5 di Avvento
Per introdurci
Abbiamo cercato, settimana dopo settimana, di lasciarci sorprendere dalle novità che Dio mette sul nostro cammino. Forse ci siamo perfino stancati o ci siamo distratti e, man mano che si avvicina il Natale abbiamo perso un po’ il gusto di cercare le sorprese di Dio nel nostro personale cammino. Vorrei che ci chiedessimo:
- A che punto siamo della nostra personale attesa?
Perché è chiaro che il cammino della Chiesa continua ad andare avanti, ma potrebbe non essere così per il nostro cammino interiore.
Isaia
Lettura del profeta Isaia
In quei giorni. Isaia disse: «Il Signore aspetta con fiducia per farvi grazia, per questo sorge per avere pietà di voi, perché un Dio giusto è il Signore; beati coloro che sperano in lui. Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme, tu non dovrai più piangere. A un tuo grido di supplica ti farà grazia; appena udrà, ti darà risposta. Anche se il Signore ti darà il pane dell’afflizione e l’acqua della tribolazione, non si terrà più nascosto il tuo maestro; i tuoi occhi vedranno il tuo maestro, i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te: “Questa è la strada, percorretela”, caso mai andiate a destra o a sinistra. Considererai cose immonde le tue immagini ricoperte d’argento; i tuoi idoli rivestiti d’oro getterai via come un oggetto immondo. “Fuori!”, tu dirai loro. Allora egli concederà la pioggia per il seme che avrai seminato nel terreno, e anche il pane, prodotto della terra, sarà abbondante e sostanzioso; in quel giorno il tuo bestiame pascolerà su un vasto prato. I buoi e gli asini che lavorano la terra mangeranno biada saporita, ventilata con la pala e con il vaglio. Su ogni monte e su ogni colle elevato scorreranno canali e torrenti d’acqua nel giorno della grande strage, quando cadranno le torri. La luce della luna sarà come la luce del sole e la luce del sole sarà sette volte di più, come la luce di sette giorni, quando il Signore curerà la piaga del suo popolo».
Corinzi
2Cor 4, 1-6
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo. Al contrario, abbiamo rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza umana, al cospetto di Dio. E se il nostro Vangelo rimane velato, lo è in coloro che si perdono: in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio. Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo.
Vangelo
Gv 3, 23-32a
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c’era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione. Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire». Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito.
Ancora Giovanni il Battista
Il pensiero mi è suggerito ancora dalla figura di Giovanni il battista, che, per la terza domenica, ci aiuta a riflettere in questo percorso di avvento. Giovanni era stato da subito molto chiaro e molto diretto circa la propria identità. Non aveva nascosto nulla e apertamente aveva detto: “non sono io il Cristo”. Eppure la gente aveva prestato poca attenzione a quello che Giovanni diceva e a quella novità che, invece, indicava nel Cristo. Lo si capisce molto bene se, di nuovo deve precisare: “l’amico dello sposo che è presente e l’ascolta, gioisce alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere e io diminuire”. Giovanni sa di essere in presenza del Messia e, comprendendo di non essere stato capito, precisa ulteriormente i limiti del suo mandato e del suo ministero. Egli è come “l’amico dello sposo”, una figura istituzionale che, nel giorno delle nozze, doveva annunciare l’imminente arrivo della corte proveniente dalla casa dello sposo a quelli che si trovavano nella casa della sposa. Giovanni comprende che il suo ruolo è stato questo: traghettare la gente verso la novità di Cristo, metterla in comunicazione con quella fonte di speranza che era ed è il Messia. Giovanni ha capito che, nonostante il suo sforzo, la gente si riferiva ancora a lui, non guardava al Cristo ma si fermava alla sua persona rude e schietta. Per questo ha compreso che occorreva rilanciare il cammino. Il rilancio del cammino è consistito in un progressivo venir meno della sua presenza per lasciare più spazio al Cristo, alla sua parola, ai suoi gesti, ai suoi messaggi nuovi. A persone stanche o sfiduciate, Giovanni ha riaperto l’orizzonte della speranza e ha riacceso nei loro cuori il desiderio di svolgere un cammino di ricerca e di senso.
Il pane dell’afflizione e il vino dell atribolazione
Già Isaia aveva intuito qualcosa del genere. Il profeta era di fronte a persone che si lasciavano andare nel proprio cammino di fede, persone stanche e sfiduciate che, continuamente, rimproveravano al profeta di rivolgere loro una parola di Dio che non corrispondeva a quell’attesa di bene e di pace che oggi uomo porta spontaneamente nel cuore. Il profeta utilizza gli stessi termini che la gente riporta a lui in forma di rimprovero: perché se Dio fa nuove tutte le cose, l’uomo è sempre alle prese con “il pane dell’afflizione e con il vino della tribolazione”? perché, se Dio fa nuove tutte le cose, l’uomo è, di fatto, sempre alle prese con le difficoltà che sembrano perfino sommergerlo e non dargli tregua? Qui la risposta più bella e più forte che il profeta poteva dare: il pane dell’afflizione e il vino della tribolazione non sono occasioni per non vedere Dio presente nella nostra storia. Il profeta, come abbiamo sentito, invitava comunque ad invocare il nome di Dio, perché Egli risponderà. All’uomo stanco, sfiduciato, che non sa trovare più forza per il proprio cammino, il profeta ha il coraggio di rispondere con un richiamo ulteriore alla fede, alla perseveranza, alla ricerca, gettandosi quasi via di dosso il peso e la stanchezza per la ricerca già compiuti. Per fare questo occorrono due cose. Anzitutto uomini e donne di Dio, che sappiano dire: “questa è la strada, percorretela!”, ovvero uomini e donne di Dio che sappiano, con forza e con coraggio, dire apertamente dove si trova la strada per giungere al bene sommo che è Dio stesso. In secondo luogo, occorre che ciascuno dica ai propri idoli, agli idoli che si costruisce nel cammino di vita: “fuori!”. Ovvero occorre decisione e coraggio per seguire la via di Dio, costi quel che costi, estromettendo tutto ciò che non serve, tutto ciò che allontana da Dio, tutto ciò che non serve per vivere con fede e con rinnovata convinzione la propria determinazione per Dio. È da questa determinazione che nascerà un cammino nuovo, cioè una novità di vita che viene da Dio e che trasforma la vita dell’uomo. Le immagini sono quelle del tempo del profeta: una nuova alleanza con la terra che produce maggior quantità di cibo; una corrispondenza tra l’uomo e la natura che non ha pari; una luce che non verrà meno per rischiarare e rallegrare la vita di tutti. Dalla determinazione per Dio nasce un rinnovamento generale della vita di ogni uomo.
Senza perdersi d’animo
Bellissima, infine, l’epistola. Anche Paolo era alle prese con uomini, donne, con credenti che, dopo il fervore iniziale del cammino, incominciavano a sentirne il peso e smettevano di approcciarsi alle cose della fede con quella grinta che, invece, dovrebbe sempre contraddistinguere il cammino dell’uomo che cerca Dio. Ecco che Paolo, a coloro che si perdono per via, dice: “noi non ci perdiamo d’animo”. L’apostolo dice che è possibile ritrovare le ragioni del proprio credere e rimotivare il proprio cammino di fede anche nel momento in cui sembra più stanco e quando sembra più difficile proseguire. Come ci si scuote di dosso la stanchezza? Come ci si riprende d’animo e come si ritrova la forza per continuare a camminare? Ci si riprende dalle difficoltà del camminare solo quando si impara a non essere chiusi su se stessi, a non essere ripiegati sulle proprie cose, a non essere pieni di sé. Con grande determinazione, Paolo diceva che il mistero di Dio non rimane velato solo quando si mette al centro di tutto il Vangelo, quando si smette di pensare solo a sé stessi, al proprio bene, al proprio tornaconto e ci si apre a dimensioni più profonde della vita, allora si riaccende nell’uomo il desiderio di conoscere Dio e di servirlo. “se il vangelo rimane velato, lo è per coloro che si perdono: in loro il dio di questo mondo ha accecato la mente perché non vedano il glorioso splendore di Cristo, che è immagine di Dio”. Come dire: il cammino di fede diventa fiacco, si perde la speranza nel futuro, quando si è troppo ripiegati su se stessi e sulla cose della vita. Si riacquista forza per il cammino di fede, si sente viva speranza nel cuore, quando si lasciano tutte quelle cose che vengono elette fino ad essere quasi come degli dei, e si ritorna al vero Dio che parla a noi attraverso Cristo. Man mano che passa l’angustia per le cose da fare, si apre l’orizzonte della speranza, che è quello della fede, ovvero il frutto di chi conserva nel cuore la Parola di Dio che dona forza ai poveri che si sentono, comunque, in cammino verso l’assoluto.
Per noi
Credo che anche noi possiamo ricevere molti spunti di riflessione.
Anzitutto credo che a tutti sia capitato di vivere momenti in cui, nonostante il proposito buono di seguire il Signore, ci si deve scontrare, poi, con le fatiche del cammino. Anche a questo punto dell’avvento potremmo essere in questa posizione. Anche a questo punto dell’avvento potremmo sperimentare una certa fatica e potremmo anche chiederci, come dicevamo nell’introduzione, quali sono le novità che Dio crea nella nostra vita, dal momento che ci sembra di non vederne troppe. Ecco, se siamo a questo punto anche noi siamo in linea con quello che abbiamo ascoltato. Quindi non perdiamoci d’animo se o quando capita di essere in questa situazione.
In secondo luogo credo che la Parola di Dio ci abbia detto con forza che, quando ci sentiamo così, l’unica cosa da fare è riprendere in mano e con determinazione il cammino e metterci dalla parte di chi sa riprendere slancio di vita attraverso la Parola di Dio che è il Vangelo, quello svelamento dell’immagine di Dio che è Gesù Cristo, come ci ha detto San Paolo, che scuote la nostra esistenza e la nostra vita di fede.
In terzo luogo è chiesto a noi, con determinazione, di dire agli idoli che ci siamo creati: “fuori!”. Non solo riprenderà vigore e slancio il nostro cammino di fede, ma riprenderà colore tutta quanta la nostra esistenza.
Ecco così il programma della quinta settimana di avvento che ci offre la novena come occasione per vivere meglio la nostra preparazione al Natale. Io oso proporre, come già all’inizio dell’avvento, che da giovedì si possa venire a messa tutti i giorni. In particolare mi rivolgo agli adulti, agli studenti dalle superiori in su, perché ci possa essere la determinazione di iniziare un percorso al mattino presto, prima dell’alba, per incontrare il Signore. Forse sarà difficile, forse sarà quasi impossibile, ma io credo che potrebbe dare molto di più. Tutte e tre le scritture ci hanno richiamato con forza questa dimensione di decisione per il bene che dona salvezza all’anima e che rinnova.
Per gli sposi e la famiglia
Anche in questa settimana vogliamo rileggere una frase di Amoris Letitia, dove leggiamo al numero 232: “La storia di una famiglia è solcata da crisi di ogni genere, che sono anche parte della sua drammatica bellezza. Bisogna aiutare a scoprire che una crisi superata non porta ad una relazione meno intensa, ma a migliorare, a sedimentare e a maturare il vino dell’unione. Non si vive insieme per essere sempre meno felici, ma per imparare ad essere felici in modo nuovo, a partire dalle possibilità aperte da una nuova tappa. Ogni crisi implica un apprendistato che permette di incrementare l’intensità della vita condivisa, o almeno di trovare un nuovo senso all’esperienza matrimoniale”. Credo che il papa ci abbia detto bene che non si vive insieme per essere meno felici, ma, caso mai, per aumentare la nostra felicità. La famiglia è il luogo più naturale dove ci si rialza dopo le ferite di un cammino, dove ci si riprende dopo una stanchezza eccessiva, dove si impara a sperare e ad attendere il futuro anche quando tutto sembra andare nella direzione sbagliata. Chiediamo anche noi questa grazia al Signore per noi e per le nostre famiglie!