Settimana della 6 domenica dopo Pentecoste – Giovedì
Giosuè
Gs 5, 13 – 6, 5
Lettura del libro di Giosuè
In quei giorni. Quando fu presso Gerico, Giosuè alzò gli occhi e vide un uomo in piedi davanti a sé, che aveva in mano una spada sguainata. Giosuè si diresse verso di lui e gli chiese: «Tu sei dei nostri o dei nostri nemici?». Rispose: «No, io sono il capo dell’esercito del Signore. Giungo proprio ora». Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: «Che ha da dire il mio signore al suo servo?». Rispose il capo dell’esercito del Signore a Giosuè: «Togliti i sandali dai tuoi piedi, perché il luogo sul quale tu stai è santo». Giosuè così fece. Ora Gerico era sbarrata e sprangata davanti agli Israeliti; nessuno usciva né entrava. Disse il Signore a Giosuè: «Vedi, consegno in mano tua Gerico e il suo re, pur essendo essi prodi guerrieri. Voi tutti idonei alla guerra, girerete intorno alla città, percorrendo una volta il perimetro della città. Farete così per sei giorni. Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca; il settimo giorno, poi, girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le trombe. Quando si suonerà il corno d’ariete, appena voi sentirete il suono della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra, allora le mura della città crolleranno e il popolo salirà, ciascuno diritto davanti a sé».
Di fronte a cose impossibili. Oggi le due Scritture ci mettono di fronte a uomini che stanno di fronte a cose impossibili. Il primo è Giosuè di fronte a Gerico. Un uomo che viene dal deserto, insieme ad un popolo che viene dall’Esodo, sta davanti alla città probabilmente più antica dell’umanità, una città fortificata, una città chiusa nelle sue mura, segno della sua sicurezza: come entrare in essa? Come prenderla? Ecco questo incontro misterioso: l’incontro con il capo dell’esercito del Signore? Una visione? Un sogno? Un modo di raccontare quello che è una propria convinzione interiore? Al di là di come possiamo intendere questo incontro, è certo che Giosuè ottiene forza dalla parola che gli viene rivolta; non sarà per la forza di Israele e nemmeno per la capacità militare che Israele entrerà in Gerico: sarà per la fede. Solo fidandosi di Dio si entrerà in questa città, solo così si potrà iniziare ad abitare la “terra santa”, quella sulla quale bisogna togliersi i calzari, in segno di rispetto e di venerazione. Di fronte ad una cosa impossibile è chiaro che non sarà la forza degli uomini a garantire la soluzione migliore, ma solo la forza che viene da Dio, la forza della fede.
Vangelo
Lc 9, 18-22
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
Un giorno il Signore Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Così come è anche nel Vangelo. Come si fa a rispondere alla domanda di Gesù? È una domanda impossibile. Come si fa a definire il suo mistero? Sia la gente che i discepoli vanno per approssimazione, ripropongono l’idea di qualche grande profeta. Hanno capito questo del mistero di Dio e parlano come è loro concesso, con i paragoni che sanno fare, con quello che possono intuire. Solo Pietro azzarda qualcosa di più e sappiamo che la sua risposta di fede nasce da una particolare rivelazione del Padre che illumina la sua mente e il suo cuore. Gesù sembra poi rincarare la dose. Egli inizia a parlare del suo mistero, del suo compito che si compirà nella Pasqua. Parole tristi, parole di dolore, sofferenza, morte. Come capire ciò che esse dicono? Come stare fermi nella propria posizione di fronte a parole così terribili? Nessuno dei discepoli avverte la reale portata di ciò che Gesù dice. Faranno memoria di queste cose solo dopo la Pasqua del Signore, quando, illuminati dallo Spirito Santo, avranno la forza di comprendere ciò che è accaduto e il senso di quella rivelazione. Sarà la fede ad illuminare le loro menti e a garantire quel po’ di comprensione che diventa occasione per il discepolo di vivere fino in fondo la propria esperienza, la propria vita, seguendo quel maestro che aveva predetto tutto ciò che sarebbe, poi, di fatto accaduto.
Per noi
- Come stiamo noi di fronte alle cose impossibili della vita?
- Come ci regoliamo quando siamo di fronte a qualcosa che ci travalica, che ci supera, che non ci lascia tranquilli perché impossibile da sostenere?
Penso a tante situazioni nelle quali c’è un evento difficile da sopportare: una malattia, una morte, una separazione… o un altro fatto della vita che fatichiamo a comprendere e, soprattutto a sopportare. Credo che tutti abbiamo fatto questa esperienza, che equivale proprio a un venir meno delle forze, ad avere l’impressione di non farcela, a rimanere come in sospeso, di fronte a quello che avviene e che non possiamo controllare.
In queste situazioni è solo la visione della fede che ci può svegliare. È solo la visione della fede che ci può incoraggiare. È solo la visione che viene dalla ricerca continua del mistero di Dio che ci può sostenere. Come accadde a Giosuè, di fronte alle mura di Gerico o come accadde al popolo ebraico in tante altre occasioni, o come accadde anche ai discepoli, quella volta, nel deserto, mentre erano alla sequela di Gesù.
È la fede che ci può sostenere e guidare in questi momenti, non i nostri sensi o la nostra volontà. Chiediamo al Signore questo dono: il dono di una fede che, nei momenti più bui dell’esistenza ci sappia sostenere e guidare. Così, quando faremo esperienza della pochezza delle nostre forze, sapremo ricorrere con fiducia a Colui che è forza, sostegno, incoraggiamento…