Settimana della 1 domenica dopo l’Epifania – martedì
La spiritualità di questi giorni
La vita come possesso o come dono?
La Parola di questo giorno
LETTURA Sir 42, 15-21
Lettura del libro del Siracide
Ricorderò ora le opere del Signore e descriverò quello che ho visto. Per le parole del Signore sussistono le sue opere, e il suo giudizio si compie secondo il suo volere. Il sole che risplende vede tutto, della gloria del Signore sono piene le sue opere. Neppure ai santi del Signore è dato di narrare tutte le sue meraviglie, che il Signore, l’Onnipotente, ha stabilito perché l’universo stesse saldo nella sua gloria. Egli scruta l’abisso e il cuore, e penetra tutti i loro segreti. L’Altissimo conosce tutta la scienza e osserva i segni dei tempi, annunciando le cose passate e future e svelando le tracce di quelle nascoste. Nessun pensiero gli sfugge, neppure una parola gli è nascosta. Ha disposto con ordine le meraviglie della sua sapienza, egli solo è da sempre e per sempre: nulla gli è aggiunto e nulla gli è tolto, non ha bisogno di alcun consigliere.
SALMO Sal 32 (33)
Della gloria di Dio risplende l’universo.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
Perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra. R
Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,
perché egli parlò e tutto fu creato,
comandò e tutto fu compiuto. R
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
È in lui che gioisce il nostro cuore,
nel suo santo nome noi confidiamo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo. R
VANGELO Mc 1, 14-20
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco
In quel tempo. Dopo che Giovanni fu arrestato, il Signore Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
L’atteggiamento di sapienza
Parto anche oggi dal Siracide. Come abbiamo sentito il sapiente continua il suo approfondimento sulle cose, cerca di scrutare l’universo come può, con gli strumenti che ha ed intuisce una cosa: nessuno possiede la verità! Nessuno conosce tutto! Nessuno sa spiegare il perché di tutte le cose! Il sapiente ne è certo, tanto che diceva che neppure agli amici di Dio, ai “santi”, è dato il potere di comprendere ogni cosa. La verità è solo Dio, quindi il sapere che riguarda tutte le cose, è solo di Dio. Siracide, nelle biblioteche che frequenta, nei circoli culturali che anima, vede gente che vorrebbe possedere il senso delle cose. Vede ed incontra gente che si vanta perché, sapendo tante cose, ha come l’illusione di possedere alcune verità. Di qui l’interrogativo del Siracide: ma è giusto interpretare la vita così? È possibile interpretare la vita così, come un possesso? La sua risposta è negativa, perché la logica della vita è il dono. Il Signore stesso utilizza questa logica. Dio dona sé stesso in tutta la creazione, Dio mette qualcosa di sé stesso in tutto ciò che è stato creato. Come potrebbe l’uomo agire diversamente? Eppure, ci dice il Siracide, c’è chi vive così, c’è chi vede la vita come un possesso e non come un dono, c’è chi vede la vita come un continuo arricchimento attraverso il possesso delle cose, sia puramente intellettuale, sia materiale.
Anche il Vangelo ci dice la stessa cosa. Andrea, Pietro, i primi discepoli, erano uomini come tutti, avevano un lavoro, una famiglia, una casa, abitavano in un paese, avevano relazioni con i loro concittadini. Avevano una vita impostata esattamente come quella di ogni altro uomo. Eppure non “possedevano” la loro vita. Non interpretavano come un possesso né i loro giorni, né le loro cose. Tant’è che ci sorprende sempre la prontezza con cui aderiscono alla vocazione che il Signore dona loro. D’accordo che Gesù aveva un carisma unico ed irresistibile, d’accordo che il Figlio di Dio non aveva bisogno di argomenti convincenti, d’accordo che la sua sola presenza rendeva le cose illuminate. Eppure, dobbiamo ammetterlo, anche senza conoscerlo i primi discepoli aderiscono a Lui. Anche senza averlo visto prima lasciano le loro cose e vanno dietro a Lui. Saranno anche state cose da poco, eppure era il loro lavoro, era la loro vita, erano le loro relazioni… i discepoli lasciano le loro cose di sempre e rischiano. Perché? Appunto perché non interpretano la vita come un possesso, ma come un dono. Non sono attaccati né a quello che fanno, né a quello che hanno, semplicemente si fidano. Lasciano perché non hanno il cuore attaccato alle cose e perché sono uomini di fede, uomini che sanno scoprire il senso della loro vita in Dio, uomini di preghiera.
Il nostro cammino di fede
Quanto sono diversi da noi questi uomini! Sia il sapiente che i discepoli.
Il sapiente perché noi vogliamo spiegare la realtà per possederla – è questa la piega moderna della scienza. Il voler spiegare il perché delle cose non è in ordine alla lode di Dio, ma è in ordine al possesso delle realtà. Il sapiente non indaga le cose per descriverle, per amarle, ma per svuotarle, per sviscerare il loro significato, per renderle funzionali alla vita dell’uomo. Molti studiosi e sapienti di oggi, tra l’altro, vivono senza avere fede.
Il discepolo perché noi non saremmo mai in grado di vivere la vita con questo senso di libertà, con questo senso di disponibilità, con questo altissimo senso di adesione a Dio. Noi facciamo i nostri conti e quando capita qualcosa che mette in crisi il nostro modo di pensare, il nostro modo di vivere, sprofondiamo in una crisi di senso. È molto raro trovare persone così libere che sanno accettare quello che avviene interpretandolo come un incentivo a conoscere e a fare la “volontà di Dio”, concetto sempre molto difficile per noi. Questo accade perché siamo fuori, siamo lontani da una visione della vita intesa come vocazione. Quando uno interpreta la vita come vocazione è libero, quando uno è attaccato alle cose, quando uno è attaccato a sé stesso, non sarà mai libero di compiere niente.
Intenzioni di preghiera
Anche oggi suggerirei di rivedere la nostra vita, quello che siamo, quello che facciamo, quello che abbiamo fatto, quello che abbiamo realizzato, quello che conosciamo…
Siamo davvero sicuri di essere così liberi? Siamo sicuri di avere questa libertà del discepolo che ama essere disponibile per Dio? Siamo sicuri di tutto questo? Oppure siamo possessivi, non abbiamo avuto o non abbiamo questa visione di vocazione, di libertà, di conoscenza?
Se vogliamo accettare la proposta spirituale di questo tempo, non perdiamo l’occasione di riflettere su queste cose. Infatti la vera sapienza non viene dal molto sapere, dal possesso delle cose, ma dalla conoscenza di Dio. Così come la santità della vita non nasce da ciò che sappiamo, ma da come viviamo, da quale senso di libertà invade ed occupa i nostri giorni. Tutto questo dipende da come viviamo la preghiera, da come interpretiamo la presenza di Dio nelle nostre singole vicende, da come vediamo le cose spirituali. Proviamo ad interrogarci e cerchiamo di comprendere quale sapienza di vita stiamo costruendo.