Settimana della 2 domenica dopo Pentecoste – Giovedì
Esodo
Es 13, 3a. 11-16
Lettura del libro dell’Esodo
In quei giorni. Mosè disse al popolo: «Quando il Signore ti avrà fatto entrare nella terra del Cananeo, come ha giurato a te e ai tuoi padri, e te l’avrà data in possesso, tu riserverai per il Signore ogni primogenito del seno materno; ogni primo parto del tuo bestiame, se di sesso maschile, lo consacrerai al Signore. Riscatterai ogni primo parto dell’asino mediante un capo di bestiame minuto e, se non lo vorrai riscattare, gli spaccherai la nuca. Riscatterai ogni primogenito dell’uomo tra i tuoi discendenti. Quando tuo figlio un domani ti chiederà: “Che significa ciò?”, tu gli risponderai: “Con la potenza del suo braccio il Signore ci ha fatto uscire dall’Egitto, dalla condizione servile. Poiché il faraone si ostinava a non lasciarci partire, il Signore ha ucciso ogni primogenito nella terra d’Egitto: i primogeniti degli uomini e i primogeniti del bestiame. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo parto di sesso maschile e riscatto ogni primogenito dei miei discendenti”. Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un pendaglio fra i tuoi occhi, poiché con la potenza del suo braccio il Signore ci ha fatto uscire dall’Egitto».
Quando Dio interviene nella storia, Egli fa nuove tutte le cose. Quando le realtà della creazione “collaborano” con Dio nella trasmissione della vita, allora Dio interviene facendo nuove tutte le cose con una speciale benedizione, la “benedizione dei primogeniti”. Israele ha avuto sempre molto chiara questa realtà e ha da sempre, con forza, sottolineato da un lato la bellezza della partecipazione, soprattutto dell’uomo, alla trasmissione della vita, dall’altro la partecipazione di Dio a questo evento. È per questo che ogni primogenito, sia del parto animale che del parto di una donna, doveva essere considerato sacro a Dio, direttamente posto sotto la sua benedizione, “riconsegnato”, se così vogliamo dire, a Dio proprio perché da Lui proviene ogni vita. Una tradizione bellissima, che, purtroppo, con l’andare del tempo si è persa, ma che è in grado di esprimere la bellezza e la sacralità stessa della vita. A ribadire questa tesi anche il rafforzativo: se un uomo, per qualsiasi motivo, non avesse fatto questo atto di ringraziamento a Dio per la vita che nasce, la creatura avrebbe subito la spaccatura della nuca: come dire, non sarebbe più stata sé stessa, non avrebbe avuto più quella forza che è la forza della sua natura. Se non ringrazi Dio per la vita, la vita si perde. Se non corrispondi alla benedizione di Dio, la vita non serve.
Vangelo
Lc 5, 36-38
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai farisei e agli scribi una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi».
A dare ulteriore e più profondo senso a queste parole è la predicazione di Gesù. C’è un gusto della novità della vita che nasce quando si incontra il suo mistero, quando si percepisce l’importanza della presenza di Dio nella propria esistenza, quando inizia un nuovo modo di vivere, o un nuovo incarico, o una novità collegata alla fede. È questo il senso con cui Gesù richiama, anzitutto, alla conversione, oppure alla vocazione, o ai diversi ministeri a cui Egli chiama. Ogni inizio ha una sua grazia, ogni inizio gode di una benedizione di Dio unica, singolare, irripetibile. Ci sono dei momenti della vita nei quali è chiesto ad ogni uomo, ad ogni donna di essere come un vino nuovo che viene messo in otri nuovi, o come un vestito nuovo, un vestito che va indossato per un’occasione solenne, senza rattoppare più quello vecchio e logoro.
Per noi
Credo che le letture di oggi siano molto belle e ci chiedano di fermarci per farci chiedere:
- Quali sono le occasioni della vita in cui ho già sperimentato questa verità?
- Quali sono, adesso, i richiami della fede grazie ai quali posso essere nuovamente come un vino nuovo, che fermenta, o come un vestito nuovo, che fa parlare di sé chi lo ammira?
Forse uno dei “mali” più tipici della nostra società è proprio quello di non saper gustare questa novità, questo fermento, questa attesa che diventa speranza, sogno di futuro, attesa. Forse ci siamo tutti un po’ ripiegati su noi stessi, abbiamo smesso di sognare, non attendiamo più nulla, e, quindi, non attendiamo più che ci sia un inizio segnato dalla sua grazia.
La vita cristiana dovrebbe sempre essere questo: un nuovo inizio. Anche il termine dell’esistenza nel tempo, che sarà segnato dalla morte, non è solo la vita che finisce, ma è l’inizio di una nuova esistenza: quella dell’eternità. Anche quel momento sarà segnato da una grazia unica, particolare, irripetibile, che conosceremo solo nel momento in cui saremo chiamati a vivere quel passaggio, quell’abbandonarci fiduciosi nelle mani di Dio che attira ogni cosa a sé.
Sarebbe proprio una vera ed autentica grazia se noi imparassimo a guardare così alle cose della vita. Sarebbe proprio una vera ed autentica grazia se noi imparassimo a gustare così ogni momento della vita, compreso quello di oggi. In fondo potremmo anche pensare che questo giorno avrà una sua grazia, una grazia tutta sua, irripetibile. Cerchiamo di scoprirla e di viverla, per fare in modo che anche questo giorno non passi invano, ma sia sempre sotto la protezione di Dio e di Maria.