Settimana della 6 domenica dopo il martirio – Lunedì
Dopo la settimana di preghiera per la Madonna del Rosario, diamo più testimonianza all’ottobre missionario che, quest’anno, ha il titolo “profeti e testimoni”. Anche noi, come missionari dell’amore di Cristo, abbiamo il compito di essere profeti e testimoni. Metteremo a tema, questa settimana, questo argomento guardando soprattutto alla libertà del credente nel compiere la sua opera di missionarietà.
Vangelo
Lc 21, 5-9
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, il Signore Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Il tema dell’essere testimoni ed anche della libertà rispetto ad ogni cosa, è affrontato dal Vangelo. In questa sezione leggiamo il discorso apocalittico, ovvero quello dedicato al tema della fine dei tempi.
Il cristiano è anzitutto profeta in questo senso: egli non vive il tempo come un continuo succedersi di istanti. Il credente vive il tempo come un progressivo avvicinamento a Dio, che, finalmente, nel tempo ultimo, apparirà come Signore del cielo e della terra. È in questo senso che il credente diventa testimone: egli vive il tempo con quel profondo senso di attesa che lo spinge a interpretare la propria vita non come un progressivo avvicinarsi alla fine, ma come un’attesa di compimento: il compimento della vita eterna.
Per questo il cristiano si mantiene libero da ogni cosa. Libero per amore del Signore, libero perché non vuole appesantirsi in alcun modo ed attende la piena rivelazione del Signore con l’animo docile di chi non cerca di riempire la vita con alcune “cose”, ma si mantiene libero per il Signore. Alla luce di questa visione del tempo, il credente vive un rapporto particolare con le cose stesse, non lasciando che alcuna cosa possa occupare il centro del suo cuore.
Timoteo
1Tm 1, 12-17
Prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Carissimo, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
San Paolo apprende dagli apostoli e dalla sua continua meditazione sul mistero di Cristo questa verità. È per questo che scriveva le parole che noi abbiamo ascoltato nella prima lettura, all’amico Timoteo. Paolo è, anzitutto, un uomo libero. Libero da ogni cosa, non ha il cuore attaccato a niente. Non vive in un posto preciso: è missionario. Non ha cose sue: accetta quello che le comunità mettono a sua disposizione. Non vive il tempo come qualcosa che gli appartenga: egli attende paziente e fiducioso la piena manifestazione di Dio.
La testimonianza missionaria di Paolo consiste tutta nel Vangelo di grazia che egli rivela alle genti: tutti sono destinatari dell’amore di Dio, non c’è nessuno che sia escluso dalla sua misericordia, tutti devono attendere la rivelazione del Signore, perché tutti sono destinatari del suo immenso amore misericordioso e fedele.
Al termine della lettura di oggi Paolo ricordava che tutti siamo in attesa della vita eterna, l’ultimo dono del Signore, il più atteso, quello che introduce in una visione diversa del tempo presente. Se ci sentiamo tutti incamminati verso la vita eterna, sostiene Paolo, è chiaro che faremo un determinato uso del tempo presente. Il tempo ci serve non per scopi personali ed egoistici, ma per avvicinarci a quel Dio dal quale otteniamo la misericordia e il perdono dei peccati.
Per noi
Anche noi possiamo iniziare questa settimana chiedendoci:
- Ci sentiamo incamminati verso questo esito di vita?
- Che uso facciamo del tempo?
- Ci comportiamo come eredi di questa promessa e ne siamo testimoni?
L’Arcivescovo ci ha dato questo preciso compito proprio nella lettera pastorale di quest’anno. Come testimoni dell’amore di Cristo ma anche come profeti, nel senso di persone che richiamano con il proprio modo di vivere e con la propria parola e i propri gesti il mistero di Dio che portiamo nel cuore, abbiamo tutti il compito di risvegliare nell’uomo di oggi il senso di attesa dell’incontro con Cristo, il senso di infinitezza che dobbiamo portare nel cuore, il fascino della vita eterna, che ci ricorda che il cristiano insegna che la vita non finisce nel nulla. Sostenuti in questa esistenza dall’amore di Dio, finiamo per abbandonarci nelle mani del suo amore e della sua misericordia. Chiediamo al Signore di essere sempre più attenti a questa dimensione di vita, a questo modo di interpretare il tempo e la storia, per essere testimoni e profeti nel mondo di oggi, di questi valori della nostra fede.