Seconda Domenica di Quaresima o della Samaritana
Ancora soffriamo per questa mancata possibilità di ritrovo e di comunione e non poter vivere ancora la Santa Messa nella forma del raduno consueto ci fa percepire che qualcosa manca. Manca la presenza del Signore in mezzo a noi e la possibilità di riceverlo in noi attraverso la Santa Comunione. Eppure sentiamo che non possiamo stare almeno senza la Sua Parola, quella Parola che ora, insieme, cerchiamo di spezzare, ripensando al secondo articolo del “credo”, dal quale ci lasciamo guidare e con il quale vogliamo interpretare questi testi sacri.
Il 2° articolo del Credo:
E in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente:
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Efesini
Ef 1, 15-23
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.
Vorrei che iniziassimo la nostra riflessione dalle parole di San Paolo il quale affermava; “il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui”. Noi trasformiamo questa Parola in preghiera e, all’inizio della nostra riflessione invochiamo il dono dello Spirito Santo perché Egli ci doni una conoscenza sempre più profonda di Cristo. È lo Spirito, infatti, che ci concede di conoscere Gesù e senza il dono dello Spirito noi non potremmo mai avere una conoscenza vera e profonda del Signore.
Vangelo
Gv 4, 5-42
✠ Lettura del vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Il cuore di questa domenica ci viene offerto dal Vangelo della Samaritana. Siamo in un luogo del tutto particolare: la Samaria, terra di gente non in buon rapporto con i Giudei, come diceva San Giovanni, terra di idoli, terra di gente che non va al tempio a Gerusalemme… insomma, una terra di gente che non brilla per fede professata. Terra di ricordi: “qui c’era il pozzo di Giacobbe”, diceva il vangelo: un ricordo antico, il ricordo del patriarca fondatore del popolo di Israele, con i suoi 12 figli, origine delle 12 tribù.
È in questa terra che sembra abbandonata da Dio, è in questa terra di ricordi ma non di fede professata che avviene un incontro. L’incontro tra una donna e Cristo. Incontro che sembra casuale: presso un pozzo, nell’ora calda del giorno. Incontro che invece si scopre programmato, atteso, pensato dal Signore. È Gesù che vuole incontrare questa donna e, per questo, “licenzia” i discepoli, mandati in città con la solita scusa del “fare provvista di cibo”. Gesù vuole stare solo con lei.
Con lei, la Samaritana, questa donna confusa. Confusa negli affetti: ha avuto 6 relazioni, i 5 mariti precedenti e quello che ora ha con sé. Una confusione che non la lascia tranquilla, una confusione che la lascia irrequieta. Si accorge da sola che, probabilmente, non è stata amata da nessuno e che, altrettanto probabilmente, anche lei si è poco messa in discussione in queste relazioni. Ma questa confusione del cuore, questo disordine degli affetti, dipende in larga parte da una confusione e ad un disordine interiore ben più grande: la confusione della fede. I Samaritani, proprio per non andare a Gerusalemme a sacrificare al tempio, avevano eretto sulle 5 colline intorno alla città di Samaria, 5 tempi. 4 erano dedicati a idoli, il 5o non sapevano neppure a chi dedicarlo: l’avevano chiamato “monte cinque”, con l’”idolo cinque”, senza neppure dargli un nome. Una confusione che faceva pensare che la fede era, comunque, un aspetto marginale della vita. Confusione del cuore e confusione dell’anima. Non solo lei, evidentemente, ma Gesù intende incontrare lei per evangelizzare tutti, come ben si evince dalla finale del Vangelo.
Anche Gesù appare così: appare come un uomo qualunque, un uomo marginale, un uomo che siede al pozzo e che chiede ad una donna acqua da bere. Del resto la cosa era plausibile, non solo per l’ora, ma anche per il fatto che attingere acqua dal pozzo era un compito squisitamente femminile. Mentre la Samaritana attinge acqua dal pozzo, Gesù attinge acqua dal cuore e, ricostruendo l’orizzonte della sua vita, ricostruisce l’orizzonte della fede.
Fede che si esprime non nell’andare su un monte o su un altro, ma nel portare nel cuore quella presenza di Dio che illumina la mente, rende saldo il pensiero, purifica gli affetti, scalda il cuore. È la fede intesa come incontro con Gesù Cristo, è la fede incontro con la persona di Cristo che diventa la ragione di vita di chi crede. Gesù mira a questo, ad una relazione personale ed illuminante. Dalla fede confusa, quella per cui la Samaritana dice: “so che deve venire il Messia: quando egli verrà ci spiegherà ogni cosa”, ella passa alla certezza di avere già avuto quell’incontro illuminante: “sono io che parlo con te!”, come le dice Gesù.
Fede ora certa, tanto che la Samaritana può andare a chiamare altri perché vivano quest’incontro. Dicono poi bene gli abitanti del villaggio: “non è più per i tuoi discorsi che crediamo, ma perché abbiamo visto e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”. La fede è un incontro personale con Cristo, al quale si può anche essere introdotti dalla parola di altri, ma la realtà di un incontro non si può mai sostituire. Quell’incontro che è sempre incontro con la Parola e, poi, con la Pasqua del Signore, con il suo mistero di passione, morte e risurrezione, come Paolo aveva già premesso.
Esodo
Es 20, 2-24
Lettura del libro dell’Esodo
In quei giorni. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo». Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!». Mosè disse al popolo: «Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo timore sia sempre su di voi e non pecchiate». Il popolo si tenne dunque lontano, mentre Mosè avanzò verso la nube oscura dove era Dio. Il Signore disse a Mosè: «Così dirai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto che vi ho parlato dal cielo! Non farete dèi d’argento e dèi d’oro accanto a me: non ne farete per voi! Farai per me un altare di terra e sopra di esso offrirai i tuoi olocausti e i tuoi sacrifici di comunione, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò far ricordare il mio nome, verrò a te e ti benedirò”».
Incontro con Dio che, quando è reale, quando è profondo, accetta anche che ci siano indicazioni perché questo medesimo incontro possa non solo durare nel tempo, ma anche plasmare gli atti della vita. Poiché la fede è l’incontro con una persona e non l’acquisizione di un’idea, allora hanno senso dei principi, delle regole, delle norme che mirino a plasmare il comportamento dell’uomo. È il senso della prima lettura che, avendoci riproposto la lettura dei comandamenti, ci dice come vive chi ha incontrato Cristo, come vive chi vuole conoscere e far conoscere ad altri il mistero di Dio. I comandamenti smettono di essere “lettera morta”, norma incisa su pietra, solo dove c’è stato un incontro personale, vivo, vivificante con Cristo che dà senso anche a quella scrittura antica. Senza questo, i comandamenti sono lettera morta, legge, norma di comportamento, proibizione, che, alla fine, risulta incompatibile con la vita e, quindi lettera morta.
Per Noi
Carissimi fedeli che, anche oggi, siete lontani: credo che questa bellissima parola di Dio parli a noi. Anche molti di noi hanno un’idea di Dio, vivono la fede come un ricordo confuso di qualche cosa che hanno appreso nel passato, oppure vivono la fede come la risposta ad una norma sempre meno comprensibile.
A tutti oggi viene detto che la fede è un incontro gioioso con Cristo. Un incontro gioioso che avviene nella normalità della vita, come può essere anche questa che sperimentiamo e che viviamo. Questa “normalità forzata” che non conoscevamo e che ci è stata imposta dal tempo nel quale viviamo, può essere un’occasione propizia di incontro personale con il Signore. Perfino la S. Messa che vi manca così tanto può essere un’occasione propizia per ricominciare a cercare nella Scrittura quel rapporto personale con Cristo che darà ancora più senso al gesto eucaristico, appena ci sarà dato di poterlo rivivere nella forma assembleare.
A tutti oggi viene detto che la fede è un incontro con Cristo morto e risorto, come diciamo nel Credo. La professione di fede lasci spazio, in questi giorni, ad un momento in cui guardiamo la Croce di Cristo, in chiesa oppure a casa, per imparare a parlare con il Crocifisso, con l’uomo dei dolori che muore e risorge per noi.
A tutti oggi viene detto che la fede è un incontro gioioso con Cristo che tornerà nella gloria, quando, ponendo fine al tempo, introdurrà noi nel tempo di Dio che è l’eternità. È così, sapendo che Cristo è “disceso agli inferi”, cioè sapendo che Cristo porta con sé tutte le anime dei giusti, che dobbiamo vivere questa vita. È la speranza della vita eterna che deve plasmare i nostri giorni e il nostro “credo”.
Di qui l’impegno per la settimana: anche in questi modi difficili di vita cristiana, non venga meno il nostro impegno di leggere il Vangelo. Lo dico a tutti, lo dico agli adulti, che possono trovare anche nel sito e nel libretto un aiuto a comprenderlo. Questa settimana rifletteremo sulla domanda: “chi è Gesù Cristo?”, alla luce della Parola che la Chiesa ci offre. Lo dico ai genitori del catechismo: siate voi a leggere il Vangelo ai vostri ragazzi, al posto della pigrizia di stare su un divano a vedete tv e pc.
Lo dico ai giovani e ancora ai genitori che hanno un figlio non più praticante: partite, magari, dalla spiegazione del credo che trovate sul sito per vivere meglio questo tempo e per vivere un dialogo di fede che può anche essere prezioso e salutare.
Prendiamoci l’impegno di stare anche noi in ascolto di Cristo. Scopriremo la bellezza della fede che è un dialogo, che è un incontro personale con Dio.