Sabato Santo – Veglia Pasquale
La Parola di questo giorno
LETTURA Dt 6, 4-9
Lettura del libro del Deuteronomio
In quei giorni. Mosè parlò al popolo dicendo: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte».
SALMO Sal 77 (78)
Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri.
Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
non lo terremo nascosto ai nostri figli,
raccontando alla generazione futura
le azioni gloriose e potenti del Signore
e le meraviglie che egli ha compiuto. R
Ha stabilito un insegnamento in Giacobbe,
ha posto una legge in Israele,
che ha comandato ai nostri padri
i far conoscere ai loro figli. R
Perché la conosca la generazione futura,
i figli che nasceranno.
Essi poi si alzeranno a raccontarlo ai loro figli,
perché ripongano in Dio la loro fiducia
e non dimentichino le opere di Dio,
ma custodiscano i suoi comandi. R
EPISTOLA Ef 6, 10-19
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi. E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo.
VANGELO Mt 11, 25-30
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, “e troverete ristoro per la vostra vita”. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Per introdurci
Facciamo sempre fatica a comprendere tutti i segni della veglia pasquale che ci educa proprio attraverso i segni e la Parola. Il fuoco, la luce che invade l’assemblea liturgica a poco a poco; il canto del preconio pasquale, che riassume tutti i segni di questa solenne veglia; la Parola di Dio letta così abbondantemente come in nessun’altra celebrazione dell’intero anno liturgico; la liturgia battesimale, che anche noi vivremo tra poco; l’Eucarestia, centro di questa veglia. Sono tutti segni e parole che ci indicano una cosa sola, ci invitano ad una cosa sola, ci parlano di una cosa sola: la gioia della Pasqua. Dopo i giorni della passione e del dolore vorrei che fossero sempre gli occhi di San Pietro e di San Giovanni che stiamo seguendo in questo Triduo Santo ad aiutarci. Soprattutto quelli di San Pietro, che ci ha parlato nella settima lettura.
Pietro
San Pietro ci ha detto che tutto quello che noi abbiamo celebrato in questi giorni, tutti gli eventi a cui lui ha assistito in prima persona, sono stati eventi realizzati dalla “prescienza di Dio secondo il prestabilito disegno”. Pietro rilegge la passione del Signore e vede in essa un segno dell’amore del Padre. Il Padre ha tanto amato il mondo e l’uomo da mandare una volta per sempre e una volta per tutte il suo Figlio unigenito perché a tutti aprisse il varco della vita eterna. Ecco cosa fa gioire il discepolo. Lui che aveva rinnegato, lui che era stato in disparte, lui che non aveva avuto la forza di testimoniare la sua fede e la sua sequela rispetto a Gesù, ora, investito dalla forza della Risurrezione, comprende che quegli eventi terribili sono stati la causa della sua salvezza. È per questo che gioisce profondamente. Citando poi il salmo, Pietro arriva a comprendere che come Dio non ha lasciato solo Cristo nella sua passione e lo ha risuscitato dai morti, così non lascia solo nessuno. Ecco il secondo motivo di gioia dell’Apostolo. Nel comprendere la risurrezione del Signore, Pietro capisce che Dio non lascia solo nessuno e applica a sé questa verità. Pietro sente che Dio non lo ha lasciato solo, nemmeno nel suo peccato e, ora, lo assiste nella sua nuova responsabilità di essere guida dei fratelli a lui affidati. Pietro comprende anche, sempre alla luce della risurrezione di Cristo, che la vita di tutti, la carne di tutti è destinata alla risurrezione e fa di questa comprensione il terzo motivo del suo gioire. Pietro capisce che, in Cristo primogenito dei risorti, è segnata la sorte di ciascuno e che tutti sono chiamati alla risurrezione. Ovviamente applica a sé questa verità e comprende che lui per primo è un chiamato alla risurrezione, nonostante le fatiche della vita, nonostante il peccato, nonostante il suo rinnegamento. Questo è il motivo di gioia grande dell’Apostolo. Tanto grande che non riesce a contenerlo e si dispone a comunicarlo agli altri. A tutti. Questa sera anche a noi.
Questo “inno alla gioia” di Pietro, con questi tre motivi specifici, ci fa rileggere tutte le altre Scritture come invito a gioire.
“Tutto mi è stato dato dal Padre mio”. È soprattutto il Vangelo di Giovanni, e specialmente nel contesto della passione, anche se noi non lo leggiamo liturgicamente nel sacro triduo, a ricordarci che il Padre e Gesù condividono tutto. Anche la passione del Signore, anche quel mistero di dolore che vivremo nei prossimi giorni e che spesso sembra consegnarci la solitudine di Gesù, ci fa vedere che il Signore non è mai solo, ma la presenza di Dio Padre lo accompagna sempre.
“Venite a me”. La preghiera del Signore termina con un invito: l’invito ad accostarsi a Lui, l’invito a non rimanere ai margini, l’invito ad essere sempre in sua compagnia, a percepire il suo accompagnamento come qualcosa di essenziale per i giorni, specie per quelli più tristi, o delicati, o difficili. Il Signore promette sempre la sua presenza, tuttavia l’uomo deve sentirsi invitato ad accoglierla non come imposizione ma come dono.
“Troverete ristoro!”. Il Signore promette di ristorare quelli che si affidano a Lui, quelli che si fidano di Lui. Il Signore, specie nella sua Pasqua, è fonte di ristoro per tutti quelli che vogliono accostarsi a Lui.
La gioia della creazione
La prima gioia, quella per la creazione. La gioia di chi vede nel creato tutta l’opera di Dio messa a disposizione degli uomini. La prima lettura, oltre che un inno alla gioia è, per il credente di ogni tempo e di ogni luogo e condizione, una chiamata alla responsabilità verso ciò che abbiamo ricevuto.
La gioia per la vicinanza di Dio
La seconda lettura è un inno alla gioia per il Dio vicino. Abramo capisce questo dalla sua storia personale e nella sua storia personale. Abramo capisce che Dio è con lui ogni giorno, anche quando sembrano accadere cose assurde, anche quando sembra che l’uomo sia chiamato a sacrifici forti. Dio non vuole sacrifici, ma la gioia dei suoi figli. Dio si manifesta nella vita di ciascuno al momento giusto come colui che dà gioia.
La gioia per la Pasqua
La terza lettura e il suo proseguimento nel cantico del capitolo 3 di Daniele sono una esplosione di gioia di Israele che si sente liberato dalla schiavitù d’Egitto proprio grazie a Dio e all’intervento di Mosè. È una delle pagine più colme di gioia di tutto il Primo Testamento. Israele si percepisce come popolo che viene continuamente visitato da Dio e da lui colmato di gioia e che, per questo, celebra la Pasqua con il rito dell’agnello, in ricordo degli avvenimenti dei padri.
La gioia per la liberazione
Questa gioia per la Pasqua di liberazione proseguiva poi nella quarta lettura e, soprattutto, nel cantico del capitolo 15 dell’Esodo. È tutto un inno di gioia al Dio liberatore, al Dio che, dopo secoli di schiavitù si “ricorda” per così dire, del suo popolo e permette, secondo quanto è giusto nel suo disegno di salvezza, il ritorno nella terra dei padri.
La gioia per la fede
La quinta lettura ci ha detto che, poiché tutto ciò che accade, deve essere riletto nella fede, occorre ringraziare proprio per questo dono. Non è un dono accolto da tutti, anche se Dio vorrebbe farne dono ad ogni uomo. La fede, per essere dono di gioia, ha bisogno di essere accolta, approfondita, trafficata. Ma, appunto, non tutti lo comprendono. Ecco allora che il profeta loda Dio per la sua fede e prega perché tutti possano scoprirla e coltivarla.
La gioia per il battesimo
La sesta lettura ci ha fatto riflettere sulla misericordia di Dio che perdona tutti i peccati. Diceva il profeta che anche un peccato che fosse come un tessuto rosso scarlatto può sempre essere purificato da Dio e diventare lana candida. Niente può mettere un limite alla misericordia di Dio. È una lettura che serve per introdurci alla gioia che avremo anche noi tra poco celebrando il Battesimo.
La gioia per la vocazione
Infine, l’ottava lettura ci ha introdotto nella gioia della vocazione, che Paolo ricorda come chiamata ad aderire a Cristo e a proclamare il suo Vangelo.
La gioia per la vita quotidiana
Tutte queste otto gioie, ci diceva il Vangelo di San Matteo, sono gioie della vita comune, gioie di ogni giorno, gioie da scoprire poco per volta, continuando ad “andare in Galilea”, dove tutto era iniziato per gli apostoli.
La gioia per noi nella Pasqua
Così questa sera, carissimi, dopo aver seguito in questo triduo la voce, la testimonianza, lo sguardo di Pietro e di Giovanni, credo che sia giusto per noi domandarci se avvertiamo almeno una di queste gioie. La veglia pasquale serve per dirci questo: tutti siamo invitati a gioire in Cristo risorto. Ciò che diciamo nell’ascolto delle Scritture e ciò che professiamo utilizzando i segni liturgici proposti, è ciò che dovrebbe accompagnare sempre le nostre vite. Ciascuno di noi dovrebbe gioire per la creazione di cui gode; per la presenza di Dio nei momenti difficili della vita; utilizzando i segni liturgici che la Chiesa ci offre; facendo memoria del Battesimo che è liberazione dai peccati, cancellazione di ciò che si oppone a Dio, invito a vivere una vita giusta; così come dovremmo gioire per la fede, per il dono della sua parola, per il dono della risurrezione che, anche se non capiamo fino in fondo, è l’orizzonte nel quale tutti dovremmo collocare la nostra vita. Così trovo utile che ciascuno di noi si chieda:
- Vivo almeno una di queste gioie?
- Cosa posso fare io per vivere qualcosa anche delle altre?
Carissimi, questo è l’augurio di noi tutti per una Pasqua Santa, l’augurio che, a partire dalla fede che tutti abbiamo ricevuto in dono e che condividiamo, possiamo vivere nella gioia, nonostante quello che capita nella vita di ciascuno di noi, sapendo che il Signore è vicino a ciascuno e intende riscattare la vita di ciascuno. Lasciamoci coinvolgere in questo “inno di gioia” che questa sera si leva dalla Chiesa al Padre, perché possiamo fare passi sempre più concreti nella direzione di Cristo, il principe dei risorti.