Settimana della quinta domenica dopo l’Epifania – mercoledì
Meditiamo insieme le Scritture.
Siracide
Sir 38, 34c – 39, 10
Lettura del libro del Siracide
Differente è il caso di chi si applica a meditare la legge dell’Altissimo. Egli ricerca la sapienza di tutti gli antichi e si dedica allo studio delle profezie. Conserva i detti degli uomini famosi e penetra le sottigliezze delle parabole, ricerca il senso recondito dei proverbi e si occupa degli enigmi delle parabole. Svolge il suo compito fra i grandi, lo si vede tra i capi, viaggia in terre di popoli stranieri, sperimentando il bene e il male in mezzo agli uomini. Gli sta a cuore alzarsi di buon mattino per il Signore, che lo ha creato; davanti all’Altissimo fa la sua supplica, apre la sua bocca alla preghiera e implora per i suoi peccati. Se il Signore, che è grande, vorrà, egli sarà ricolmato di spirito d’intelligenza: come pioggia effonderà le parole della sua sapienza e nella preghiera renderà lode al Signore. Saprà orientare il suo consiglio e la sua scienza e riflettere sui segreti di Dio. Manifesterà la dottrina del suo insegnamento, si vanterà della legge dell’alleanza del Signore.
Molti loderanno la sua intelligenza, egli non sarà mai dimenticato; non scomparirà il suo ricordo, il suo nome vivrà di generazione in generazione. I popoli parleranno della sua sapienza, l’assemblea proclamerà la sua lode.
Uno stupendo ritratto del credente. Ecco la sintesi del libro del Siracide di oggi. Diceva infatti il sapiente: “svolge il suo compito, viaggia in terre straniere sperimentando il bene e il male in mezzo agli uomini, gli sta a cuore alzarsi di buon mattino per il Signore, davanti all’Altissimo fare la sua supplica”. Il credente è così in ogni tempo, si occupa delle molte cose della sua vita, viaggia in mezzo ai popoli per portare a termine il suo lavoro, si dà da fare in ogni dimensione dell’esistenza, ma non dimentica Dio. Si alza con il pensiero di lodare il Signore, si sente accompagnato in tutta la sua giornata, alla sera rimette di nuovo tutto nelle mani di Dio. Il sapiente, già molti secoli fa, ci dava questo ritratto bellissimo del credente che vive nel suo tempo, si occupa delle cose della sua vita, senza dimenticare Dio.
Vangelo
Mc 8, 1-9
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco
In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, il Signore Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò.
Esattamente come quegli uomini che hanno seguito Gesù. In mezzo alle faccende della loro vita, tra gli impegni delle loro giornate, pur immersi nel loro lavoro, hanno deciso di seguire il Signore per un giorno, quasi prendendosi una pausa. Senza preoccuparsi di nulla, nemmeno del cibo, se il Signore dovette constatare la loro indigenza, e avere “compassione di loro”. Compassione che si trasforma in premura: partire dai 7 pani che ci sono per condividerli e moltiplicarli, perché bastino per tutti. Un segno evidente, un chiaro riferimento per il cristiano alla centralità dell’Eucarestia. Possono essere molti e diverse le cose di cui si occupa un cristiano, ma al centro di tutto rimane quel “pane di vita” che dà senso a tutto ciò che si fa, che, perfino, toglie la stanchezza delle molte cose della vita, dal momento che, quando tutto è nelle mani di Dio, tutto è al sicuro.
Per Noi
Mi domando seriamente se questo è il ritratto del credente di oggi. Mi domando seriamente se questo è il ritratto di ciascuno di noi.
- Noi ci alziamo al mattino convinti che dare lode a Dio sia il nostro compito?
- Ci sentiamo sostenuti dalla sua costante presenza in tutte le cose della giornata?
- Alla sera chiudiamo la nostra esperienza nel tempo ancora pensando a Dio?
- L’Eucarestia è davvero, per noi, sostegno per le molte opere della giornata?
Forse, generalmente parlando, non è poi tanto così! Sono molti i credenti che non si ricordano di Dio se non di domenica, quando va già bene. Mi pare che molti nostri ragazzi stiano crescendo senza riferimento personale a Dio, senza che ciascun giorno abbia il suo momento di preghiera, il suo momento di lode del Padre. Credo che le scritture di oggi siano state molto chiare. Quando viene meno questo contesto, quando viene meno questo riferimento, tutto va un po’ in crisi e il credente perde quel tratto della sua specificità che lo dovrebbe distinguere dalle altre persone. Che cosa ci deve distinguere dagli altri se non il costante rimando a Dio?
Che cosa ci deve distinguere dagli altri se non il costante riferimento alla sua bontà, alla sua misericordia, alla sua presenza? Custodiamo il senso della presenza di Dio nelle nostre esistenze: renderemo ragione della nostra fede, daremo una forte speranza alle nostre vite, costruiremo quella casa sulla roccia che è una fede che non viene meno, nemmeno in mezzo alle 1000 cose di cui è fatta la vita di ciascuno di noi.