Venerdì 06 agosto

Settimana della 10 domenica dopo Pentecoste – Venerdì – Trasfigurazione del Signore

2 Petri

2Pt 1, 16-19
Lettura della seconda lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento». Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino.

Ebrei

Eb 1, 2b-9
Lettera agli Ebrei

Fratelli, Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato »? E ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio». Mentre degli angeli dice: «Egli fa i suoi angeli simili al vento, e i suoi ministri come fiamma di fuoco», al Figlio invece dice: «Il tuo trono, Dio, sta nei secoli dei secoli»; e: «Lo scettro del tuo regno è scettro di equità; hai amato la giustizia e odiato l’iniquità, perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di esultanza, a preferenza dei tuoi compagni».

Vangelo

Mc 9, 2-10
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo. Il Signore Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo! ». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Vangelo

C’è una presenza del Signore che mette paura. C’è una manifestazione del Signore che mette terrore. A dirlo non è uno di quegli episodi del Primo Testamento nel quale è attestata proprio questa reazione da parte di coloro che erano presenti, ma è il Vangelo. Questa è la reazione di Pietro. Non fatichiamo a capire: i discepoli sono saliti, sono andati sul monte, si attendevano un momento di solitudine e di dialogo con il Signore Gesù ed ecco un’esperienza nuova, inaudita, impossibile da pensare.

Anzitutto l’apparire di Mosè e di Elia. Possiamo capire lo stupore, la sorpresa ma anche la paura di fronte a due personaggi chiave del Primo Testamento che appaiono ai discepoli mentre conversano con Gesù. Certo Pietro, Giacomo, Giovanni, avevano sentito molte cose su Elia e su Mosè, avevano letto i testi sacri che li riguardano, li avevano senz’altro pregati, ma trovarsi in presenza di due personaggi così fondamentali è altra cosa, è ben altro piano. Ecco il primo stupore e il primo spavento che essi provarono.

Poi l’altra fonte di paura e di stupore grande: la trasfigurazione in sé. I discepoli avevano visto più volte il Signore Gesù, erano abituati a stare in sua compagnia, erano ormai avvezzi all’ascolto, sapevano ormai già molte cose sul loro maestro. Ma mai avrebbero potuto immaginare ciò che Gesù fa, cioè il presentarsi sotto un altro aspetto, il lasciar vedere qualcosa della gloria di Dio. I discepoli ne sono attratti, sono “fuori di sé per lo stupore”, non credono ai loro occhi. La paura che provano è qualcosa che li intimorisce ma che è al tempo stesso molto dolce. Da un lato c’è la paura di cose mai viste, dall’altro il desiderio di non finire mai un’esperienza così coinvolgente e così dolce. È per questo che Pietro vorrebbe fare tre tende, per fermare quell’istante e dilatarlo nel tempo. Pietro vorrebbe continuare a godere di quella visione, vorrebbe continuare a sperare di fronte a quel segno. Non sarà concesso perché non è quello il tempo della rivelazione ultima e definitiva, ma verrà il tempo anche per questo, verrà il tempo anche per stare alla presenza del Signore e della sua gloria per sempre e in maniera definitiva.

Che cosa toglie la paura dei discepoli? Cosa toglie il discepolo dal temere di fronte ad un segno così grande? Solamente quella voce che si sente, quella voce che interviene dall’alto, quella voce che chiede, ancora una volta, di concentrarsi sul mistero di Cristo: “questi è il mio figlio, l’amato, ascoltatelo!”. La paura per quello che si vede, la paura per ciò di cui si è testimoni, passa solo nell’ascolto. L’ascolto della Parola che diviene fonte di speranza ma già certezza, sicurezza, pace, calma interiore. Dove c’è l’ascolto della Parola di Dio nascono tutte queste cose e, in qualche modo, è dato di ripetere l’esperienza della trasfigurazione che i discepoli hanno potuto fare in modo inaudito e unico.

L’esperienza della trasfigurazione si compie proprio nell’ascolto della Parola. Anzi, l’esperienza unica e singolare della trasfigurazione può essere perpetuata nel tempo attraverso l’ascolto della Parola rivelata che è parola di santità e di vita.

Per noi

E noi:

  • Quando abbiamo paura di Dio?
  • Quali sono le esperienze che ci spingono fino a provare questo sentimento?

Non dobbiamo vergognarci, infatti, di provare qualcosa del genere anche noi. Come uomini siamo fatti così, non possiamo evitare perfino questa esperienza. Esperienza che, in realtà, molti avvertono pur senza averla provata. Molti, infatti, vivono con timore il pensiero di quell’incontro che ancora dovrà realizzarsi, l’incontro che si vive nella morte, l’incontro che si vive nel giudizio di Dio. Certo è una realtà che ci spaventa un po’ tutti. Ma se è così è perché ancora non abbiamo capito la grandezza della Parola che ci viene rivelata, quella parola che invita a confidare in Dio, autore della misericordia, e che invita ad affidarci a Lui in ogni momento della vita, compreso quello della morte. Cosa dobbiamo fare? La medesima cosa che hanno fatto i discepoli e cioè affidarci alla Parola di Dio. A quella Parola che adesso possiamo udire, a quella Parola che ora possiamo vivere, a quella Parola sulla quale adesso possiamo sostare in meditazione e in preghiera. Affidarci a questa unica Parola di vita significa avere un lume, un centro, un perno al quale ancorare adesso la nostra speranza di vita eterna per poi vivere, quando il Signore vorrà, quel passaggio che ci introdurrà nella sua casa, nella sua eternità, nella comunione con Lui che è la vita eterna.

Celebrare la festa della trasfigurazione è abituarsi un poco a vedere Gesù solo, ovvero a pensare alla vita eterna nei termini di quella comunione con Dio che è promessa a ciascuno di noi. È e deve essere questo l’orizzonte nel quale collocare le cose del tempo, se vogliamo che esse abbiano un senso e se desideriamo che esse ci attirino alla vita eterna.

Chiediamo anche noi di saper concentrarci solo sul Signore, fino a vedere solo Lui, autore della vita, meta di questo nostro “pellegrinaggio” terreno.

2021-08-01T16:29:35+02:00