Settimana autentica – martedì
La paura della folla
Anche oggi cerco di trovare nel Vangelo un’indicazione che possa permetterci di vivere bene e anche di concludere il nostro itinerario quaresimale tutto volto alla ricerca delle paure che sono dentro di noi. Mi pare che possiamo trovare nella “paura della folla” un atteggiamento utile per la riflessione e la preghiera.
La Parola di Dio per questo giorno
GIOBBE 16, 1-20
Lettura del libro di Giobbe
In quei giorni. Giobbe prese a dire: «Ne ho udite già molte di cose simili! Siete tutti consolatori molesti. Non avranno termine le parole campate in aria? O che cosa ti spinge a rispondere? Anch’io sarei capace di parlare come voi, se voi foste al mio posto: comporrei con eleganza parole contro di voi e scuoterei il mio capo su di voi. Vi potrei incoraggiare con la bocca e il movimento delle mie labbra potrebbe darvi sollievo. Ma se parlo, non si placa il mio dolore; se taccio, che cosa lo allontana da me? Ora però egli mi toglie le forze, ha distrutto tutti i miei congiunti e mi opprime. Si è costituito testimone ed è insorto contro di me: il mio calunniatore mi accusa in faccia. La sua collera mi dilania e mi perseguita; digrigna i denti contro di me, il mio nemico su di me aguzza gli occhi. Spalancano la bocca contro di me, mi schiaffeggiano con insulti, insieme si alleano contro di me. Dio mi consegna come preda all’empio, e mi getta nelle mani dei malvagi. Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha scosso, mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato; ha fatto di me il suo bersaglio. I suoi arcieri mi circondano; mi trafigge le reni senza pietà, versa a terra il mio fiele, mi apre ferita su ferita, mi si avventa contro come un guerriero. Ho cucito un sacco sulla mia pelle e ho prostrato la fronte nella polvere. La mia faccia è rossa per il pianto e un’ombra mortale mi vela le palpebre, benché non ci sia violenza nelle mie mani e sia pura la mia preghiera. O terra, non coprire il mio sangue né un luogo segreto trattenga il mio grido! Ecco, fin d’ora il mio testimone è nei cieli, il mio difensore è lassù. I miei amici mi scherniscono, rivolto a Dio, versa lacrime il mio occhio».
SALMO Sal 118 (119), 161-168
Dal profondo a te grido, Signore; ascolta la mia voce.
I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme solo le tue parole.
Io gioisco per la tua promessa,
come chi trova un grande bottino. R
Odio la menzogna e la detesto,
amo la tua legge.
Sette volte al giorno io ti lodo,
per i tuoi giusti giudizi. R
Grande pace per chi ama la tua legge:
nel suo cammino non trova inciampo.
Aspetto da te la salvezza, Signore,
e metto in pratica i tuoi comandi. R
Io osservo i tuoi insegnamenti
e li amo intensamente.
Osservo i tuoi precetti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie. R
TOBIA 11, 5-14
Lettura del libro di Tobia
In quei giorni. Anna sedeva scrutando la strada per la quale era partito il figlio. Quando si accorse che stava arrivando, disse al padre di lui: «Ecco, sta tornando tuo figlio con l’uomo che l’accompagnava». Raffaele disse a Tobia, prima che si avvicinasse al padre: «Io so che i suoi occhi si apriranno. Spalma il fiele del pesce sui suoi occhi; il farmaco intaccherà e asporterà come scaglie le macchie bianche dai suoi occhi. Così tuo padre riavrà la vista e vedrà la luce». Anna corse avanti e si gettò al collo di suo figlio dicendogli: «Ti rivedo, o figlio. Ora posso morire!». E si mise a piangere. Tobi si alzò e, incespicando, uscì dalla porta del cortile. Tobia gli andò incontro, tenendo in mano il fiele del pesce. Soffiò sui suoi occhi e lo trasse vicino, dicendo: «Coraggio, padre!». Gli applicò il farmaco e lo lasciò agire, poi distaccò con le mani le scaglie bianche dai margini degli occhi. Tobi gli si buttò al collo e pianse, dicendo: «Ti vedo, figlio, luce dei miei occhi!». E aggiunse: «Benedetto Dio! Benedetto il suo grande nome! Benedetti tutti i suoi angeli santi! Sia il suo santo nome su di noi e siano benedetti i suoi angeli per tutti i secoli. Perché egli mi ha colpito, ma ora io contemplo mio figlio Tobia».
VANGELO Mt 26, 1-5
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Terminati tutti questi discorsi, il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso». Allora i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa, e tennero consiglio per catturare Gesù con un inganno e farlo morire. Dicevano però: «Non durante la festa, perché non avvenga una rivolta fra il popolo».
Vangelo
Il primo protagonista che troviamo in queste pagine è un protagonista collettivo e sarà presente nelle diverse scene che rileggeremo, anche nel triduo pasquale. È il collegio dei sommi sacerdoti, un insieme di uomini potenti, influenti, di per sé responsabili della vita del tempio di Gerusalemme e, quindi, della proposta spirituale offerta a tutti ma, proprio per questo, anche molto influenti nella società civile, uomini in grado di condizionare le scelte dei potenti del tempo, uomini che avevano “in mano il popolo”, cioè che erano capaci di condizionare umori e manifestazioni della gente di allora. Uomini di fede, certamente. Fede tradizionale, fatta di riti, prescrizioni, norme, osservanze, decreti. Uomini che, proprio per questo, percepiscono il ministero e la predicazione di Gesù come un possibile ostacolo alla loro azione. Gesù “rivoluziona” il modo di credere comune, predica in modo autorevole e assai diverso dal loro, chiede un cambiamento radicale nel modo di pensare, perfino parla di “distruggere il tempio per riedificarlo in tre giorni”. Sappiamo bene che queste parole si riferiscono al suo corpo, ma chi le udiva per la prima volta doveva rimanere letteralmente sconvolto di fronte alla proposta di Gesù. Questi uomini temono, ed ecco la loro paura, la folla. Quando decidono di mettere fine al ministero di Gesù, quando decidono in qualche modo di arrestarlo e di frapporsi proprio tra il Signore e la folla, temono la reazione. Sanno bene che la folla di Gerusalemme è incontrollabile, è indisciplinata, tumultuosa, irrefrenabile. Ecco emergere il loro atteggiamento fondamentale: il calcolo. Questi uomini cecano di calcolare, pianificare, progettare nei minimi particolari. Pianificando ogni cosa, essi affermano di voler arrestare Gesù, ma hanno paura di come reagirà quella folla che lo osanna, lo segue, lo ascolta. Inoltre essi hanno anche paura di come reagiranno i romani. In caso di tumulto era scontato il loro intervento. Come fare nei giorni della Pasqua? Impossibile pensare di rovinare la più grande festa dell’anno liturgico ebraico. Paure diverse che si sommano, si rincorrono, si ribaltano l’una sopra l’altra. Paure che portano a rimanere attenti senza prendere una decisione ultima. Saranno poi gli eventi e il misterioso piano di Dio a far coincidere le cose. Paure di uomini di fede che, invece di affidarsi a Dio, lo combattono. In nome del calcolo, del potere, della previsione.
La paura della “folla di Gerusalemme” dice tutto questo insieme.
Noi e la paura della folla
Forse qualcuno di noi ha anche paura della folla intesa come l’insieme di molte persone. Forse anche molti di noi preferiscono stare da soli, o in luoghi non frequentati, o in contesti facilmente controllabili, o dai quali è facile uscire. Si tratta di cose legate al carattere, a come si imposta la vita, a come si procede nel cammino umano. Certo il tempo da cui veniamo ha reso più forte questa paura. Ci sono molte persone che soffrono di crisi di ansia o di panico che mettono davvero in forte difficoltà. Paure per le quali ci sono percorsi per uscire da ciò che comportano. Non è però su questo aspetto che mi fermerei.
Piuttosto vorrei soffermarmi su quella paura che porta al calcolo, alla pianificazione, alla determinazione e che, spesso, diventa chiusura nei confronti di Dio.
Per la paura di come ci si presenta agli altri, per la paura di perdere la propria immagine, per la paura di una folla che ci giudica continuamente, molti pianificano il loro comportamento, modificano la propria parola, rendono dipendente dal giudizio degli altri qualsiasi aspetto della vita.
Per uscire dalla paura
Come si esce dalla paura della “folla”? Ricordandoci di ciò che il mistero pasquale ci dice con particolare chiarezza e forza. Ciascun uomo, ciascuna donna, ciascuno di noi è unico, singolare, irripetibile. Ciascuno di noi è stato creato come un essere pieno di splendore agli occhi di Dio, una “unicità benedetta”. Il Signore, nella sua Pasqua, ci dice che, anche se fossimo l’unico uomo o l’unica donna da redimere, egli verrebbe per noi. Anche se fossimo l’unica anima che ancora manca al suo gregge, egli verrebbe e farebbe le stesse cose per la nostra anima. L’unicità, la singolarità di ogni anima è determinante per Cristo. Ecco perché farebbe le stesse cose che hanno colmato il suo mistero di redenzione. L’invito di oggi è, quindi, quello di uscire dal gregge, di non temere il confronto, il giudizio, la critica. L’invito è a non essere fini calcolatori di tutto per perdere, poi, quello che Dio dice, comunica, annuncia, sostiene. Si esce da questa paura solamente quando uno comincia ad essere sé stesso e, come Gesù, decide di realizzare quel compito unico, singolare, irripetibile, che il Signore ha affidato alla nostra vita.
Esercizio quaresimale
- Quando provo la paura esagerata del confronto?
- Quando ciò che pensa la folla è determinante per me?
- Vivo con la consapevolezza di essere una unicità irripetibile?
- Sento la grazia della Pasqua che si avvicina?
Proposito quaresimale
Mi impegno a stare davanti alla Croce per pensare che Dio ha fatto tutto questo solo per me. Sto in silenzio per rimettere nelle mani di Dio la mia unicità benedetta.