Sabato 10 luglio

Settimana della 6 domenica dopo Pentecoste – Sabato

Numeri

Nm 1, 48-54
Lettura del libro dei Numeri

In quei giorni. Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Solo la tribù di Levi non censirai, né di essa farai il computo tra gli Israeliti; invece affiderai ai leviti la Dimora della Testimonianza, tutti i suoi accessori e quanto le appartiene. Essi trasporteranno la Dimora e tutti i suoi accessori, vi presteranno servizio e staranno accampati attorno alla Dimora. Quando la Dimora dovrà muoversi, i leviti la smonteranno; quando la Dimora dovrà accamparsi, i leviti la erigeranno. Se un estraneo si avvicinerà, sarà messo a morte. Gli Israeliti pianteranno le tende ognuno nel suo campo, ognuno vicino alla sua insegna, secondo le loro schiere. Ma i leviti pianteranno le tende attorno alla Dimora della Testimonianza; così la mia ira non si abbatterà sulla comunità degli Israeliti. I leviti avranno la cura della Dimora della Testimonianza». Gli Israeliti eseguirono ogni cosa come il Signore aveva comandato a Mosè: così fecero.

Da sempre, presso gli Ebrei, c’è una tribù che ha avuto un compito del tutto particolare: la tribù di Levi. Il suo compito è quello di “custodire” la tenda dell’alleanza e tutto ciò che è in essa, tutti gli arredi, tutti i paramenti, tutto ciò che serve al culto. Anche quando Israele era nomade, non è mai venuta meno questa tradizione e i Leviti si sono sempre occupati della tenda del convegno, custodendola anche con le loro tende – abitazione, che dovevano essere attorno alla tenda di Dio proprio in segno di protezione e custodia. Il loro compito era sostanzialmente quello di avere a che fare con le cose del culto a favore di tutto il popolo di Israele. Un compito esclusivo, al quale non ci si poteva sottrarre per nessun motivo. Ciò sarebbe servito anche come segno di grande intercessione. Mentre gli altri uomini dimenticavano Dio e la sua legge, peccando, i figli di Levi avrebbero dovuto conservare l’alleanza con Dio per donarla agli altri, portando il perdono di Dio sui peccati dell’uomo.

Ebrei

Eb 7, 11-19
Lettera agli Ebrei

Fratelli, se si fosse realizzata la perfezione per mezzo del sacerdozio levitico – sotto di esso il popolo ha ricevuto la Legge –, che bisogno c’era che sorgesse un altro sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek, e non invece secondo l’ordine di Aronne? Infatti, mutato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un mutamento della Legge. Colui del quale si dice questo, appartiene a un’altra tribù, della quale nessuno mai fu addetto all’altare. È noto infatti che il Signore nostro è germogliato dalla tribù di Giuda, e di essa Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio. Ciò risulta ancora più evidente dal momento che sorge, a somiglianza di Melchìsedek, un sacerdote differente, il quale non è diventato tale secondo una legge prescritta dagli uomini, ma per la potenza di una vita indistruttibile. Gli è resa infatti questa testimonianza: «Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek». Si ha così l’abrogazione di un ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità – la Legge infatti non ha portato nulla alla perfezione – e si ha invece l’introduzione di una speranza migliore, grazie alla quale noi ci avviciniamo a Dio.

Progetto bello ma impossibile! Impossibile per la volontà dell’uomo, sempre limitata e impossibile a motivo anche per i peccati dei figli di Levi. Ecco perché l’autore di questa lettera ci ricorda che era “necessario” che il Cristo si incarnasse. Senza di Lui, senza il Figlio di Dio senza peccato né macchia, sarebbe stato impossibile per qualsiasi uomo realizzare ciò che l’alleanza con Dio proponeva già in antico. L’autore di questo scritto invita a far convergere l’attenzione sul mistero di Cristo, che porta a termine, una volta per tutte, l’alleanza con Dio nella quale ogni uomo potrà rivedersi, se avrà fede.

Vangelo

Gv 14, 15-23
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

Si capisce così il Vangelo. Nell’ottica di Cristo, il grande mediatore tra Dio e gli uomini è uno solo, è la sua stessa persona. Egli viene per realizzare quell’alleanza che, diversamente, non sarebbe mai stata attiva, si sarebbe sempre fermata a metà, non avrebbe mai trovato il suo adempimento. Questa alleanza sarà iscritta nel cuore dell’uomo non tramite il richiamo di altri uomini, ma attraverso il dono dello Spirito Santo, che sa parlare al cuore dell’uomo e lo rende capace di amare. Come abbiamo sentito ieri il cuore dell’alleanza non è costituito dalla legge da ricordare, ma dall’imitazione da compiere. Quell’imitazione di Cristo che si vive solo nell’amore. È lo Spirito il protagonista di questa grande opera. È lo Spirito che parla al cuore dell’uomo e che lo abilita a seguire Cristo e la sua donazione di amore.

Così trova pienamente senso anche quel nascondimento di cui parlava l’Antico Testamento. Anche se la fede e i doni di Dio sono per tutti, è chiaro che solo alcuni comprendono e vivono questa dimensione, questa realtà. Costoro saranno un richiamo perenne per tutti, come già gli uomini di fede del Primo Testamento. Non nella forma, non compiendo le stesse cose, ma seguendo Cristo, alcuni uomini saranno perenne richiamo al popolo di Dio del primato di Dio stesso. È il senso del sacerdozio, è il cuore della consacrazione che si rinnova nella Chiesa attraverso il dono dei preti novelli.  Essi sono ordinati perché devono essere quasi “separati”, deve essere chiaro a tutti il loro compito e la loro funzione e deve essere chiara la chiamata di Dio a tutti.

Per noi

Così è anche per noi.

  • Abbiamo a cuore il valore del sacerdozio su cui la Scrittura ci fa riflettere?
  • Siamo consapevoli dell’importanza dell’alleanza con Dio da restaurare e da sviluppare sempre?

Proviamo a chiedercelo e, al termine di questa settimana, continuiamo la nostra preghiera perché tutti sappiano interpretare vocazionalmente la propria vita. Stimiamo ed apprezziamo le vocazioni di particolare consacrazione, perché è da esse che dipende il futuro della Chiesa e dell’Eucarestia.

E, anche in estate, preghiamo per le vocazioni!

2021-07-02T11:49:10+02:00