Settimana dopo Pentecoste – Sabato
Vi ho già spiegato più volte che il Sabato ha sempre, nell’ordinamento ambrosiano, un tono diverso dagli altri giorni della settimana. Anzitutto leggiamo tre scritture. Poi, come sempre, vi ricordo che le tre scritture hanno un tema particolare che connette sempre le tre scritture. Il tema di oggi è facilmente riconoscibile: i comandamenti.
Esodo
Es 20, 1-21
Lettura del libro dell’Esodo
In quei giorni. Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo». Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!». Mosè disse al popolo: «Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo timore sia sempre su di voi e non pecchiate». Il popolo si tenne dunque lontano, mentre Mosè avanzò verso la nube oscura dove era Dio.
Ci sono diverse formulazioni dei comandamenti nella Scrittura. Oggi abbiamo letto la pagina dell’Esodo, pagina che ci ha fatto ripensare, uno dopo l’altro, a tutti i comandamenti non solo nella loro formulazione dottrinale, ma anche con quella piccola spiegazione che a ciascuno di essi era data. La fede del popolo di Israele dopo Mosè è ancorata saldamente a questi capisaldi. Non esiste ebreo pio che non conosca e non osservi la legge di Dio. Talvolta con qualche accento esagerato e addirittura di opposizione a chi non pensa nel medesimo modo.
Vangelo
Mt 28, 16-20
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che il Signore Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Gesù, ovviamente, conosceva la legge di Mosè e la amava. Molte volte, nel corso della sua predicazione, si è rivolto al pensiero della legge ed ha insegnato che ciò che Dio chiede non è l’osservanza letterale della legge, ma la comprensione del suo spirito. L’osservanza letterale porta quasi ad idolatrare la legge, il che fa della legge stessa quasi un punto di riferimento più importante di Dio! Gesù ha sempre insegnato che il comandamento non deve essere ritenuto legge a cui obbedire, ma aiuto per vivere bene la proposta di libertà che il Signore fa a ciascuno. È questo lo Spirito da ricercare sempre e comunque! Gesù ha così introdotto un nuovo modo di pensare la legge e una nuova modalità di osservarla.
Romani
Rm 10, 4-9
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede. Mosè descrive così la giustizia che viene dalla Legge: «L’uomo che la mette in pratica, per mezzo di essa vivrà». Invece, la giustizia che viene dalla fede parla così: «Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo? » – per farne cioè discendere Cristo –; oppure: «Chi scenderà nell’abisso?» – per fare cioè risalire Cristo dai morti. Che cosa dice dunque? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.
Il tema dell’osservanza e dell’importanza dei comandamenti è stato vivamente dibattuto nella chiesa antica, soprattutto nell’esperienza di San Paolo. Si comprende il brano che abbiamo ascoltato questa mattina. Proseguendo la meditazione del Signore Gesù, Paolo comprende che il comandamento dato a Mosè non era per opprimere l’uomo ma, al contrario, per liberarlo. Il comandamento, che parla al cuore dell’uomo, libera la coscienza da ogni timore e da ogni paura ed aiuta a percorrere con fede, quella strada che il Signore ha in serbo per ciascun uomo.
È in questo senso che San Paolo insegna che il comando di Dio non è qualcosa di “esterno” all’uomo, ma qualcosa a lui interno, qualcosa che l’uomo sente dentro di sé, qualcosa in grado di parlare alla sua coscienza e al suo cuore.
Per noi
Il tema su cui invito a riflettere è proprio questo, perché credo che tutti, in qualche occasione della vita, abbiamo pensato che i comandamenti sono come una legge, sono qualcosa che è esterno alla nostra coscienza, sono qualcosa a cui dobbiamo obbedire… e abbiamo provato difficoltà, se non addirittura repulsione, nei confronti dei comandamenti stessi. Può aver influito su questo modo di vedere le cose anche il fatto che per molte generazioni, i comandamenti sono stati proposti solo nella forma di esame di coscienza e, quindi, come punto di riferimento in chiave negativa per scoprire il proprio peccato. In realtà anche adesso avviene questo e non esiste catechista che non prepari i suoi bambini alla prima confessione in questo modo! Intendiamoci: non che sia sbagliato, ma se viviamo il comandamento solo in senso penitenziale, inevitabilmente finiremo per comprendere i comandamenti come una legge e non come un dono per liberare la nostra libertà e la nostra capacità di amare.
Alla luce del mistero della santa Trinità che celebriamo domani, viviamo una seria revisione del nostro modo di pensare e chiediamoci:
- Come vivo i comandamenti?
- Che idea ho della “legge di Dio”?
- Come posso cercare di approfondire sempre più i comandamenti?