Settimana della sesta domenica dopo Pentecoste – Domenica
Che cosa cerchiamo nella vita? Se avessimo davanti il Signore in persona, cosa gli chiederemmo?
Vangelo
Lc 6, 20-31
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti. Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro».
Esodo
Es 33, 18 – 34, 10
Lettura del libro dell’Esodo
In quei giorni. Mosè disse al Signore: «Mostrami la tua gloria!». Rispose: «Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te. A chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò aver misericordia avrò misericordia». Soggiunse: «Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo». Aggiunse il Signore: «Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano, finché non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere». Il Signore disse a Mosè: «Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te e non si veda nessuno su tutto il monte; neppure greggi o armenti vengano a pascolare davanti a questo monte». Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità». Il Signore disse: «Ecco, io stabilisco un’alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te».
Corinzi
1Cor 3, 5-11
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.
Esodo
A suggerirmi la domanda è Mosè che, di fronte al Signore che aveva conosciuto fin dalla manifestazione del roveto ardente in modo del tutto singolare, chiede: “mostrami, Signore la tua gloria”. Avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa, avrebbe potuto pensare a sé stesso, ai suoi bisogni, alle sue fatiche, alle cose che riguardavano la sua vita, e, invece, Mosè chiede solo questo: vedere lo splendore di Dio. È questo il desiderio di Assoluto che lo anima. Mosè vede la gloria di Dio, che non è solo lo splendore del suo volto, giacchè anche per Mosè questa esperienza è riservata al tempo dopo la morte; egli vede “le spalle di Dio”, un modo per dire che Mosè ha intravvisto qualcosa dello splendore del Padre, pur senza possederne la totalità. Piuttosto Mosè viene esaudito in un altro senso: al profeta viene rivelato in cosa consiste l’essenza ultima di Dio: la misericordia. Dio è colui che “conserva il favore fino a 1000 generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione, il peccato”, un modo di esprimersi dell’Antico testamento per dire che Dio è perdono infinito, misericordia senza limiti. Dove sta lo splendore di Dio? Dove sta il culmine della sua rivelazione? Nel perdono! Anche nel perdono personale. Mosè lo avverte. Lui che aveva sempre preso le parti del suo popolo, lui che era anche giunto ad arrabbiarsi con Dio, comprende che quel perdono che è il culmine della rivelazione dell’amore di Dio, investe anche lui, riguarda proprio lui, è la manifestazione personale alla quale Mosè anelava e tendeva.
Vangelo
La scrittura mette sempre in parallelo Mosè e Gesù, come vediamo splendidamente affrescato nella cappella sistina. Mosè è colui che dà la legge dei comandamenti, è colui che ha nel cuore lo splendore della misericordia di Dio e, a nome di Dio, scrive la legge di Israele. Gesù è colui che porta a compimento la rivelazione di amore nella legge delle beatitudini.
Vede la gloria di Dio, per continuare ad usare il linguaggio dell’Esodo, chi si fida di Dio, chi è “povero di spirito”.
Vede la gloria di Dio chi è affamato di verità, di bene, chi, come Mosè, ricerca il vero, il bello, il giusto ogni giorno.
Vede la gloria di Dio chi sa anche andare oltre quelle occasioni di pianto che la vita riserva a ciascuno, perché sa che la dimensione vera alla quale tendere– come dicevamo settimana scorsa – è la vita eterna.
Vede la gloria di Dio anche chi è capace di andare controcorrente, colui che, per testimoniare la sua fede non teme l’insulto, l’incomprensione, la derisione degli altri.
Non vede la gloria di Dio chi si lascia prendere solo dalle cose della vita, colui che è “ricco” e cioè rinchiuso nelle esperienze dell’esistenza.
Non vede la gloria di Dio chi è sazio, chi cerca di chiudere l’orizzonte dell’esistenza solo nelle cose sensibili, quantificabili, accumulabili.
Non vede la gloria di Dio chi è alla ricerca della spensieratezza, di chi cerca solamente di passare i suoi giorni nella ricerca di tutte quelle soddisfazioni immediate che portano a credere solo a quello che si può manipolare.
Non vede la gloria di Dio chi ha a cuore la propria immagine più di ogni altra cosa. La cura esagerata per tutti questi aspetti della vita porta inevitabilmente alla solitudine interiore.
E, ancora, vede la gloria di Dio chi “ama il proprio nemico”, contrariamente a quello che tutti insegnano; chi “benedice chi invece viene con una maledizione”, chi “prega per coloro che ci trattano male”; chi è generoso e dona senza tenere il conto delle cose donate.
È questione di punti di vista, come, appunto, chi si lascia percuotere su entrambe le guance e cioè sposta la testa per vedere quello che una sola prospettiva non è in grado di dare; oppure chi fa esperienza di libertà nel lasciare tunica e mantello, ovvero non si vergogna di mettere a nudo se stesso e di far emergere anche i propri limiti, le proprie difficoltà, le proprie meschinità e fragilità.
Una legge nuova che va oltre ogni limite e che, benchè sia differente nella formulazione dalla legge di Mosè, ne richiama lo spirito. Mosè è stato l’uomo che ha amato Dio senza misura. Ebbene, il Signore insegna una “regola di vita” per amare senza misura. Questo è l’unico modo di avvicinarsi a quella vita eterna che dovrebbe essere il cuore di ogni pensiero.
Corinzi
Cosa desiderava San Paolo? Niente altro che mettere le solide fondamenta in Dio! A San Paolo non interessa possedere alcuna cosa, tantomeno legare a sé le persone delle differenti comunità che ha avuto l’onore di seguire e di apprezzare. Piuttosto ha desiderato solamente che tutti ponessero le loro fondamenta in Dio, perché questo è ciò che sa rendere bella la vita. Quando uno crede in questa verità, quando uno cerca questo per i suoi giorni, tutto il resto viene di conseguenza e passa anche in secondo piano.
Per noi
Nel caldo dell’estate ci viene proposta una riflessione di grande spessore che ci riporta alla domanda: io cosa desidero?
Si impone una riflessione sul desiderio, anzitutto, per capire cosa è e per comprendere quale direzione occorre prendere. Il desiderio, infatti, come dice la parola stessa, è qualcosa che dilata il nostro cuore fino alle stelle. Si sente che c’è la parola “sidera” alla sua radice e, cioè, proprio le stelle. Il desiderio è qualcosa che deve dilatare il tuo cuore, la tua mente, tutte le tue forze, fino alle stelle. Ne viene che tutto il resto, che non porta alle stelle, non è degno di essere desiderato, perché è qualcosa che rinchiude in spazi angusti, mortifica le capacità, non rende ragione della bellezza della vita e di quel tendere a Dio che aveva nel cuore Mosè, o San Paolo o una innumerevole miriade di santi che hanno ripercorso i medesimi passi.
Ecco allora la domanda per noi: io desidero qualcosa che dilata i miei orizzonti o desidero solo cose, realtà tangibili, verificabili, contenibili, circoscrivibili…? Se fossi in questa situazione avrei già mortificato il desiderio ampio, bello, nobile che Dio mette dentro di me. Noi siamo fatti perché, come Mosè, possiamo vedere la gloria di Dio, noi siamo fatti perché, come San Paolo, possiamo essere ben radicati in Dio! Noi siamo fatti perché possiamo vivere quella regola di vita che educa il desiderio che ha dato Gesù e cioè quella regola di vita che consiste nel vivere sempre al massimo, senza misure, nel cercare Dio e, di conseguenza, il bene che da Lui viene. Se io però mi limito, se io non aderisco a questa regola di vita, e io mi mortifico, io non faccio altro che distogliermi da quella regola di vita che, sola, può rendere ragione della mia esistenza e del mio desiderio di infinito.
Anche noi, come i discepoli, come Mosè, cerchiamoci, nella prossima settimana, uno spazio di tempo simile a quel salire sul monte dei discepoli o di Mosè, per cercare di rispondere con profondità e con serietà alla domanda: cosa desidero veramente? Cosa desiderio per la mia vita? Mi faccio bastare delle cose o ho quel desiderio di infinito che accende la passione per il bene, per Dio?