Settimana della 6 domenica dopo il martirio – Sabato
Concludiamo la nostra settimana con il tema che viene dettato dal Vangelo ma che ci permette di rileggere anche le due scritture che lo hanno preceduto e, soprattutto, che ci permette di chiudere questa settimana che abbiamo tutta voluta dedicata alla Madonna del Rosario, a Maria donna della sapienza.
Vangelo
Mt 18,23-35
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordino che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e cosi saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lascio andare e gli condono il debito. Appena uscito, quel servo trovo uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Credo che il tema del Vangelo di oggi ci inviti a riflettere sul tema della pazienza, per cui oggi potremmo intitolare la nostra riflessione così: “la sapienza della pazienza”. La parabola che il Signore racconta ha proprio questo scopo. Da un lato essa ci dice che il Signore ha pazienza con noi. Noi lo sappiamo molto bene. Le nostre lentezze, le nostre reticenze a convertirci sono già tutte nelle mani di Dio e noi sappiamo bene che Dio è paziente con noi e che ci dona sempre tempo perché noi ci possiamo realmente convertire. Dall’altro lato la parabola intende dire che noi tutti siamo un po’ impazienti e, specie quando si tratta delle nostre cose, siamo tutti ben frettolosi di riaverle, di curare i nostri interessi… Insomma, direi che applichiamo due pesi e due misure. Quando si tratta di noi davanti a Dio applichiamo il peso della pazienza e della misericordia, ma ci dimentichiamo di questo quando tocca noi metterci di fronte agli altri, alle loro difficoltà, ai loro ritardi, alle loro lentezze… Credo che siamo un po’ tutti davvero così!
Deuteronomio
Dt 24,10-22
Lettura del libro del Deuteronomio
In quei giorni. Mosè disse: «Quando presterai qualsiasi cosa al tuo prossimo, non entrerai in casa sua per prendere il suo pegno. Te ne starai fuori e l’uomo a cui avrai fatto il prestito ti porterà fuori il pegno. Se quell’uomo è povero, non andrai a dormire con il suo pegno. Dovrai assolutamente restituirgli il pegno al tramonto del sole, perché egli possa dormire con il suo mantello e benedirti. Questo ti sarà contato come un atto di giustizia agli occhi del Signore, tuo Dio. Non defrauderai il salariato povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno dei forestieri che stanno nella tua terra, nelle tue città. Gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e a quello aspira. Così egli non griderà contro di te al Signore e tu non sarai in peccato. Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, né si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri. Ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato. Non lederai il diritto dello straniero e dell’orfano e non prenderai in pegno la veste della vedova. Ricordati che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha liberato il Signore, tuo Dio; perciò ti comando di fare questo. Quando, facendo la mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenticato qualche mannello, non tornerai indietro a prenderlo. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova, perché il Signore, tuo Dio, ti benedica in ogni lavoro delle tue mani. Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornare a ripassare i rami. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Ricordati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto; perciò ti comando di fare questo».
Eppure il Deuteronomio aveva già tentato di insegnare ad Israele che non si deve fare così, che, specie quando si tratta di sovvenire qualcuno, il credente, l’uomo di fede, deve saper donare con gioia, senza trattenere niente, senza pensarci, senza fare troppi calcoli, animato solo dal desiderio di condividere ciò che uno ha con chi può avere, invece, di meno. Se ci pensate la legislazione di Mosè era avanzatissima, perché già molti secoli prima dell’arrivo del Signore cercava di far applicare all’uomo quel criterio di giustizia, di vicinanza all’altro, di comprensione che poi Gesù avrebbe esplicitato nel Vangelo: insegnamento ignorato! Come facciamo spesso anche noi, se non altro perché facciamo distinzioni ed introduciamo giudizi a proposito della persona dalla quale ci viene chiesto qualcosa o sull’oggetto da prestare…
Corinzi
1Cor 12,12-27
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, come il corpo e uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo e il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro e onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra.
Così il paragone assai noto della lettera ai Corinti, ci lasciava percepire che non sempre noi, come chiesa, abbiamo la consapevolezza di essere come un corpo, fatto di molte membra diverse, tutte chiamate all’unità e tutte chiamate ad essere sempre pronte all’aiuto e al sostegno reciproco. Anzi, si percepisce, come Paolo lascia intendere, una sorta di lotta, di confronto, di divisione. Non è la logica della pazienza con la quale in un corpo tutte le membra si aiutano l’una con l’altra o condividono le medesime sofferenze. Nel nostro corpo è così: quando si ammala una parte del nostro corpo, tutto il corpo è malato! Quando una parte del nostro corpo guarisce, o quando si ottiene qualcosa di bello con una parte del nostro corpo, tutto il corpo ne prova giovamento e ne gioisce! È la pazienza con cui ogni membro sopporta e sostiene l’altro.
Per noi
- Ci lamentiamo molto spesso di non avere pazienza. Ci lamentiamo molto spesso di perdere la pazienza, è, forse, tra le mancanze, quella più confessata. La sapienza della pazienza contenuta in queste letture, ci insegna che la pazienza non nasce dallo sforzo, ma nasce solamente dove un uomo, una donna, incominciano a contemplare il tempo, gli altri uomini, le cose, con il medesimo occhio di Dio e con la medesima pazienza che Dio ha per tutti e per tutto. Da questa contemplazione dovrebbe nascere la nostra pazienza, che è la virtù di chi, sostenuto dalla fede e sprofondato nel mistero di Dio, cerca di avere pazienza nelle cose della vita.
Noi possiamo contemplare questa pazienza nella beata Vergine Maria. Tutta la sua vita è stata una costante manifestazione di pazienza, tutta la sua esistenza è stata un guardare ad ogni cosa con il medesimo sguardo di Dio.
A lei possiamo chiedere di crescere in questa manifestazione di pazienza che ci serve e senza la quale non siamo imitatori di Cristo. A lei possiamo chiedere questo dono che ci deve servire per continuare a vivere il nostro cammino di fede sorretti dalla sua costante presenza e dal suo costante aiuto.
Maria, donna della sapienza, è stato il tema di questa settimana:
- La sapienza del silenzio,
- La sapienza della fede,
- La sapienza del rosario,
- La sapienza della testimonianza,
- La sapienza della solitudine,
- La sapienza della pazienza.
Sono i temi che abbiamo meditato grazie alle Scritture. Immettendoci nella domenica, nel giorno del Signore nel quale contempleremo ancora la Madonna del Rosario e la sua sapienza, chiediamo a Lei, Vergine Santa, di saper continuare a camminare sulle orme di Gesù, autore, perfezionatore, consolatore della nostra fede. È questa la sapienza a cui vogliamo attingere per continuare il nostro anno pastorale e il nostro cammino di fede.