Domenica 07 novembre

Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’universo

Per introdurci

Certo non so se dico una grande novità, ma non vi pare che stiamo andando un po’ lontano dalle Scritture? Non pare anche a voi che piuttosto che i sentimenti abbiamo attenzione solo per un vago e spesso vuoto sentimentalismo? Non vi pare che anche noi approcciamo la realtà quasi esclusivamente in base al sentimentalismo che una realtà accende dentro di noi? Per le cose della fede, ma anche per le realtà umane, sociali, storiche. Vi ricordo che oggi siamo qui anche a ricordare il 4 novembre e, quindi, la giornata delle forze armate, dell’unità nazionale e, quest’anno, anche del 100° anniversario del trasferimento della salma del milite ignoto.

Isaia

Is 49, 1-7
Lettura del profeta Isaia

Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra». Così dice il Signore, il redentore d’Israele, il suo Santo, a colui che è disprezzato, rifiutato dalle nazioni, schiavo dei potenti: «I re vedranno e si alzeranno in piedi, i prìncipi si prostreranno, a causa del Signore che è fedele, del Santo d’Israele che ti ha scelto».

Filippesi

Fil 2, 5-11
Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi

Fratelli, abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

Vangelo

Lc 23, 36-43
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Anche i soldati deridevano il Signore Gesù, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Filippesi

Ci aiuta, in apertura della nostra riflessione, l’inno della lettera ai Filippesi, che ricorda a ciascuno di noi il compito di “avere in noi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”. Quali sono i sentimenti di Cristo? Potremmo trovarne moltissimi nei Vangeli. Ne richiamo solo alcuni:

  • La condivisione, Paolo diceva l’”abbassamento” che Dio, in Cristo, realizza con il mistero dell’incarnazione. Abbassamento che porta Cristo a vivere in tutto e per tutto la vita degli uomini, senza lasciare nulla della loro esperienza, eccetto il peccato;
  • La misericordia: è il sentimento costante negli incontri di Cristo. Egli incontra le persone amandole, profondendo in esse tutto l’amore di Dio.
  • La compassione: negli incontri del Vangelo Cristo si dimostra sempre disponibile alla “compassione”, cioè al patire insieme agli uomini che, per diversi motivi e per diverse difficoltà sono in una situazione difficile.
  • La benedizione: Cristo passa benedicendo la gente, cioè inondando la vita di chi gli si è fatto accanto, della benedizione di Dio Padre, che accende sempre nuove prospettive.
  • L’intuire profondo: Cristo, spesso, non chiede molte cose ai suoi interlocutori. Egli conosce bene le loro situazioni e lascia intuire all’interlocutore che il suo ascolto è sempre vero, profondo, attento.
  • La gioia: Cristo, nel Vangelo, ci viene sempre mostrato come colui che condivide la gioia degli uomini fino in fondo. Egli, che è venuto a portare la gioia tra gli uomini, si dimostra sempre pronto a condividere la gioia provata dagli uomini, rendendola sempre più profonda e vera.
  • L’obbedienza: pure esplicitamente richiamata nella lettura. Cristo ha sempre sentimenti di obbedienza verso il Padre ed insegna che questa obbedienza è carica di novità, di benedizione, di futuro.
  • Lo stupore profondo, spesso provato da Cristo nei confronti delle realtà del creato che vedeva e che contemplava. Ciò accade spesso in relazione alla natura o alle realtà create che il Signore ha contemplato nel corso della sua esistenza.

Potremmo anche andare avanti  a trovare altri sentimenti del Signore e arriveremmo sempre alla stessa conclusione: Cristo ha veramente provato tutta la gamma dei sentimenti umani e, per questo, può aiutare l’uomo ad interpretare i suoi sentimenti. Sentimenti che dicono la ricchezza di un’anima, dicono tutto il suo mettersi in relazione con il mondo nel quale quest’anima vive. Cristo, in sintesi, boccia ogni sentimentalismo sdolcinato e depone in favore di sentimenti grandi, nobili, veri, forse anche unici. Ma è decisamente lontano da quel sentimentalismo sdolcinato che non rende ragione di ciò che provano gli uomini e copre ogni cosa con banalità.

Vangelo

Il sentimentalismo di molti è stato determinante anche sotto la Croce. Diversi atteggiamenti, in diverse persone, sotto la Croce del Signore. C’è chi ha preso sul serio ciò che stava contemplando, ed ha cercato di scendere nel profondo della sua anima per capire meglio cosa il Signore stava dicendo in quel momento e come avrebbero potuto fare per salvare la propria anima. C’è chi, incapace di provare un sentimento profondo perfino davanti alla Croce di Cristo, si è limitato ad alcune battute superficiali o, peggio, ha insultato Cristo. È il caso del ladro che insulta il Signore, non sapendo guardare ai suoi sentimenti e perdendo di vista anche i propri.

È il solo buon ladrone ad avere sentimenti di compassione, di condiscendenza, di adorazione, che gli valgono quell’ultimo lasciapassare per il paradiso, per la vita eterna.  È la sua devozione che lo salva, anche all’ultimo minuto possibile. Il buon ladrone non si lascia prendere da un semplice e vuoto sentimentalismo, ma utilizza la sua sensibilità per interpretare bene ciò che sta vivendo. Ed è questo che gli vale la vita eterna.

Infine c’è il sentimento di Gesù. Pur nel dolore, pur in quel momento ultimo, Gesù respira il senso del ritorno al Padre. “Oggi sarai con me nel paradiso”. Un ultimo dono del Signore ad un uomo, ma anche un profondo atto di affidamento al Padre. Gesù muore così, nella fede di quell’ultimo atto di affidamento a Dio, il Padre di tutti.

Isaia

Concludeva il ciclo di scritture uno dei carmi più famosi del profeta Isaia, che ci ha ricordato che  Dio non si rende presente all’uomo in qualche cosa di grandioso, miracolistico, in qualche fenomeno da osservare da vicino, con curiosità. Dio si rende vicino all’uomo in quella condivisione che nasce dove ci sono sentimenti forti, non dove un vuoto sentimentalismo toglie le radici di ogni cosa. Il “servo del Signore” è, prima di tutto, Gesù Cristo, che condivide sempre i sentimenti del Padre. Ma “servo del Signore” può essere anche qualsiasi uomo, qualsiasi donna, possono esserlo tutti coloro che desiderano condividere i sentimenti del Signore e, come lui, mettersi a disposizione degli altri nella condiscendenza, nella condivisione profonda, nella sopportazione vicendevole, nel cercare di promuovere quella solidarietà umana che può  portare ad interpretare tutto sotto una luce diversa: quella di Dio.

Per noi

Così, in questa domenica che conclude l’anno liturgico, tutti noi credenti siamo invitati a chiederci:

  • Quali sono i sentimenti che vivo maggiormente? Come lascio che i miei sentimenti vengano illuminati da Cristo?

Credo che questa analisi del nostro modo di vivere i sentimenti, sia qualcosa che viene chiesto a ciascuno di noi, se non vogliamo essere anche noi quelli che si lasciano prendere da quel sentimentalismo che rovina ogni cosa. Gli esempi potrebbero essere moltissimi, ma poniamo attenzione a quello che facciamo: rischiamo di non educarci mai ad essere degli adulti in gamba, seri, pronti a giocarsi la vita dove vale davvero la pena di giocarla. Attenzione che potremmo essere noi quelli incapaci di condivisione, di sentimenti di unione e vicinanza agli altri, di obbedienza… ovvero di tutta quella gamma di sentimenti che ha inondato la vita di Cristo e che, adesso, deve inondare noi. Soprattutto vorrei che non facessimo della fede un sentimento che ci spinge ad avere espressioni di fede solo quando vogliamo noi, solo quando ci sentiamo. È pericoloso questo sentimentalismo che ci tiene, di fatto, lontani da Dio.

E ancora:

  • Cosa penso della vita di carità?

Perché potrebbe anche accadere che si viva una carità fatta di emozioni. Mi entusiasmo dei progetti che sento vicini a me, mi entusiasmo per quelle cose che accendono in me un’emotività senza limiti. Lo vediamo bene, spesso le immagini che vengono prodotte mirano non a farci riflettere, men che meno a farci pregare, ma suscitano una risposta emotiva che si traduce certamente in un atto buono – un’elemosina, una donazione – ma che non ci fanno accedere a quella dimensione di esercizio della carità che, invece, dovrebbe contraddistinguerci. L’attenzione al povero, la conoscenza e la partecipazione, non certo la delega, alle attività della Caritas, dovrebbero essere al centro dei nostri sentimenti in questo giorno. La nostra preghiera per la Caritas non sia né formale né la consegna di una delega: piuttosto sia per noi tutti un momento di presa di coscienza di ciò che ci viene chiesto per tenere viva la dimensione di carità senza la quale la fede è morta.

  • Come partecipo alla vita sociale della mia città, dello stato in cui vivo, del paese?

Anche a questo proposito mi pare che ci si infervori e ci sia attenzione per quelle realtà, per quelle manifestazioni che emotivamente ci entusiasmano, ma ci sia poca capacità di lavorare per il bene comune inteso nel suo senso più universale. Ben vengano queste giornate nazionali che ci ricordano come la nostra patria ha le sue radici nel cuore nobile di uomini e di donne che si sono appassionati alla “cosa comune” che è anche la “casa comune”. Questa passione sia contagiosa! Soprattutto per i più giovani.

Chiediamo tutte queste grazie a Cristo Re dell’universo. A Lui che accende la passione nei cuori, chiediamo di non vivere di emozioni ma di avere gli stessi sentimenti che, da sempre e per sempre, sono depositati nel profondo del suo cuore divino ed umano.

2021-11-05T19:10:42+01:00