Domenica 09 Febbraio

V Domenica dopo l’Epifania

Parola dell’uomo e parola di Dio. Che valore diamo alla nostra parola di uomini? Che valore diamo alla Parola di Dio? Le letture di oggi sono un invito a questa riflessione.

Vangelo

Gv 4, 46-54
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù andò di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao.
Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia».
Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Partiamo dal Vangelo: la partenza è simbolica. Cana di Galilea, lì dove, per la parola del Signore, l’acqua è diventata vino. Un luogo non casuale, un luogo importante, un luogo che mette già il lettore nella condizione di ricordare un miracolo.

Subito, poi, la parola di un uomo. Un papà, uno dei molti che hanno accostato Gesù da disperati. Un uomo di una certa importanza: è un funzionario di Erode. Probabilmente non un ebreo di appartenenza per discendenza, ma un uomo di fede ebraica. Uno che ha sentito parlare di Gesù, uno che, come ogni papà alle prese con la salute del figlio, è disposto a tentarle tutte. Un uomo che dice a Gesù le sue parole: parole di dolore, parole di affetto per il figlio, parole di supplica per un suo intervento. Parole di uomo, parole di amore.

Poi la parola di Gesù. Parola dura, come spesso accade di fronte alle richieste degli uomini bisognosi: “se non vedete segni e prodigi, voi non credete”. Non un rifiuto a compiere un gesto di vicinanza, di ascolto, di condiscendenza, come, poi, effettivamente, avviene. Parola che intende mettere alla prova, parola che intende sondare la veridicità della fede di quest’uomo, parola che intende verificare cosa quest’uomo ha nel cuore.

Ancora, come risposta, una parola di supplica: “Signore, scendi, prima che mio figlio muoia”. È un ulteriore richiesta, è la parola di un uomo che sta lottando non solo contro la malattia ma anche contro il tempo. È la parola che Gesù vuole sentire: una parola di fede, in Lui e nella sua opera. Una parola di amore e di intercessione: quest’uomo chiede non per sé ma per il figlio. Una parola che viene rinfrancata anche da un atteggiamento: l’ulteriore ascolto della Parola di Gesù.

Và tuo figlio vive”: è la parola piena di speranza che dice Gesù. Il funzionario del re, per mostrare tutta la sua fede, si mette in cammino. Non importuna più il maestro. Sa che dovrà verificare in seguito, ma se ne va pieno di fede. Gli basta aver sentito Gesù pronunciare questa parola per credere. Dimostrando così di essere un uomo che ha chiesto un miracolo, ma anche un uomo che crede sulla parola.

Ed è questa medesima parola che gli viene riportata dai servitori che, incontrandolo, attestano: “tuo figlio vive!”, la stessa parola usata da Gesù. Con la constatazione che, proprio nell’ora in cui egli parlava con il maestro, il figlio cominciava a stare bene. L’ora della salvezza non sarà mai stata scordata da quell’uomo e nemmeno da suo figlio, al quale, in debito di riconoscenza, chissà quante volte sarà stata ricordata ed insegnata la storia di quel miracolo a cui era dovuta la sua vita.

Un racconto bellissimo, quello del secondo miracolo di Cana di Galilea, che intreccia insieme parola dell’uomo e parola di Dio. Racconto che insegna che, quando la parola dell’uomo è richiesta, è supplica insistente, è abbandono fiducioso nelle mani di Dio, si compie il miracolo della fede. Racconto che insegna che la parola dell’uomo ha un valore, è un punto di riferimento. Esattamente come la parola di Dio è luce, guida, sostegno per la speranza.

Romani

Rm 4, 13-17
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede. Se dunque diventassero eredi coloro che provengono dalla Legge, sarebbe resa vana la fede e inefficace la promessa. La Legge infatti provoca l’ira; al contrario, dove non c’è Legge, non c’è nemmeno trasgressione. Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto er quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: «Ti ho costituito padre di molti popoli» – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono.

Anche San Paolo ci invitava a riflettere sul valore della Parola per Abramo. Nella duplice direzione. Da un lato Abramo è l’uomo che crede sulla parola. È la Parola di Dio che lo invita ad andarsene dalla sua terra, ed egli và. È la parola di Dio che lo sostiene nel difficile compito di attendere un figlio mentre si sta fondando un popolo. È la Parola di Dio che diventa promessa di quel figlio che, poi, erediterà la tribù e la fortuna di Abramo. Abramo è, per eccellenza, la figura del credente che crede sulla parola. Ma anche l’altro senso: Abramo è l’uomo che dà peso alle sue parole, che mantiene fede alla parola data, che basa relazioni e compiti della sua vita proprio su quella parola che spende, che dona agli altri, che utilizza per le proprie relazioni. Abramo è l’uomo che dà valore alla parola, proprio perché ha creduto alla Parola di Dio. Quella parola che, come riconosceva San Paolo, ha un valore unico: “dà la vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono”. Questo fa la Parola di Dio. È parola creatrice, è parola di vita eterna.

Isaia

Is 66, 18b-22
Lettura del profeta Isaia

Così dice il Signore Dio: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offer ta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti, dice il Signore. Sì, come i nuovi cieli e la nuova terra, che io farò, dureranno per sempre davanti a me – oracolo del Signore –, così dureranno la vostra discendenza e il vostro nome».

Il profeta Isaia aggiungeva, poi, un’altra dimensione della Parola di Dio. Essa è universale, perché Dio parla ad ogni uomo. In qualsiasi luogo viva l’uomo, egli è destinatario di quella parola che diventa promessa di vita eterna e redenzione. Non solo questo però. Il profeta sottolinea anche il valore fondamentale della parola dell’uomo, o meglio, delle parole di fede che l’uomo pronuncia. Queste parole di fede, infatti, sono ciò che può spingere l’uomo a donare agli altri una preziosa testimonianza sull’esistenza di Dio e sul suo agire nella storia. Questa parola di fede, anche se parola di uomo, ha una forza inaudita. Essa converte e dona ad altri uomini di pervenire alla fede. Questa è la parola che dà la possibilità alla “vostra discendenza e al vostro nome di durare per sempre”.

Per Noi

  • Che valore diamo alle nostre parole?
  • Che valore diamo alla Parola di Dio?

Forse non diamo abbastanza importanza al valore che la parola, anche la nostra parola di uomini, ha per la nostra vita e per la vita degli altri. La nostra parola può essere parola di amore, vicinanza, sostegno, intercessione, preghiera, solidarietà, conforto, consolazione… come lo è stata la parola del funzionario del re. Abbiamo la percezione dell’importanza di questo genere di parole? Forse non sempre. Ecco allora un primo impegno: cerchiamo di pronunciare parole di amore, vicinanza, sostegno, consolazione per rendere la nostra vita un insieme di quelle “ore” che si ricordano per sempre, perché sanno di bene.

In secondo luogo, vorrei che riflettessimo ancora sulla nostra parola: la parola della fede. Vorrei che riflettessimo sull’importanza della nostra parola di donare agli altri spazi di luce, spazi di verità, richiami per accedere al mistero di Dio. Forse ci mettiamo un po’ troppo in disparte e non comprendiamo bene che, a volte, la nostra parola può davvero essere illuminante per qualcuno. Ecco, allora, un secondo impegno: impegniamoci a testimoniare qualcosa della nostra fede, diciamo qualche parola di fede. Il valore di quella parola è custodito da Dio. L’efficacia di quella parola viene solo da Dio.

In terzo luogo, vorrei che riflettessimo su questa domanda: mantengo fede alla parola data? Sono un uomo di parola? La gente si può fidare di me perché sono uno che mantiene la parola? In un mondo dove tutto muta e dove la parola data non sembra essere oggetto di fiducia, ecco un terzo impegno: almeno noi impegniamoci per mantenere fede alla parola data.

Infine, ancora una volta, vorrei che ci domandassimo quanto credito diamo alla Parola di Dio, quanta stima abbiamo della sua parola. Ben prima che giunga a noi la quaresima, vorrei che tutti prendessimo sul serio la possibilità di compiere un altro gesto e di assumerci un altro impegno: impariamo a leggere ogni giorno il Vangelo. Senza questa luce, anche per noi credenti, tutto rischia di naufragare.

Impegni possibili che possono rendere anche questa nostra città il luogo di un miracolo: il miracolo di chi, credendo alla Parola, dà spessore e senso alle proprie parole!

2020-02-08T08:33:34+01:00