Tempo di avvento – 5° domenica – il Precursore
Per introdurci
La preghiera necessaria e costante; la preghiera di intercessione; la preghiera come profezia; la preghiera come consolazione dell’anima. Sono le quattro grandi proposte di riflessione che le precedenti settimane di Avvento ci hanno permesso di compiere. Oggi, quinta domenica, una tappa di vitale importanza: la preghiera cristologica. Vale a dire la preghiera tutta centrata su Cristo. È questo il contenuto delle tre scritture odierne.
- In che senso la mia preghiera è tutta centrata su Cristo?
- Quali sono i modi con cui è possibile esprimere una preghiera cristologica?
- In che senso questa preghiera è centrale per la nostra vita spirituale?
La Parola di questa domenica
LETTURA Mi 5, 1; Ml 3, 1-5a. 6-7b
Lettura del profeta Michea
Così dice il Signore Dio: «E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani. Io mi accosterò a voi per il giudizio e sarò un testimone pronto. Io sono il Signore, non cambio; voi, figli di Giacobbe, non siete ancora al termine. Fin dai tempi dei vostri padri vi siete allontanati dai miei precetti, non li avete osservati. Tornate a me e io tornerò a voi, dice il Signore degli eserciti».
SALMO Sal 145 (146)
Vieni, Signore, a salvarci.
Il Signore rimane fedele per sempre,
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri. R
Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri. R
Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. R
EPISTOLA Gal 3, 23-28
Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.
VANGELO Gv 1, 6-8. 15-18
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Giovanni proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.
Vangelo
Anche oggi vorrei partire dal Vangelo che ci introduce già nel clima propriamente natalizio. Queste parole, infatti, fanno parte del grande prologo di San Giovanni, il testo che noi meditiamo proprio nella notte di Natale. Così abbiamo letto: “Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio nel seno del Padre, lui lo ha rivelato”. Cosa intende dire l’evangelista Giovanni riproponendoci queste parole come fine, come apice, come riassunto, se vogliamo, di tutta la predicazione di San Giovanni Battista?
Cristo è il grande rivelatore del Padre. Ecco il primo dato. San Giovanni evangelista sa bene che ogni religione è il tentativo dell’uomo di dire qualcosa sul mistero del divino. Tutti gli uomini, da sempre, hanno cercato di dire qualcosa sul mistero che li avvolge, che è alla base della loro vita, che è la loro speranza. Questo tentativo di dire qualcosa su Dio, in Israele, ha un valore del tutto speciale, perché questo tentativo degli uomini si completa con il desiderio di Dio di rivelare sé stesso agli uomini. A chi lo cerca e, attraverso di loro, a tutti gli uomini. I profeti, ed ecco l’opera finale del battista, hanno intuito che tutto questo si sarebbe avverato con la venuta del Messia. Giovanni è colui che introduce nel tempo del Cristo, è colui che compie l’attesa, è colui che indica nel Cristo il compimento delle promesse antiche. Cristo è, dunque, l’unico vero e grande rivelatore del Padre. Così che l’uomo che cerca Dio non debba più procedere a tentoni, non debba più come brancolare nel buio, ma abbia un accesso privilegiato, singolare, forte, unico al mistero di Dio attraverso la sua rivelazione del volto del Padre.
Cristo porta la grazia del Padre. Ecco il secondo dato su cui insiste San Giovanni. Giovanni capisce bene che ogni religione deve avere delle norme, delle regole. Se la religione è un tentativo dell’uomo di comprendere qualcosa del mistero di Dio, ecco che il bisogno di esprimersi in modo umano, in parole umane, porta, necessariamente, a creare un percorso che sia anche una regola. È quello che è avvenuto anche in Israele con Mosè. La rivelazione di Cristo, invece, essendo rivelazione diretta di Dio, porta a tutti la grazia di Dio Padre, che è la forza dello Spirito Santo perché ciascuno capisca come avvicinarsi a Dio. Così che anche le regole della fede acquistino non l’indicazione e il peso di una legge, ma un incentivo a vivere bene la libertà che è l’essenza ultima della vita dell’uomo. Cristo rivela l’amore di Dio agli uomini e chiede che ci si possa avvicinare a Lui attraverso testimonianze di amore.
Da Cristo si riceve la pienezza della fede. Ecco un terzo punto cardine della predicazione di San Giovanni che, ricordando il battista, invita tutti a comprendere come il tempo di Cristo sia il tempo della pienezza. Solo avvicinandosi a Cristo si è nella pienezza della Verità. Detto in modo molto più semplice, ogni preghiera che mette al centro della riflessione il mistero di Cristo, ci permette di avvicinarci a Dio e al suo amore, non tanto per i nostri sforzi e i nostri pensieri, ma perché ci lasciamo raggiungere dall’amore di Dio che, in Cristo, discende fino a noi. Il compimento, il culmine di questo avvicinamento a Cristo è la celebrazione Eucaristica, dove realmente Cristo si dona a noi e viene dentro di noi nella S. Comunione.
Michea
Il profeta Michea ci rivela un altro tratto essenziale di ogni avvicinamento a Dio che avviene attraverso il Messia. Il profeta aveva già compreso, nei tempi antichi e per grazia, che da Betlemme sarebbe sorto il Messia e che il compito fondamentale del Messia sarebbe stato quello di rivelare la misericordia di Dio. Con grande forza il profeta diceva che quel senso di purificazione di cui hanno bisogno tutti gli uomini e che è impossibile da ottenere solo attraverso i propri sforzi, finalmente viene a noi dal Messa che rivela l’amore di Dio attraverso il suo perdono. È per questo che il profeta poteva concludere la sua profezia dicendo: “tornate a me e io ritornerò a voi”, indicandoci così che ogni percorso penitenziale diventa occasione non solo di conversione del cuore, ma di incontro con Dio. È nella conversione che possiamo incontrare il mistero che si rivela, è nella penitenza purificatrice che noi possiamo scoprire la forza di Dio che parla a ciascuno di noi. Questo mistero già compreso dai profeti si attua nel Cristo, l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, come il Battista, nel deserto, aveva detto.
Galati
San Paolo ci permette di concludere questa riflessione che ci insegna che il Cristo è il centro di ogni preghiera, con questo brano della lettera ai galati. Ragionando sul senso umano della religione, ragionando sul senso dei percorsi di Israele che si esprimono in sintesi nella “legge”, ovvero nelle prescrizioni di Mosè che per il popolo di Israele erano assolutamente imprescindibili, San Paolo afferma che tutto il primo testamento ha avuto il ruolo di un maestro. Come un maestro insegna alcune regole perché lo studente inizi ad imparare i primi rudimenti, così è la legge di Mosè. Come uno studente diventato adulto sa ricercare da solo nuove forme del sapere, così un’anima istruita dalla legge di Dio, sa dilatarsi nell’amore e nella libertà e sa raggiungere il mistero di Dio così come il Signore vuole, superando qualsiasi legge religiosa degli uomini. Paolo recupera in pieno il senso del primo testamento, della prima rivelazione di Dio, senza avere dubbi nel dire che essa è superata dalla rivelazione di Cristo, colui che parla all’uomo del vero volto di amore di Dio Padre.
Il nostro cammino alla luce di questa Parola
Alla luce di questa parola della quinta domenica di Avvento credo che anche noi possiamo comprendere bene che cosa è la preghiera centrata su Cristo.
La preghiera che mette al centro il mistero di Cristo è, per eccellenza, l’Eucarestia. Lo sappiamo, lo diciamo, lo ripetiamo perché tutti possiamo avere sempre più a cuore la celebrazione dell’Eucarestia. Non solo perché è la preghiera della domenica, non solo perché è ciò a cui siamo stati tutti abituati, ma perché, come del resto sappiamo, è l’unica forma di preghiera nella quale non siamo noi, non sono le nostre parole ad essere al centro di tutto, ma è la Parola di Dio, è la sua rivelazione, soprattutto è la sua presenza reale nelle specie eucaristiche. Ne viene che partecipa a questa preghiera, vive la centralità di questa preghiera, chi si nutre del Corpo e del Sangue di Cristo. Le scritture di oggi sono un chiaro invito a lasciare che Cristo venga in noi anche fisicamente, perché noi possiamo riscoprire la bellezza e l’intensità di un cammino di fede che, altrimenti, rimane come monco.
La preghiera cristologica è anche una preghiera di perdono. Non solo questo. La preghiera che mette al centro di tutto il mistero di Cristo è anche una preghiera penitenziale, una preghiera nella quale noi mettiamo al centro di tutto la nostra richiesta di perdono a Dio per le colpe che, comunque, non possiamo presumere di non avere né di toglierci in qualche altro modo. È solo accostandoci al mistero di Cristo che noi possiamo vivere un’esperienza di conversione vera e profonda, lasciando che sia Lui a toglierci le cose che non abbiamo saputo evitare e a donare nuovo slancio al cammino. È propriamente quello che avviene nella confessione, momento di perdono, momento di revisione di vita, momento in cui si può sperimentare con forza l’abbraccio benedicente del Padre.
È Cristo che dà senso ad ogni regola di vita. In quest’ottica è Cristo che dà senso ad ogni regola di vita degli uomini. Detto altrimenti è alla luce del mistero che si rivela in Cristo che trovano senso tutte le norme, le regole di vita secondo la fede che anche i cristiani hanno e vivono. Senza questa illuminazione resterebbe monco il cammino. Il cristiano vive ed anzi recupera anche il senso della legge antica perché è la legge nel mistero di Cristo e comprende che ogni indicazione della libertà che avvicina a Cristo è buona, perseguibile, da tenere in grandissima considerazione se si vuole compiere un cammino di perfezione che sia realmente tale.
La preghiera è fonte di consolazione nelle tribolazioni. Proprio perché la consolazione dello Spirito entra dentro di noi quando noi ci uniamo a Dio, in qualsiasi genere di tribolazione passiamo, noi possiamo conoscere la Consolazione del Padre, che è fonte di ogni consolazione, oltre qualsiasi altra realtà. Come ci consola il Padre? A volte con intuizioni, a volte con certezze che proviamo nel cuore, a volte per mezzo della parola che ci ispira, a volte per mezzo della presenza di altri uomini che sono sul nostro cammino al momento giusto, a volte con quell’insieme di sensazioni difficile da decifrare ma che ci fa capire che stiamo facendo la cosa giusta, a volte per mezzo di altri segni che Egli mette nel nostro cammino… Il Signore consola un po’ come vuole. Non lascia mai cadere invano il grido dei suoi figli che, nella preghiera, chiedono Consolazione o che pregano semplicemente per sentirsi consolati.
Il silenzio è fonte di consolazione. Non un silenzio qualsiasi, ma il silenzio abitato da Dio. Il silenzio nel quale si parla con il Signore, il silenzio nel quale ci si mette alla sua presenza e al suo cospetto, il silenzio nel quale è il cuore che parla al cuore, con sentimenti, emozioni, immagini, suoni… è davvero fonte di consolazione.
Lo Spirito Santo è fonte di consolazione. Lo Spirito è il grande consolatore. Lo Spirito che parla al cuore degli uomini in modo incomprensibile ma reale, differenziato per ciascuno. Lo spirito è il Grande consolatore. Il primo compito dello Spirito consolatore è proprio quello di infondere in noi la conoscenza di Dio, è quello di intercedere per noi, è quello di ispirarci tutte quelle azioni che concretizzano i 7 doni dello Spirito che sono fonte perenne di consolazione.
Maria è fonte di Consolazione. Uno sguardo ed un’ammirazione speciale dobbiamo poi nutrire per la Beata Vergine Maria che è al tempo stesso la “consolata” e la consolatrice. Maria è la consolata perché nei suoi sette dolori viene consolata dalla presenza e dalla potenza dello Spirito. Maria è anche consolatrice perché sostiene i figli che la invocano con quella stessa Consolazione che Lei ha sperimentato per prima. Una preghiera fortemente consolatrice perché preghiera di pace è il Santo Rosario, alla luce del quale tutto diventa più sopportabile.
Per il nostro cammino
Iniziamo l’ultima parte dell’Avvento. Questa settimana, a partire da Venerdì, commemoreremo l’annunzio a San Giuseppe e, poi, vivremo le ferie prenatalizie che sono anche la nostra “novena” di Natale. Credo che da questi richiami della scrittura discendano i richiami per questa nostra parte finale dell’Avvento:
- Prepariamoci ad una confessione che sia un reale incontro con Cristo nella confessione dei peccati commessi. Non solo un momento di routine, non solo una spolverata dell’anima, ma, davvero un incontro con Cristo che dona misericordia.
- Rinnoviamo l’impegno di una S. Messa più seguita. A questo proposito potrebbe essere molto utile il desiderio di vivere insieme le ferie prenatalizie. Credo che questo richiamo sia, per tutti, occasione di meditazione sulla Parola di Dio, primo incontro con il mistero di Dio, che si compie poi nella celebrazione della presenza di Cristo tra noi. E’ il sostegno più importante perché ci sia un Natale non solo dell’uomo, della famiglia, dei ricordi, ma soprattutto della fede.
Vorrei concludere ricordando a tutti la preghiera di San Paolo VI: Cristo tu sei necessario.
O Cristo, nostro unico mediatore, Tu ci sei necessario:
per vivere in Comunione con Dio Padre;
per diventare con te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi;
per essere rigenerati nello Spirito Santo.
Tu ci sei necessario,
o solo vero maestro delle verità recondite e indispensabili della vita,
per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo.
Tu ci sei necessario, o Redentore nostro,
per scoprire la nostra miseria e per guarirla;
per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità;
per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.
Tu ci sei necessario, o fratello primogenito del genere umano,
per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini,
i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace.
Tu ci sei necessario, o grande paziente dei nostri dolori,
per conoscere il senso della sofferenza
e per dare ad essa un valore di espiazione e di redenzione.
Tu ci sei necessario, o vincitore della morte,
per liberarci dalla disperazione e dalla negazione,
e per avere certezze che non tradiscono in eterno.
Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi,
per imparare l’amore vero e camminare nella gioia e nella forza della tua carità,
lungo il cammino della nostra vita faticosa,
fino all’incontro finale con Te amato, con Te atteso,
con Te benedetto nei secoli.