Settimana della 4 domenica dopo Pentecoste – sabato
Introduzione
Colto provvidenzialmente questo sabato ci permette di comprendere l’evoluzione del “giorno del Signore” dalla legislazione ebraica e dalla teologia che lo sorreggeva, per passare alla domenica cristiana.
La Parola di Dio per questo giorno
LETTURA Lv 23, 26-32
Lettura del libro del Levitico
In quei giorni. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Il decimo giorno di questo settimo mese sarà il giorno dell’espiazione; terrete una riunione sacra, vi umilierete e offrirete sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore. In quel giorno non farete alcun lavoro, poiché è il giorno dell’espiazione, per compiere il rito espiatorio per voi davanti al Signore, vostro Dio. Ogni persona che non si umilierà in quel giorno sarà eliminata dalla sua parentela. Ogni persona che farà in quel giorno un qualunque lavoro io la farò perire in mezzo alla sua parentela. Non farete alcun lavoro. Sarà per voi una legge perenne, di generazione in generazione, in tutti i luoghi dove abiterete. Sarà per voi un sabato di assoluto riposo e dovrete umiliarvi: il nono giorno del mese, dalla sera alla sera seguente, farete il vostro riposo del sabato».
SALMO Sal 97 (98)
Acclamate al nostro re, il Signore.
Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore. R
Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani. R
Esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra:
giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine. R
EPISTOLA Eb 9, 6b-10
Lettera agli Ebrei
Fratelli, nella prima tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrare il culto; nella seconda invece entra solamente il sommo sacerdote, una volta all’anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per quanto commesso dal popolo per ignoranza. Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era stata ancora manifestata la via del santuario, finché restava la prima tenda. Essa infatti è figura del tempo presente e secondo essa vengono offerti doni e sacrifici che non possono rendere perfetto, nella sua coscienza, colui che offre: si tratta soltanto di cibi, di bevande e di varie abluzioni, tutte prescrizioni carnali, valide fino al tempo in cui sarebbero state riformate.
VANGELO Gv 10, 14-18
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai farisei: «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Levitico
Anzitutto il libro del Levitico che ci ha ricordato che il sabato è concepito come il giorno del riposo. L’astensione da qualsiasi genere di lavoro è motivata con la teologia della creazione: anche Dio si è riposato rispetto al suo lavoro. Per questo l’uomo si astiene dal lavoro, mentre al sacerdote è chiesto di aiutare i fratelli ad entrare in comunione con Dio proprio a partire dalla Parola che sostiene la teologia di questo giorno così particolare tra i giorni. Il sacerdote è, quindi, un mediatore, un uomo che, consacrato a Dio, aiuta i fratelli mentre lui stesso vive le prescrizioni della legge
Vangelo
Assolutamente differente la teologia del sacerdozio secondo il Nuovo Testamento. Il vero, unico, sommo sacerdote è Gesù, che è sì mediatore, ma non in modo umano. Egli non offre olocausti o sacrifici, ma offre se stesso perché tutti possano entrare nella comunione con Dio Padre e vivere quella comunione piena con Dio che egli è venuto a rivelare e a proporre ad ogni uomo. Egli è, appunto, il “buon pastore”, colui che conosce il suo gregge, conosce le sue pecore e trova gioia solo nel portare queste pecore al Padre, lui che ha il potere di donare la vita per poi riprenderla di nuovo.
Ebrei
L’autore della lettera agli Ebrei conosce profondamente tutte le istanze della legislazione ebraica. Egli sa bene quale fosse il compito del sommo sacerdote e conosce il rituale secondo il quale il sommo sacerdote una volta all’anno entrava nella cella più interna del tempio per offrire a Dio il sacrificio che riconciliava tutto Israele con il Creatore. L’autore di questo testo sa bene, però, che tutte le istituzioni umane valgono per il tempo in cui sono state create. Solo le cose di Dio sono eterne e rimangono in eterno. È per questo che egli affermava che tutte le prescrizioni antiche della legge valevano fino a quando sarebbero state riformate. La riforma di tutte queste cose è quella di Gesù che, essendo eterno come il Padre, introduce in una nuova visione delle cose. È il tema dell’eterno sacerdozio di Cristo del quale partecipano i sacerdoti che, nel suo nome, rinnoveranno la sua alleanza con gli uomini. Istituzione che non potrà mai essere ulteriormente riformata, venendo da Dio e valendo per tutta l’eternità, fino al suo ritorno.
Per noi
È davvero provvidenziale, per noi, in mezzo all’estate, poter riflettere su questi temi. Provvidenziale per il fatto che, d’estate, rischiamo tutti di distanziarci dal rapporto con Dio e di prenderci quella “libertà” che, di fatto, altro non è che un allontanamento dal Signore. È poi tipico del nostro tempo portare avanti questa “disaffezione” rispetto al rito, alla liturgia in generale, che, spesso, allontana molti credenti da Dio. La teoria è sempre quella: tutte le cose si evolvono e, per questo, è il caso di innovare anche la liturgia. Secondo l’opinione di molti, poi, il rapporto con Dio deve essere più spontaneo, immediato, non imbrigliato nelle regole dei riti e delle liturgie. Insomma, poiché ogni cosa ha il suo tempo, pare per molti che il tempo delle liturgie sia finito. Io credo che a tutti sia chiesto di riflettere proprio seguendo il Vangelo e la lettera agli Ebrei. Cristo è sempre il buon pastore. Egli sempre raduna il suo popolo. Il centro del raduno non può che essere il suo sacrificio, il suo corpo e il suo sangue sparsi per la redenzione del mondo. È questo il centro di ogni azione liturgica della Chiesa. Potrà cambiare la modalità della celebrazione, potranno differenziarsi alcune cose della liturgia, ma il centro di ogni azione ecclesiale, deve essere sempre e solamente quel rapporto con Dio che si dona a noi in questi sacramenti.
In secondo luogo vorrei che riflettessimo molto sul tema dell’eternità del sacerdozio di Cristo e, quindi, del suo Sacrificio che è l’Eucarestia. L’eternità del suo sacerdozio e dell’Eucarestia deve quindi avvertirci dell’importanza che questo rito deve avere nella nostra esistenza. Dal momento che esso rimane in eterno, siamo noi che, in ogni tempo, nelle condizioni storiche che mutano, dobbiamo comprendere come viverlo, come trasmetterlo a chi viene dopo di noi, come lasciare che la Chiesa, sacramento del suo Corpo, sia sempre pronta a radunarsi attorno a quel sangue sparso e a quel corpo dato per la redenzione di tutti.
Credo, quindi, che oggi potremmo tutti chiederci:
- Come vivo il rapporto con i sacramenti eterni di Dio?
- Mi lascio incontrare dal Signore e lascio che sia lui a radunarmi insieme con tutti coloro che desiderano oggi celebrare il suo mistero?
Proviamo ad entrare in quest’ottica, perché sia chiaro a tutti che Cristo è l’unico, vero, eterno pastore che rimane in eterno.