Domenica 12 marzo 2023

Di Abramo

Per introdurci

  • Abbiamo scritto la nostra regola di vita per la quaresima?
  • Abbiamo cercato di crescere nella preghiera con coloro che amiamo e per coloro che amiamo?

Iniziamo insieme questa terza settimana di quaresima, quella che ci conduce direttamente alla metà di questo tempo prepasquale. Il che ci suggerisce immediatamente il pensiero di come stia passando velocemente questo tempo, per comprendere che la nostra conversione deve essere sollecita, prima che il tempo termini. Credo che la Parola di Dio di oggi ci inviti a ripensare come pregare con le scritture.

La Parola di Dio 

LETTURA Es 34, 1-10
Lettura del libro dell’Esodo

In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te e non si veda nessuno su tutto il monte; neppure greggi o armenti vengano a pascolare davanti a questo monte». Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità». Il Signore disse: «Ecco, io stabilisco un’alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te».

SALMO Sal 105 (106)

Salvaci, Signore, nostro Dio.

Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie,
non si ricordarono della grandezza del tuo amore. R

Molte volte li aveva liberati,
eppure si ostinarono nei loro progetti.
Ma egli vide la loro angustia,
quando udì il loro grido. R

Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione, per il suo grande amore.
Li affidò alla misericordia
di quelli che li avevano deportati. R

EPISTOLA Gal 3, 6-14
Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati

Fratelli, come Abramo «ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia», riconoscete dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunciò ad Abramo: «In te saranno benedette tutte le nazioni». Di conseguenza, quelli che vengono dalla fede sono benedetti insieme ad Abramo, che credette. Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: «Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica». E che nessuno sia giustificato davanti a Dio per la Legge risulta dal fatto che «il giusto per fede vivrà». Ma la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice: «Chi metterà in pratica queste cose, vivrà grazie ad esse». Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: «Maledetto chi è appeso al legno», perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito.

VANGELO Gv 8, 31-59
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Vangelo

A suggerirmi questo possibile pensiero ed attualizzazione è il vangelo, predicazione del Signore che ha davvero dello scandaloso. Provate a pensare. Si diceva chiaramente che Gesù, una volta tanto, era in presenza di quei “giudei che avevano creduto in Lui”. Normalmente il vangelo ci mostra un contesto giudaico di opposizione al Signore, qui, invece, siamo in presenza di un altro atteggiamento. Perché, dunque, irritarli? Perché metterli in uno stato di profonda rabbia tanto che, come sentivamo alla fine del Vangelo, “raccolsero delle pietre per scagliarle contro di lui?”. Qual è, dunque, il motivo di questa irritazione?

Il primo motivo è rintracciabile attorno al tema della libertà: “se rimarrete nella mia parola, sarete miei discepoli, conoscerete la Verità e la verità vi farà liberi”. Israele era rimasto schiavo per più di una volta. La prima in Egitto, dopo la discesa al tempo di Giuseppe. La liberazione da quella schiavitù era stata opera di Mosè. Poi la deportazione a Babilonia, l’esilio, altro tempo nero per il popolo tutto, altra perdita della libertà. I profeti, Giosia, Neemia, erano stati i grandi del ritorno e della ricostruzione di Israele. Israele, dunque, aveva conosciuto la deportazione, l’esilio, la schiavitù, la perdita della libertà e di ogni altro bene. Andava orgoglioso di quella sua libertà di cui poteva godere. Certo, libertà condizionata: ricordiamo che, in quel momento, Israele era occupato dai romani, ma pur sempre libertà.

C’è una seconda sottolineatura, perché Gesù spiega poi che si riferisce ad una concezione più profonda della libertà, la libertà dal peccato. “Chi commette peccato è schiavo del peccato”. Sottolineatura anch’essa irritante. Israele si riteneva popolo di salvati proprio a causa della legge di Mosè, che Dio aveva dato attraverso il grande profeta. Quella legge che era depositata nei cuori, era la prova che Dio amava Israele, perché Israele era diverso. Non un popolo dannato, non una massa di uomini destinati all’inferno, ma un popolo di uomini giusti, che aveva nella legge l’espressione fondamentale della sua giustizia. Ora, dire che anche in Israele c’erano uomini provati dal peccato e schiacciati da esso, era come dire che il popolo di Dio era uguale a tutti gli altri. Cosa del tutto insopportabile.

C’è un terzo motivo che irrita gli interlocutori di Gesù. Gesù dice che occorre rimanere discepoli, occorre farsi ricercatori della Verità. Cosa del tutto insopportabile, perché la verità non andava cercata nella loro opinione. Dio che è Verità si era già rivelato. Cosa poteva esserci da cercare ancora? La via era chiara: seguire i suoi precetti. Cosa intendeva dire Gesù d’altro? Così dicendo Gesù mette in discussione Abramo, il principio, l’origine del popolo stesso. Impossibile toccare il grande patriarca ma impossibile anche mettere in discussione che la loro fede era autentica e sincera.

Ecco dunque tre motivi per i quali Gesù irrita fortemente e gravemente il popolo al quale egli stesso appartiene e rovina, per così dire, i rapporti con coloro che avevano creduto in lui o, per lo meno, si erano disposti a farlo. Posizione che rimane irrecuperabile e che segnerà un ulteriore distanza di tutto il popolo di Israele dalla predicazione del Signore e dalla sua rivelazione.

Esodo

Eppure, le scritture antiche avevano già parlato chiaro. Mosè, dopo essere salito sul monte a prendere le tavole della legge, come tutti ricordiamo, aveva dovuto distruggerle, proprio a causa del peccato degli ebrei. Dopo la loro purificazione, ed eccoci alla scrittura di oggi, Mosè era risalito sul monte a riprendere le tavole della legge, insenando che Dio è paziente, longanime, che “conserva il suo amore per mille generazioni”, ma è anche il Dio che chiede fedeltà, che richiama alla Verità, che spinge il suo popolo a farsi ricercatore di quella verità che non può mai ritenersi per data ma che è sempre in divenire. Così è la conoscenza dell’uomo. Ecco perché di fronte a Dio che è verità immutabile, l’uomo sta sempre come creatura che deve sempre approfondire la conoscenza con il suo creatore.

Galati

Così San Paolo. Egli ha capito profondamente il senso della rivelazione fatta ad Abramo, ha compreso che “in lui si sarebbero dette benedette tutte le genti della terra”, ovvero che chiunque si sarebbe reso ricercatore della verità di Dio, avrebbe trovato in Abramo un padre, un punto di riferimento, un richiamo, un esempio e un modello. Paolo, da ebreo educato nella comprensione e nella fedeltà alla legge, comprende che quello era stato il modo con il quale Dio aveva educato il suo popolo alla verità e alla libertà. Rivelazione che diventa piena, definitiva e ultima in Gesù Cristo. Ecco perché chi vuole vivere una ricerca della Verità che giunga al suo temine, deve necessariamente incontrare la rivelazione di Cristo. Così pure come chi vuole vivere un’esperienza di libertà autentica. Poiché la libertà viene solo da Dio e si vivifica solo nel costante rapporto con Lui, è solo in Cristo che si incontra questa vera libertà, dal momento che Cristo è venuto per liberare dal peccato tutti gli uomini che, differentemente, sarebbero ancora schiavi del proprio peccato.

Per il nostro cammino

Ecco il contenuto preziosissimo della scrittura che ora costringe anche noi a riflettere.

Quaresima è il tempo per prendere coscienza che anche noi siamo schiavi del peccato. Ciascuno ha i suoi, ciascuno ha la sua fattispecie, ma più rendiamo profondo il cammino di fede, più comprendiamo che, davvero, noi siamo fatti per la libertà, eppure la nostra libertà continua a rendersi schiava del peccato. Ecco il primo richiamo per questa domenica e per questa settimana. Se vuoi rendere libera la tua vita, tu potrai farlo solo in una seria contemplazione del mistero di Dio, al quale sei invitato a confessare i tuoi peccati perché tu possa riprendere seriamente il tuo cammino di libertà. Anche noi, parlando in termini umani, siamo liberi, anzi, facciamo della libertà delle nostre società occidentali, una bandiera da difendere strenuamente e giustamente. Eppure, a poco varrebbe questa libertà esteriore se non raggiungessimo quella interiore, che è libertà dal peccato che ci opprime e che grava sempre su di noi come un macigno.

Una seconda profondissima provocazione. Quaresima è il tempo perché noi tutti, accostandoci a Dio, scopriamo cosa è la Verità. Qui raggiungiamo una delle meditazioni più difficili circa la fede. Spesso, infatti, crediamo che le religioni siano un po’ tutte uguali e facciamo di ciascuna di esse un’espressione culturale. Non è propriamente così. Se è vero che ogni religione è il tentativo dell’uomo di cercare Dio, la rivelazione cristiana sta su un altro piano. È Dio che si rivela all’uomo in Gesù Cristo. La rivelazione di Dio da parte di Cristo è la rivelazione stessa della verità di Dio. Dio si rivela come paziente, longanime, pronto a mantenere il suo favore, come abbiamo sentito dalla scrittura. Approfondire questa rivelazione nella relazione personale di fede, è il compito del cristiano. Nessuno può dire di avere la verità in tasca. Ciascuno, però, può dire che poiché Dio è verità e poiché Dio si rivela in Cristo, conoscere la rivelazione avvenuta in Cristo e camminare come fedeli discepoli di Cristo, è il modo per conoscere la verità e per rendersi di essa discepoli.

Come fare? Come si fa a rimanere discepoli e a perseverare in un cammino di costante ricerca della verità di Dio? il vangelo ce lo ha detto in maniera chiara. Gesù ha legato insieme le tre cose. Il permanere discepoli, il cercare la verità di Dio, lo sperimentare una libertà autentica, sono tutti esiti possibili di un cammino dove si mette al centro la Parola di Dio. Poiché la rivelazione di Dio è legata alla sua Parola, conoscere, amare, approfondire la sua Parola è la condizione per liberarsi dai propri peccati, e dunque fare un’esperienza di libertà grande e profonda; è occasione per conoscere Dio, che ha rivelato sé stesso nella sua Parola che è Gesù Cristo; è anche occasione per rimanere costantemente discepoli.

Nella duplice direzione possibile. La parola che si rivela è Gesù Cristo, la sua persona. Mettere al centro il suo Vangelo, mettere in una vita di preghiera autentica e seria la sua parola è il primo passo per vivere questi tre esiti di cui ci parlava la Scrittura. Il che ci spinge a domandarci, per la nostra revisione quaresimale, ma è davvero così nel nostro itinerario di fede? Con tutti i richiami che abbiamo, siamo davvero capaci di rimettere al centro la Parola di Dio? potremmo anche chiederci come abbiamo accolto l’invito a leggere, studiare, interpretare e vivere il discorso della montagna che sta accompagnando i giorni feriali della quaresima. Dal momento che il discorso della montagna è centrale per la nostra vita di fede, noi lo conosciamo? Lo stiamo approfondendo? Stiamo cercando di viverlo?

Poi c’è l’altra direzione. Cristo è la Parola incarnata che si dona a noi nell’eucarestia. La sola Parola senza la forza dell’eucarestia, perde il suo fascino e perde anche parte della sua stessa forza di conversione. Rimanere discepoli implica non solo che leggiamo la scrittura, ma anche che ci cibiamo di Cristo. È l’Eucarestia ricevuta con fede nel cuore che ci aiuta a camminare dietro al Signore Gesù, ovvero a rimanere sempre discepoli. È l’Eucarestia celebrata con fedeltà che ci permette di non montare in superbia e di saperci sempre discepoli di quel Signore che continuamente rivela a noi il volto misericordioso del Padre. Non mancano, credo, gli inviti. Stiamo raccogliendo questi inviti? Noi che siamo qui di domenica, ci stiamo scegliendo un giorno alla settimana nel quale vivere con più fede e con profonda partecipazione la celebrazione eucaristica?

Ecco alcune tracce per rendere più bello, più vero il nostro cammino quaresimale in questa terza domenica e in questa terza settimana di quaresima. Lasciamo che il Signore ci converta e ci guidi a quella profondità di relazione con lui che egli vuole trovare in noi, non solo in questo tempo santo.

2023-04-01T17:05:17+02:00