Settimana della 3 domenica dopo Pentecoste – Domenica
Per introdurci
Di per sé le scritture di oggi sono chiare ed immediatamente comprensibili e ben ne comprendiamo la portata se le inquadriamo nella logica dello svolgimento della storia della salvezza che abbiamo cominciato a rileggere con domenica scorsa: dopo la pagina della creazione, ecco quella della creazione dell’uomo e della donna.
- Quale valore assumono queste scritture nel contesto culturale nel quale ci troviamo?
- Ha ancora senso parlare in questi termini?
Più che mai in questi ultimi anni avvertiamo la difficoltà di parlare di questi argomenti, di creazione, di differenza sessuale, di complementarietà. Eppure non potremmo, come cristiani, rimanere tranquilli se non entrassimo nel profondo senso di queste scritture per trarne luci per la riflessione anche in un tempo così complicato come lo è il nostro.
Genesi
Gen 2, 18-25
Lettura del libro della Genesi
In quei giorni. Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna.
Efesini
Ef 5, 21-33
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito.
Vangelo
Mc 10, 1-12
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco
In quel tempo. Partito di là, il Signore Gesù venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione “li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola”. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Genesi
Il primo racconto è quello che non solo dà il tono a questa domenica, ma che ne traccia anche il senso. Siamo nella logica dei racconti, non della descrizione delle cronache e, quindi, è evidente che si usino simboli che creano punti di riferimento imprescindibili per la comprensione e la riflessione di fede.
Il primo cardine riguarda Dio creatore. Egli, pur essendo il creatore di tutto non vuole essere solo. Egli associa da subito a sé l’uomo, che ha creato a sua immagine e somiglianza. È lui che dovrà agire all’interno della creazione, è lui che dovrà “dare il nome alle cose”, cioè decidere delle cose stesse, in relazione a quell’operare nella creazione per la quale l’uomo è stato creato.
Il secondo simbolo riguarda questo “sonno” che scende su “Adamo” perché, nel suo sonno, Dio possa creare per lui una donna. Simbolo che intende dire che alcune cose non si possono comprendere con la ragione fino in fondo. La creazione degli uomini e delle donne rimane un mistero avvolto nelle mani di Dio. La vita stessa è mistero. Mistero che viene da Dio, l’unico che “possiede” la vita, mentre tutti gli altri esseri la ricevono come dono.
Il cuore di tutti i simboli utilizzati dalla scrittura è però certamente questa definizione della donna: un “aiuto che gli corrispondesse”. Naturalmente la traduzione riesce a dire solo in parte ciò che la scrittura intende significare. Il testo vuole significare che l’uomo, nella sua solitudine, è incompleto. Gli occorre una “relazione di aiuto” per essere completo e per portare a termine quel ruolo di vertice e collaboratore della creazione che il Signore gli ha assegnato. Il termine “aiuto”, come lo troviamo tradotto, indica due cose: il sostegno degli zoppi e colui che indica la via del servizio dei poveri. Dunque la donna è questo: il sostegno della vita dell’uomo ma anche colei che indirizza la vita dell’uomo perché egli possa trovare il senso dei suoi giorni; colei alla quale l’uomo deve affidarsi quasi appoggiandosi, come fa un claudicante con l’amico che gli fa da sostegno, ma anche colei che rimanda l’uomo a trovare il senso e il compimento dei suoi giorni nel servizio al povero, all’umile, all’indifeso e, naturalmente, colei che rimanda a prendersi cura di quella creazione nella quale l’uomo è stato inserito e che rimane sempre dono da accogliere con gratitudine, rispetto, senso di custodia.
Infine il simbolo dell’essere “una carne sola”, evidentemente riferito all’unione sessuale dell’uomo e della donna in vista del ritrovamento di quella unità che è la vera immagine e somiglianza di Dio ed anche il rimando a continuare l’opera della creazione nella generazione di figli. In questo l’uomo è pienamente collaboratore della creazione secondo il disegno di Dio.
Efesini
Così impostato il discorso, è chiaro che la scrittura insegna l’assoluta parità nella dignità ma anche l’assoluta reciprocità che intercorre tra l’uomo e la donna. È questo il cuore dell’insegnamento paolino, che noi facilmente consideriamo assai lontano dal nostro sentire. L’apostolo, affermando che l’uomo è “sottomesso” alla donna e la donna è “sottomessa” all’uomo, intende ribadire la dottrina dell’uguale dignità dell’uomo e della donna. Non afferma la sottomissione della donna all’uomo, ma sottolinea il richiamo a vivere quella dimensione di amore intenso, gratuito, pieno, che diventa anche capacità di prendere su di sé i difetti dell’altro per portarli insieme.
L’apostolo, inoltre, ricorda che sia l’uomo che la donna sono poi “sottomessi” al Signore, esattamente come la Chiesa lo è nei confronti di Cristo. “Sottomissione”, nel linguaggio di Paolo, significa rimando, impossibilità di esistere se non in riferimento ad Altro. In questo senso la Chiesa è “sottomessa” a Cristo. La chiesa deve sempre rimandare a Cristo e non potrebbe nemmeno esistere se non nel rimando costante a colui che l’ha voluta, creata, istituita e alla quale si dona ogni giorno nella presenza del Sacramento Eucaristico.
Vangelo
In questo panorama si comprende molto bene l’insegnamento di Gesù. Di fronte ad una domanda tendenziosa che intende affermare il primato del proprio sentire e delle proprie voglie, Gesù richiama la verità della creazione, e cioè quella reciproca “sottomissione” di cui ci ha parlato l’apostolo o quella pari dignità che deriva dalla collaborazione di cui ci ha parlato la Genesi. Il sostegno della vita o l’indicare la strada della carità e dell’amore disinteressato e gratuito nel quale si realizza la vita di ogni uomo, non sono compiti che durano solo una stagione e che possono essere soppiantati quando cambia il sentire emozionale. Essi durano per l’eternità. Ecco perché è e deve essere eterno il rapporto uomo – donna che costituisce il nucleo essenziale del matrimonio. Ben lungi dall’essere una traduzione momentanea del proprio sentire, il matrimonio è il radicarsi in Cristo di quella reciproca sottomissione di cui abbiamo parlato o, se vogliamo, è l’inserirsi in Cristo di quella relazione tra un uomo e la sua donna e tra una donna e il suo uomo che sono la base di ogni società. È solo “per la durezza del cuore” che sono state inserite norme che permettono di dividere ciò che Dio ha unito, ma Gesù è molto chiaro nel dire che questo non è il progetto di Dio. Il progetto di Dio è eterno, il suo amore è eterno. Poiché l’amore dell’uomo è riflesso dell’amore di Dio, se l’uomo e la donna vogliono portare a termine il disegno di grazia pensato per loro, hanno essi stessi questa prospettiva di eternità del dono che è l’essenza stessa del matrimonio secondo Dio.
È dall’eternità dell’amore di Dio che deriva la stabilità dell’amore umano e l’impegno ad essere fedeli reciprocamente.
Per noi
Concetti di per sé chiari, lampanti, che sono stati il punto di riferimento per secoli per l’uomo. Per l’uomo in generale, non solo per il credente. Ancor di più per il cristiano poiché è su questi concetti che si è formata la società occidentale.
Oggi viviamo in un clima culturale opposto. Non solo perché siamo passati attraverso la cultura dell’effimero, che ha spezzato il legame eterno del matrimonio ed ha preteso di istituire un legame a tempo, che è possibile spezzare quando non ci siano più le condizioni della volontà per portarlo avanti. Questo accadeva, ormai, alcuni decenni fa.
Oggi siamo nella cultura del fluido, per cui diventa quasi impossibile parlare del concetto di “uomo” e di “donna” coì come lo abbiamo conosciuto e come a noi è stato insegnato. Oggi molte teorie si appellano ad un genere che è ben oltre e ben più importante della dimensione della sessualità. Anzi, a molti pare che sia preferibile ritenere che ogni uomo debba scegliere la propria appartenenza di genere al di là della propria appartenenza sessuale, appartenenza che può essere anche cambiata nel corso della vita, quando se ne ha voglia.
- Che posizione prendiamo su questi temi?
- Cosa lasciamo dire alla Parola di Dio?
- La chiesa, che è madre ma anche maestra, cosa insegna in proposito?
Come bene dice il documento della congregazione per l’educazione cattolica, “le parole bibliche rivelano il sapiente disegno del Creatore che «ha assegnato come compito all’uomo il corpo, la sua mascolinità e femminilità; e che nella mascolinità e femminilità gli ha assegnato in certo senso come compito la sua umanità, la dignità della persona, ed anche il segno trasparente della “comunione” interpersonale, in cui l’uomo realizza se stesso attraverso l’autentico dono di sé”. Solo nell’ottica della comunione con Dio si realizza quella comunione tra uomo e donna che diventa portatrice di benedizione e di vita. E ancora dicono i vescovi: “È necessario ribadire la radice metafisica della differenza sessuale: uomo e donna, infatti, sono le due modalità in cui si esprime e realizza la realtà ontologica della persona umana. Questa è la risposta antropologica alla negazione della dualità maschio e femmina da cui si genera la famiglia. Il rifiuto di tale dualità non solo cancella la visione creaturale, ma disegna una persona astratta « che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura”. In questa prospettiva il nostro compito è quello di educare ad una visione della sessualità che impari ad accogliere il significato del corpo e i suoi significati. Ed è solo all’interno di una famiglia, primo nucleo di ogni società, che si può apprendere quella relazione di reciprocità e di comunione che è la base del matrimonio cristiano.
- Quale il nostro compito?
Il nostro compito come credenti, come Chiesa, è quello di trasformare le sfide in opportunità. Siamo in un momento difficile da questo punto di vista, ma non dobbiamo omologarci alla cultura dominante e abbiamo il dovere di illuminare tutti con la nostra visione della vita, della realtà, della creazione e dell’amore umano. La chiesa ha il compito di educare a quella “antropologia integrale” che è capace di armonizzare tutte le dimensioni della vita dell’uomo.
È questo il compito che ci spetta, mentre rileggiamo queste scritture, per non lasciare che la rilettura della storia della salvezza sia solo un pio esercizio di fede, ma una luce che illumina la vita di tutti. A partire dalla nostra.