
Ci attiri Cristo nel suo cenacolo e dica ancora a ciascuno di noi: “Ho desiderato mangiare questa Pasqua con te!”.
Nella passione del Signore ritroviamo il senso del nostro desiderio di appartenere a Lui, splendore dei nostri giorni.