Sabato 07 agosto

Settimana della 10 domenica dopo Pentecoste – Sabato

Deuternomio

Dt 4, 1-8
Lettura del libro del Deuteronomio

In quei giorni. Mosè disse: «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo. I vostri occhi videro ciò che il Signore fece a Baal-Peor: come il Signore, tuo Dio, abbia sterminato in mezzo a te quanti avevano seguito Baal-Peor; ma voi che vi manteneste fedeli al Signore, vostro Dio, siete oggi tutti in vita. Vedete, io vi ho insegnato leggi e norme come il Signore, mio Dio, mi ha ordinato, perché le mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso. Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi do?».

La vicinanza di Dio. È il tema espresso nella prima lettura che ci permette, però, di rileggere anche le altre Scritture. “Quale grande nazione ha gli dei così vicini a sé come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?”. È una definizione bellissima del Dio di Israele, il Dio vicino. Israele sa che questa è la differenza tra il suo Dio e gli dei degli altri popoli. Mentre gli idoli dei popoli sono statue morte, il Dio di Israele è il Dio vicino, il Dio che ama stare con il suo popolo, il Dio che ama stare con le sue creature, il Dio che ama essere l’alleato degli uomini. Israele sa che questa è la sua grande caratteristica e la sua grandezza: è il popolo che ha la consapevolezza della vicinanza di Dio.

Vangelo

Gv 3, 16-21
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a Nicodemo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Questa vicinanza è stata sperimentata, in modo del tutto particolare, da Nicodemo, che, conscio di tutto ciò che la Scrittura aveva insegnato e tramandato, ha avuto la possibilità di sperimentare nell’amicizia con Gesù la vicinanza di Dio. Nei colloqui notturni con Gesù, nell’avere la possibilità di dialogare sulla fede con Gesù, nel suo fare domande ed ottenere risposte, Nicodemo ha percepito la vicinanza di Dio. Gesù, dal canto suo, nell’amicizia con Nicodemo ha voluto dare una prova di ciò che è possibile ad ogni uomo. Sono molti i personaggi del Vangelo che hanno sperimentato quello che ha sperimentato Nicodemo. Ogni uomo, ogni donna, ogni anima può sperimentare la medesima vicinanza di Dio, a condizione che uno sappia porre delle domande e abbia il coraggio di cercare le risposte. Non quelle che vuole, ma quelle che Dio dona.

Romani

Rm 7, 7-13
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, che diremo dunque? Che la Legge è peccato? No, certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non mediante la Legge. Infatti non avrei conosciuto la concupiscenza, se la Legge non avesse detto: «Non desiderare». Ma, presa l’occasione, il peccato scatenò in me, mediante il comandamento, ogni sorta di desideri. Senza la Legge infatti il peccato è morto. E un tempo io vivevo senza la Legge ma, sopraggiunto il precetto, il peccato ha ripreso vita e io sono morto. Il comandamento, che doveva servire per la vita, è divenuto per me motivo di morte. Il peccato infatti, presa l’occasione, mediante il comandamento mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte. Così la Legge è santa, e santo, giusto e buono è il comandamento. Ciò che è bene allora è diventato morte per me? No davvero! Ma il peccato, per rivelarsi peccato, mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene, perché il peccato risultasse oltre misura peccaminoso per mezzo del comandamento.

È questa anche la condizione di Paolo. Che cosa ha permesso a Paolo di lasciare l’ebraismo, nel quale era stato perfettamente istruito, per accettare la fede in Cristo? Cosa ha fatto sì che Paolo cambiasse fede? Proprio la vicinanza di Dio. Paolo è stato conquistato dalla straordinaria vicinanza che Gesù esprime ad ogni uomo. Partito dalla convinzione che Dio si rende vicino solo con la sua parola rivelata e con i gesti della tradizione dei padri, Paolo scopre che la fede non è semplicemente una serie di comportamenti da ripetere e nemmeno una serie di realtà tradizionali da mantenere in vita. La fede, piuttosto, è un incontro personale con Cristo, che sempre rinnova i gesti e le tradizioni ricevute e che permette all’uomo di esprimere quella libertà che è il cuore, il fulcro della creazione stessa. Ecco perché nella sua riflessione sul valore della legge, Paolo comprende che la prima rivelazione dell’alleanza di Dio permette di scoprire le proprie mancanze, il proprio peccato, ma non la propria chiamata alla santità e alla gloria. Solo la fede in Cristo permette di capire che il peccato che la legge rimprovera è assolto dalla vicinanza di Dio. Le mancanze di cui la legge rende consapevoli, sono perdonate solo da colui che è il Dio vicino. Il Dio che si è fatto vicino all’uomo in Cristo, il Dio che continua a farsi vicino all’uomo con la sua benedizione e con la sua presenza nell’Eucarestia grazie all’opera dello Spirito Santo. È questo il cuore, il centro, il fulcro della riflessione paolina che abbiamo ascoltato oggi. Ma è questo anche l’apice delle riflessioni che la Parola di Dio di questa settimana ci ha permesso di fare, soprattutto attraverso la festa di ieri. La trasfigurazione ci ha parlato in modo del tutto singolare del Dio vicino.

Per noi

  • Scopriamo la vicinanza di Dio?
  • Siamo certi della vicinanza del Padre a ciascuno di noi?

Credo proprio che sia davvero questo il culmine delle riflessioni che abbiamo ricevuto questa settimana. Dio ci è vicino, sia negli errori che nelle esperienze più significative e gratificanti della vita. Dio ci è vicino in ogni modo, con la sua parola, con la sua presenza, con tutto quell’insieme di richiami che fanno bene alla nostra coscienza. Dio ci è vicino in modo consolatorio. Dovrebbe essere proprio questa la consapevolezza che sempre ci anima. Chiediamolo come grazia a Maria santissima mentre cominciamo a dirigerci verso la festa dell’Assunta che iniziamo a preparare. A lei, sempre consapevole della vicinanza di Dio, chiediamo questo dono grande e necessario anche a noi, se vogliamo cogliere i frutti promessi a noi da Dio.

2021-08-01T16:34:06+02:00