Penultima dopo l’Epifania – giornata per la vita
Per introdurci
Sebbene con una settimana di ritardo rispetto alla Chiesa nazionale, celebriamo oggi la giornata della vita. I Vescovi ci interrogano con 6 domande essenziali che vi ripropongo.
Siamo sicuri che la banalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza elimini la ferita profonda che genera nell’animo di molte donne che vi hanno fatto ricorso?
Siamo sicuri che il suicidio assistito o l’eutanasia rispettino fino in fondo la libertà di chi li sceglie – spesso sfinito dalla carenza di cure e relazioni – e manifestino vero e responsabile affetto da parte di chi li accompagna a morire?
Siamo sicuri che la radice profonda dei femminicidi, della violenza sui bambini, dell’aggressività delle baby gang… non sia proprio questa cultura di crescente dissacrazione della vita?
Siamo sicuri che dietro il crescente fenomeno dei suicidi, anche giovanili, non ci sia l’idea che “la vita è mia e ne faccio quello che voglio?”
Siamo sicuri che la chiusura verso i migranti e i rifugiati e l’indifferenza per le cause che li muovono siano la strategia più efficace e dignitosa per gestire quella che non è più solo un’emergenza?
Siamo sicuri che la guerra, in Ucraina come nei Paesi dei tanti “conflitti dimenticati”, sia davvero capace di superare i motivi da cui nasce? La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione»
La Parola di Dio
LETTURA Bar 1, 15a; 2, 9-15a
Lettura del profeta Baruc
Direte in quei giorni: «Il Signore ha vegliato su questi mali e li ha mandati sopra di noi, poiché egli è giusto in tutte le opere che ci ha comandato, mentre noi non abbiamo dato ascolto alla sua voce, camminando secondo i decreti che aveva posto davanti al nostro volto. Ora, Signore, Dio d’Israele, che hai fatto uscire il tuo popolo dall’Egitto con mano forte, con segni e prodigi, con grande potenza e braccio possente e ti sei fatto un nome, qual è oggi, noi abbiamo peccato, siamo stati empi, siamo stati ingiusti, Signore, nostro Dio, verso tutti i tuoi comandamenti. Allontana da noi la tua collera, perché siamo rimasti pochi in mezzo alle nazioni fra le quali tu ci hai dispersi. Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovare grazia davanti a coloro che ci hanno deportati, perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore, nostro Dio».
SALMO Sal 105 (106)
Rendete grazie al Signore,
il suo amore e per sempre.
Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie. R
Non si ricordarono della grandezza del tuo amore
e si ribellarono presso il mare, presso il Mar Rosso.
Ma Dio li salvò per il suo nome,
per far conoscere la sua potenza. R
Molte volte li aveva liberati,
eppure si ostinarono nei loro progetti
e furono abbattuti per le loro colpe;
ma egli vide la loro angustia, quando udì il loro grido. R
Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione, per il suo grande amore.
Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci dalle genti,
perché ringraziamo il tuo nome santo. R
EPISTOLA Rm 7, 1-6a
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
O forse ignorate, fratelli – parlo a gente che conosce la legge – che la legge ha potere sull’uomo solo per il tempo in cui egli vive? La donna sposata, infatti, per legge è legata al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è liberata dalla legge che la lega al marito. Ella sarà dunque considerata adultera se passa a un altro uomo mentre il marito vive; ma se il marito muore ella è libera dalla legge, tanto che non è più adultera se passa a un altro uomo. Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla Legge per appartenere a un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio. Quando infatti eravamo nella debolezza della carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla Legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. Ora invece, morti a ciò che ci teneva prigionieri, siamo stati liberati dalla Legge per servire secondo lo Spirito, che è nuovo.
VANGELO Gv 8, 1-11
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Vangelo
Partiamo dal Vangelo. In fondo le domande dei vescovi possono essere un modo di interpretare il caso. Perché Gesù, che se ne sta in silenzio, che scrive per terra, che lascia che tutti dicano la loro per poi chiudere il caso con una frase di sapienza, in fondo, sta dicendo le stesse cose. È come se Gesù avesse detto: siamo sicuri che uccidere questa donna sia la soluzione? Siamo sicuri che non custodire il rapporto di amore che lega un uomo ad una donna non sia la via giusta per risolvere il caso? Siamo sicuri che non ci siano altri peccati che, in fondo, sono anche più gravi e gridano verso Dio perché sono peccati che sfruttano gli uomini? Siamo sicuri di essere così puri da poterci permettere di lapidare questa donna?
Domande che noi possiamo immaginare ma, evidentemente, il modo di fare di Gesù, il suo silenzio di rispetto sia dell’accusata che degli accusatori, sia della donna che degli uomini che sono lì per accusarla, fa breccia nel cuore di tutti. Soprattutto quella frase di sapienza: “chi è senza peccato scagli contro di lei la prima pietra”, mette tutti sull’attenti. Chi, se non Gesù, avrebbe potuto scagliare una pietra? Eppure, Gesù non solo non lo fa, ma impiega il suo tempo a spiegare perché nemmeno gli uomini devono farlo. Se l’uomo è immagine e somiglianza di Dio, e se Dio è misericordia e perdono, allora anche l’uomo deve impegnarsi a debellare il male senza togliere di mezzo la vita dei peccatori. In fondo togliere di mezzo chi compie il male, benché nell’intenzione originaria volesse essere un modo per mantenere puro il cuore di tutto un popolo che cerca il Signore, è la via più semplice. È più facile togliere di mezzo chi fa il male che insegnare a tutti a compiere il bene. È più facile togliere di mezzo la vita di chi sembra attentare al bene che impegnarsi per un’azione sulle coscienze che insegni davvero a tendere al bene con tutte le proprie forze. Gesù fa questo. Insegna a compiere il bene. Quando dice alla donna: “và e non peccare più”, certamente vuole comunicarle tutto l’amore di Dio che è misericordia, ma vuole anche insegnarle che c’è un modo diverso di vivere l’amore, c’è un modo per cui si custodiscono gli affetti invece di sciuparli, c’è un modo per preservare il cammino della fedeltà invece che deriderlo. Gesù fa questo. Insegna una via.
“Neanch’io ti condanno”. Questa è la via. La via della non condanna, la via della comprensione e, soprattutto, la via della chiarezza. Quando i principi sono chiaro, quando è chiara la proposta, allora l’uomo si sente invitato a compiere il bene. Quando i principi sono nebulosi, quando le cose non sono chiare, quando manca una forte formazione della coscienza, è allora che, da un lato ci si lascia andare a qualsiasi genere di immoralità, dall’altro si cerca un recupero che passi attraverso la forza. Ma questo, da che mondo è mondo, non serve per educare le coscienze. Solo la pazienza della misericordia educa all’amore.
Baruc
Lo aveva ben intuito il profeta che, con il suo linguaggio antico, insegna che è il non rispetto di Dio che porta a non essere equi, a non essere giusti. “Abbiamo peccato, siamo stati empi, siamo stato ingiusti, Signore, verso i tuoi comandamenti”. Il profeta dimostra di avere una consapevolezza unica. Egli sa che il comandamento di Dio è giustizia, rispetto, vita, custodia dell’altro. Ora, il profeta vede nel suo mondo esattamente l’opposto: mancanza di custodia dei sentimenti, senso di rivalsa e sopraffazione sugli altri, assoluta mancanza di rispetto per la vita dell’uomo, in varie forme. Baruc ha la consapevolezza che tutto questo altro non è che il risvolto morale di una crisi di fede profondissima. Crisi di fede che non esita a denunciare davanti a tutti. Denuncia forte, che vuole essere un richiamo a Dio, un richiamo alla fede. Solo quando si sarà ristabilita una concezione di fede più forte, sarà possibile avere a cuore tutto ciò che salvaguarda la vita dell’uomo. Senza una fede forte, sarà impossibile fare questo. Non sono le norme a garantire la salvaguardia dell’integrità della vita, ma è una coscienza formata che diventa capace di correggere il modo sbagliato di vivere di molti.
Romani
Come anche dice San Paolo che insegna che ci sono alcune “debolezze della carne” che attirano l’uomo, ma che non liberano la sua coscienza. Anzi, lo rendono schiavo di tutte le passioni che si possono accendere nel cuore degli uomini stessi. Solo quando si comprende che “voi, mediante il corpo di Cristo, siete messi a morte quanto alla legge per appartenere ad un altro, a colui che vi ha risuscitato dai morti, affinché portiamo frutti per Dio”, si entra in quel principio di rinnovamento della coscienza che genera frutti buoni per il singolo e per la società in cui vive. Questa dovrebbe essere la nostra identità. Noi, come battezzati, come credenti, apparteniamo a Cristo. È questa novità di vita che dovrebbe farci pensare le cose in modo nuovo e diverso da quello che l’uomo pensa quando è lasciato a sé stesso. È da questa appartenenza che dovrebbe generarsi quel rinnovamento dell’anima e delle coscienze che è salutare per tutti. Paolo, esperto della legge mosaica, giunge a capire che non è la legge, non è l’obbligo a cambiare il cuore dell’uomo. Il comandamento, al massimo, cerca di tutelare ciò che gli uomini non riescono a scegliere. Cambia la coscienza e, quindi, imprime una gerarchia di valori, solo l’appartenere a Cristo. Questo rigenera le coscienze e spinge, sempre, a compiere il bene.
Per il nostro cammino
È in questo senso che noi possiamo rileggere le domande dei vescovi e applicarle a tutti i casi che hanno suscitato le domande. Il punto di partenza per rileggerle, per noi che siamo credenti, è la nostra appartenenza a Cristo, il nostro vuole rinnovare continuamente la nostra mentalità di credenti, per rinnovare incessantemente quella della società in cui siamo inseriti. Chi è inserito in Cristo sempre, necessariamente, rifiuta la cultura di morte e cerca di difendere la cultura della vita.
Lo fa rispetto all’aborto, ricordando che la morte non è mai la scelta giusta. Soprattutto chi appartiene a Cristo ha un modo di vivere l’amore che è completamente diverso da quello di chi banalizza la sessualità e la dignità di uomo che appartiene a qualsiasi uomo e donna sulla faccia della terra.
Lo fa rispetto a femminicidi, sostenendo quella cultura di difesa e di promozione della dignità che può avere a cuore di per sé ogni uomo, ma che il cristiano difende in modo del tutto proprio e singolare.
Lo fa in riferimento ai suicidi giovanili, prendendosi cura dei giovani in modo veramente educativo. A questo proposito sottolineo con forza il valore della comunità educante che, con fatica, cerchiamo di realizzare e che non è ben compreso nemmeno da coloro che ne fanno parte. Come sottolineo anche il fatto che in settimana parte quel percorso denominato “praticamente adolescenti” che si rivolge a tutti i genitori di tutti gli studenti della materna, primaria e secondaria di primo grado, ma che pone sotto gli occhi di tutti quella “emergenza educativa” di cui spesso parliamo. Questo è un modo concreto per dire cosa facciamo noi, in comunione di intenti tra scuola, parrocchia, comune.
Anche il riferimento alla guerra deve essere costante in questo nostro mondo, perché non deva passare come una cosa normale, alla quale ci si abitua. La guerra è una realtà che chiede sempre di essere arginata. Ma perché ciò accada occorre quell’insegnamento della non violenza di cui il Vangelo è gravido.
Infine, credo che l’ambito del fine vita, fortemente richiamati dalle domande dei vescovi, sia un ambito di riflessione sul quale dobbiamo tutti riflettere. Perché, prima o poi, per qualche nostro caro e per noi stessi, dovremo occuparcene. Ecco perché anche a questo proposito segnalo che ci deve essere una novità di vita del credente, che insegna che la vita è dono, anche quando le sue condizioni non sono quelle dell’attività, della forza, dell’intelligenza… a questo proposito segnalo che la risposta concreta sarà far nascere quei dialoghi sul bene comune che già ci hanno visto riflettere insieme lo scorso anno e che quest’anno saranno dedicati proprio a questo tema.
Chiedo anche alle Acli, forza del nostro paese, punto di riferimento per i credenti, stimolo e pungolo alla riflessione anche per i non credenti, di continuare a richiamarci quei valori della fede e del Vangelo che fanno bene a tutti.
In sostanza propongo a tutti di avere una sosta costante perché impariamo a non cedere alla provocazione della cultura della morte, per essere costanti nella riflessione per il bene sulla via della v