7 Domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore – festa della Madonna del Rosario – Anniversari di matrimonio della comunità
” Come quando si trova succo in un grappolo e si dice: non distruggetelo…”, ovvero un discorso sulla saggezza del conservare. È questo il contenuto di queste scritture di questa domenica.
Isaia
Is 65,8-12
Lettura del profeta Isaia
Dice il Signore: «Come quando si trova succo in un grappolo, si dice: “Non distruggetelo, perché qui c’è una benedizione”, così io farò per amore dei miei servi, per non distruggere ogni cosa. Io farò uscire una discendenza da Giacobbe, da Giuda un erede dei miei monti. I miei eletti ne saranno i padroni e i miei servi vi abiteranno. Saron diventerà un pascolo di greggi, la valle di Acor un recinto per armenti, per il mio popolo che mi ricercherà. Ma voi, che avete abbandonato il Signore, dimentichi del mio santo monte, che preparate una tavola per Gad e riempite per Meni la coppa di vino, io vi destino alla spada; tutti vi curverete alla strage, perché ho chiamato e non avete risposto, ho parlato e non avete udito. Avete fatto ciò che è male ai miei occhi, ciò che non gradisco, l’avete scelto».
1 Corinzi
1Cor 9,7-12
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? Chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge? Io non dico questo da un punto di vista umano; è la Legge che dice così. Nella legge di Mosè infatti sta scritto: «Non metterai la museruola al bue che trebbia». Forse Dio si prende cura dei buoi? Oppure lo dice proprio per noi? Certamente fu scritto per noi. Poiché «colui che ara, deve arare sperando, e colui che trebbia, trebbiare nella speranza di avere la sua parte». Se noi abbiamo seminato in voi beni spirituali, e forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali? Se altri hanno tale diritto su di voi, noi non l’abbiamo di più? Noi però non abbiamo voluto servirci di questo diritto, ma tutto sopportiamo per non mettere ostacoli al Vangelo di Cristo.
Vangelo
Mt 13,3b-23
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Ecco, il seminatore usci a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non e dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: “Udrete, si, ma non comprenderete, guarderete, si, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Isaia
Evidentemente il profeta parte da un’immagine che intuiamo ma che non consociamo. Cosa sappiamo noi del succo dei grappoli? Cosa sappiamo noi del non distruggere un frutto che promette un bene? Evidentemente niente, dal momento che non abbiamo più la sapienza del contadino, la sapienza del povero che non spreca nulla e che raccoglie un frutto perché sa che da esso ne deriverà un bene. Così è il contadino che raccoglie il grappolo di uva matura gustando e sognando già il vino che ne deriverà. È la sapienza popolare che si esprime nelle parole del profeta. Sapienza che lascia subito il posto ad un oracolo di giudizio e di sventura. “Voi che avete abbandonato il Signore, dimentichi del suo monte santo… io vi destino alla spada; tutti vi curverete alla spada perché ho chiamato ed ecco, non avete risposto”. Parole durissime che sono un serio ammonimento per Israele perché ha perso quella sapienza del conservare che, invece, aveva caratterizzato la sapienza di tutto il popolo nelle generazioni precedenti. Poiché non si è stati capaci di conservare la fede, poiché non si è stati capaci di osservare la Parola di Dio, poiché non lo si cerca più, ebbene, accade come quando un uomo non è più in grado di guardare ad un frutto maturo pensando al bene che ne verrà. Chi non conserva la fede si perde, dice il profeta. Chi non conserva il ricordo di Dio, chi non fonda la propria vita sulla propria fede, chi perde i valori del credere, è come quel contadino che, appunto, non raccoglie o peggio deturpa un frutto maturo, disprezzandone il bene che ne verrà. L’uomo che perde la fede, l’uomo che disprezza i doni di Dio, l’uomo che non ha il gusto di conservare i valori del proprio credo è un uomo che si allontana dalla saggezza e che si scontrerà, prima o poi nella vita, con ciò che la sua insipienza ha prodotto. “Avete fatto ciò che è male ai miei occhi, ciò che io non gradisco: l’avete scelto”. Le parole del profeta diventano ancora più taglienti, perché ci dicono che l’aver perso il gusto per conservare il valore della fede ha, inevitabilmente, spento il desiderio del bene e fatto piegare tutto al male. Chi non conserva il gusto per i valori della fede non si può certo aprire a quella dimensione di vita che diventa attesa e promessa di bene. Una lezione decisiva, quella del profeta, sottesa anche alla predicazione di Gesù.
Vangelo
Anche Gesù, oggi, ci parla con un’immagine che intuiamo ma che non ci appartiene, dal momento che abbiamo perso il contatto con la terra e con il gusto di seminare e anche chi semina non lo fa certo in questa maniera descritta da Gesù. Se avete fatto attenzione alla parabola, avrete certamente risentito gli echi del profeta. Gesù parla in parabole perché non tutti possono comprendere ciò che dice: solo chi ha fede potrà capire la sua predicazione. Chi non ha conservato il gusto per la fede, chi non ha conservato il gusto per i valori della tradizione religiosa trasmessa come dono non potrà scendere nel profondo del segreto custodito nella predicazione di Gesù. Sono ancora vicine al profeta le parole del Signore: “questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchie e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi e non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore”. È la descrizione dell’uomo privo di sapienza, è la descrizione dell’uomo che ha smarrito il gusto del conservare, è la descrizione dell’uomo che, invece di conservare i valori della fede come realtà preziosa e sublime, si è dedicato ad altro. Gesù fa un elenco prezioso delle cose che si oppongono all’arte del conservare le cose della fede:
- La presenza del maligno, che fa assomigliare le anime a quel seme che cade lungo la strada e che diventa infruttuoso. Come dire: quando anche semini la parola di Dio in un cuore cattivo, nel cuore di chi trama il male, non ne potrà nascere niente. Il male schiaccerà questo piccolo seme sul nascere. È l’esperienza che vediamo tutti sotto i nostri occhi, negli uomini che cercano, desiderano, pensano, progettano, realizzano il male.
- L’incostanza. È un’altra realtà che si oppone al bene. Gesù dice che se uno non approfondisce il proprio rapporto con Dio, è, appunto, incostante, non riuscirà mai a comprendere il valore della Parola di Dio e della fede stessa e tornerà a chiudersi a qualsivoglia invito al bene. L’incostanza è il primo nemico della fede.
- La preoccupazione e il gusto per la ricchezza sono ancora nemici della sapienza del conservare la fede. Lo si capisce bene. Uno che è sempre ansioso, uno che è sempre preoccupato per le cose della vita è uno che non si sa ispirare alla provvidenza, è uno che si agita per nulla, è uno che non crede di essere al sicuro nelle mani di Dio Padre. Così pure come chi è ostinatamente preso dalla preoccupazione per la ricchezza. Quando uno è tutto preso da queste cose, evidentemente non può lasciare alcuno spazio a Dio e alla sua presenza.
- La cura, la custodia, l’approfondimento sono, invece, amici di quel conservare a fede che diventa decisivo per la vita.
C’è una sapienza di vita che è l’arte del conservare, che consiste nel non svendere, nel non venire meno ai valori del Vangelo, nonostante la preoccupazione per le cose della vita che non mancherà mai.
Corinzi
Così anche San Paolo che ricordava che il cuore dell’evangelizzazione consiste nell’ aver messo nel cuore delle persone dei beni spirituali, che accendono il gusto per le cose di Dio. Paolo parla della cattiva sapienza di chi, anche dalla fede, cerca di trarre cose pratiche, beni materiali, realtà quantificabili. Solo chi ha la sapienza del conservare la Parola di Dio e i suoi valori otterrà anche tutte queste cose, ma chi cerca immediatamente questo dalla fede non lo otterrà.
Per noi
- Abbiamo la sapienza del conservare i valori della fede?
- Abbiamo la sapienza che ci fa intravvedere ancora nel “credere” quel “grappolo pieno di succo” che spinge a conservare valori della fede per noi, per la nostra famiglia, per i nostri figli?
Inutile dirlo. Spesso siamo proprio quel terreno che ha perso ogni risorsa di produttività. Abbiamo lasciato che il male ci invadesse e che questo male rendesse insignificante il rapporto con la Parola di Dio; abbiamo anche noi percepito il richiamo di molte cose e, per questo, siamo diventati incostanti; abbiamo tutti sentito il fascino della ricchezza e il richiamo di molte cose mondane: ogni epoca ne ha e la nostra non è aliena da tutto questo. In sintesi, come diceva il profeta, abbiamo scelto ciò che è male, ciò che si oppone a Dio, vivendo in questo, uno spregio della sapienza del conservare i valori della fede che aprono nuovi orizzonti e che salvano l’anima.
Abbiamo perso il senso delle tradizioni. Oggi è la festa della Madonna del Rosario. Molti adulti, anziani, hanno vera fede nel rosario. Hanno vissuto bene la settimana in onore di Maria, si sono rimessi alla scuola di questa preghiera antica e sempre nuova, semplice e sempre efficacissima. Ma tanti dove sono? Cosa faremo oggi pomeriggio? Un revival di cose antiche? O sapremo rivitalizzare le tradizioni per salvaguardare la fede. Non sono importanti le tradizioni in sé, come semplice cosa da ripetere. Sono importati per i valori che comunicano e che dico, per i valori che sono sottesi ad essa.
Oggi celebriamo gli anniversari di matrimonio, mettendo una particolare intenzione di preghiera e una particolare ringraziamento per chi sta testimoniando la bellezza, la grazia di una fedeltà che dura negli anni e che si rinnova. Eppure, oggi, questi valori, sembrano finiti, tanto sono disciolti tra 1000 altri. Senza la custodia di questi valori si capisce il presente dei giovani, lontano anni luce dall’idea di una vocazione.
Torniamo, carissimi, alla sapienza del conservare. Torniamo ala sapienza del trasmettere tradizioni non come eventi, non come folklore, ma come modo di vivere i valori del Vangelo. Torniamo a porre un argine alle preoccupazioni alla ricchezza, all’incostanza e a tutto ciò che si oppone al Vangelo. torniamo a quell’arte del sapiente conservare che, fondata sui valori del Vangelo, salvaguarda la vita dell’uomo.
Allora saremo sapienti e vedremo crescere del 30, del 60, del 100 per uno la nostra fede e i valori ad essa annessi.