Martedì 11 agosto

Settimana della decima domenica dopo Pentecoste – Martedì – S. Chiara

Vangelo

Lc 11, 29-30
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Mentre le folle si accalcavano, il Signore Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione».

Un’altra luce, un’altra stella brilla per noi tutti oggi: S. Chiara. Di lei conosciamo la storia, il suo desiderio di consacrazione, il suo desiderio di compiere qualcosa di grande, insieme a Francesco, quell’amico che l’attraeva per la sua fama di santità, per la sua semplicità, per la sua povertà. Furono questi i segni che ebbe quel secolo difficile, certo, ma anche pieno di queste luci. Il segno di una ragazza che lascia gli agi del suo rango per dedicarsi ai poveri. Il segno di una donna che attira altre donne per lodare il nome del Signore e vivere in letizia la testimonianza del Vangelo. Il segno di una credente appassionata dell’Eucarestia, che ha sempre chiesto alla dolce e potente presenza del Signore ogni cosa che le stava a cuore, ogni cosa di cui aveva bisogno. Un segno importante donato dal cielo, come solo Dio sa fare, anche quando gli uomini non lo meritano. Come accadde nel suo tempo, quando Lui stesso era il grande segno offerto a tutti gli uomini, e non solo a quelli del suo tempo. Come accade anche oggi, perché i segni ci sono, ma bisogna avere occhi per vederli.

Cronache

2Cr 7, 1-10
Lettura del secondo libro delle Cronache

In quei giorni. Appena Salomone ebbe finito di pregare, cadde dal cielo il fuoco, che consumò l’olocausto e le altre vittime, mentre la gloria del Signore riempiva il tempio. I sacerdoti non potevano entrare nel tempio del Signore, perché la gloria del Signore lo riempiva. Tutti gli Israeliti, quando videro scendere il fuoco e la gloria del Signore sul tempio, si prostrarono con la faccia a terra sul pavimento, adorarono e celebrarono il Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre. Il re e tutto il popolo offrirono un sacrificio davanti al Signore. Il re Salomone offrì in sacrificio ventiduemila giovenchi e centoventimila pecore; così il re e tutto il popolo dedicarono il tempio di Dio. I sacerdoti attendevano al servizio e così pure i leviti, con tutti gli strumenti musicali che il re Davide aveva fatto per celebrare il Signore, perché il suo amore è per sempre, quando salmodiava per mezzo loro. I sacerdoti suonavano le trombe di fronte ai leviti, mentre tutti gli Israeliti stavano in piedi. Salomone consacrò il centro del cortile che era di fronte al tempio del Signore; infatti lì offrì gli olocausti e il grasso dei sacrifici di comunione, perché l’altare di bronzo, eretto da Salomone, non poteva contenere l’olocausto, l’offerta e i grassi. In quel tempo Salomone celebrò la festa per sette giorni: tutto Israele, dall’ingresso di Camat al torrente di Egitto, un’assemblea grandissima, era con lui. Nel giorno ottavo ci fu una riunione solenne, essendo durata la dedicazione dell’altare sette giorni e sette giorni anche la festa. Il ventitré del settimo mese Salomone congedò il popolo, perché tornasse alle sue tende contento e con la gioia nel cuore per il bene concesso dal Signore a Davide, a Salomone e a Israele, suo popolo.

Il libro delle cronache ci parla di un altro segno: il segno che Salomone, il grande realizzatore del tempio di Gerusalemme, volle per il giorno della consacrazione. Un segno di incredibile grandiosità: pensiamo ad un sacrificio di “120.000 pecore e 22.000 giovenchi”! Sono numeri da capogiro, sono numeri incredibili, sono numeri che portano a pensare che, davvero, nulla si sprecò in quel giorno! Anzi, tutto venne fatto con estrema grandiosità, come  testimoniano anche le trombe e tutte le altre cose che vennero approntate per l’occasione. Segni liturgici, per dire che si ama Dio. Segni dell’uomo nel tempio, per onorare il Signore del tempio. Segni che si possono ripetere nelle grandi occasioni, proprio per dire il proprio amore per Dio e per far vedere a tutti come sia possibile consacrare a Dio il meglio di quanto si ha.

Per noi

Credo che la lezione venga soprattutto per noi, a noi che, come anche il popolo di Israele, siamo un po’ sempre in ricerca dei segni, a noi che, come l’antico popolo di Israele, possiamo trovare segni importanti e preziosi nella liturgia.

  • Che valore diamo ai segni liturgici?
  • Con quali segni esprimiamo meglio la nostra fede?

La liturgia è fatta tutta di segni: suoni, profumi, colori… tutto serve per dire che la lode di Dio è la realtà nella quale tutti possiamo ritrovarci. Segni comuni, che servono ad esprimere la lode di tutti all’unico Dio, ma anche segni personali, poiché molti hanno un proprio modo di vivere la liturgia e di tradurre, nella propria coscienza, le grandi indicazioni che la liturgia offre.

Sono tuttavia preoccupato, e non poco, del fatto che molti non osano più vivere i segni della liturgia nella loro verità. Molti snobbano, taluni deridono i segni della liturgia. Altri si fissano su di essi, così che il segno sia sovraccaricato rispetto al valore che dovrebbe effettivamente avere.

Credo che ci sia molto lavoro da fare per rieducarci e rieducare a trovare, nel valore dei segni, una delle forze della nostra bella liturgia. Forse tutti dobbiamo un po’ rimetterci alla scuola della liturgia per scoprire meglio come vivere e cosa fare per apprezzare ciò che la Chiesa ci offre.

Chiediamo a Santa Chiara, che tanto ha amato la Chiesa e la liturgia, di aiutarci a vivere bene tutte queste cose. Chiediamo a Lei, che fu devotissima della Santa Eucarestia, un vero amore eucaristico, perché possiamo e sappiamo essere disposti a donare a tutti quel valore dei segni che rende più appassionata la fede.

2020-08-07T09:35:33+02:00