3 Domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore
Settimana scorsa ci siamo interrogati sulla sapienza della vita. Ciascuno avrà trovato le sue risposte circa la domanda: qual è la sapienza della vita che sto realizzando? Oggi la liturgia ci permette di continuare quella riflessione. Provocatoriamente le letture ci chiedono: se la sapienza di una vita fosse tutta in un incontro?
Vangelo
Lc 9, 18-22
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Timoteo
1Tm 1, 12-17
Prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Carissimo, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Isaia
Is 11, 10-16
Lettura del profeta Isaia
In quel tempo. Isaia parlò, dicendo: «In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa. In quel giorno avverrà che il Signore stenderà di nuovo la sua mano per riscattare il resto del suo popolo, superstite dall’Assiria e dall’Egitto, da Patros, dall’Etiopia e dall’Elam, da Sinar e da Camat e dalle isole del mare. Egli alzerà un vessillo tra le nazioni e raccoglierà gli espulsi d’Israele; radunerà i dispersi di Giuda dai quattro angoli della terra. Cesserà la gelosia di Èfraim e gli avversari di Giuda saranno sterminati; Èfraim non invidierà più Giuda e Giuda non sarà più ostile a Èfraim. Voleranno verso occidente contro i Filistei, insieme deprederanno i figli dell’oriente, stenderanno le mani su Edom e su Moab e i figli di Ammon saranno loro sudditi. Il Signore prosciugherà il golfo del mare d’Egitto e stenderà la mano contro il Fiume. Con la potenza del suo soffio lo dividerà in sette bracci, così che si possa attraversare con i sandali. Si formerà una strada per il resto del suo popolo che sarà superstite dall’Assiria, come ce ne fu una per Israele quando uscì dalla terra d’Egitto».
Vangelo
In primissimo piano c’è anche per noi la domanda del Vangelo: “la gente chi dice che io sia?”. Certo quella di Gesù non è una curiosità, un voler sapere cosa si dice di Lui mentre gira per la Terra Santa. Gesù ha in mente un’altra cosa: Egli vuole verificare il cammino spirituale che la gente sta compiendo, il camino che porta a conoscere la rivelazione di Dio. È una domanda molto provocatoria che non può riguardare solo “la gente” in generale, ma deve riguardare il discepolo in particolare. Gesù chiede ad ogni discepolo: “tu cosa dici di me”? tu che mi hai seguito, tu che ti sei fidato, tu che preghi con me, tu che mangi e viaggi con me, cosa dici di me? La domanda di Gesù è posta in maniera molto diretta e in un modo assolutamente inequivocabile: non si può sfuggire.
Pietro dà una risposta sublime, non solo esatta, ma anche teologicamente completa: “Tu sei il Cristo di Dio”. Come dire: Tu sei l’eletto, Tu sei il consacrato di Dio, Tu sei il Figlio unico, il Rivelatore del Padre. Potremmo continuare con molti titoli a tradurre la risposta teologicamente perfetta di San Pietro. È Gesù che ferma questa risposta e che dice cosa significa tutto ciò. Tutti quei titoli altisonanti dell’Antico testamento, tutta quella fede a cui si appellava anche Pietro, stanno conducendo ad un’unica meta: la Croce e la risurrezione. Tutti quei titoli devono fare i conti con quello che accadrà a Gerusalemme, con la passione, con la morte, con la sepoltura e con la risurrezione del Signore. Cose tutte che non fanno piacere, a parte la risurrezione di cui nessuno ha esperienza. Pietro è invitato a misurare la sua sapienza teologica, il suo sapiente discorso, con la sapienza di vita di Gesù, che è sapienza di condivisione, che è sapienza di vita, che è sapienza che nasce anche dalla sofferenza e dalla morte. È nell’incontro con Cristo, è nel seguirlo fisicamente in tutti questi eventi che nascerà anche quella sapienza del discepolo che diventerà la sapienza del testimone di fede, la sapienza di colui che ha visto, la sapienza di colui che testimonierà ciò che è avvenuto.
È in questa sapienza di vita che Gesù attira il discepolo, ricordando che la sapienza della fede non consiste nelle cose che si sanno di Dio, ma nello sperimentare la sua presenza, la sua compagnia, la sua condivisione ogni giorno di vita, perfino nel momento del dolore, della sofferenza, della morte.
Timoteo
Questa è anche la sapienza di San Paolo. L’apostolo sa bene che tutta la sua sapienza, si riduce proprio a quella grazia di un incontro della quale aveva parlato Gesù. Paolo era molto sapiente, aveva molto studiato e nella migliore scuola del giudaismo di quel tempo. Sapeva molte cose su Dio. Ne aveva parlato moltissime volte, aveva predicato nelle più grandi sinagoghe. Eppure San Paolo riconosce che ha conosciuto veramente il mistero di Dio solo nella grazia di quell’incontro che chiamiamo l’evento di Damasco, solo nella sua conversione che è stata anche momento di dolore, di difficoltà, di buio, di tenebra. È in questo momento che Egli ha conosciuto veramente il mistero di Dio. Paolo non si vergogna di rimettere i suoi peccati nelle mani di Dio, non si vergogna di dire che tutta la sua scienza non gli aveva fatto comprendere la caratteristica più importante di Dio: la misericordia. È per questo che loda il Signore, è per questo che invita anche i credenti ad unirsi nella lode a Dio, chiedendo a tutti non già di saper dire molte cose su Dio, ma di fidarsi di quella misericordia che opera nella vita di ciascuno.
Isaia
È così che si adempie anche la profezia di Isaia. È nella grazia dell’incontro che Dio prepara il suo popolo, è nella grazia dell’incontro che realizza la misericordia di Dio che si acquista quella capacità di attirare poi a Dio la gente. Il profeta sognava il tempo in cui Israele sarebbe diventato faro delle nazioni, popolo da tutti ricercato, da tutti atteso come fonte di sapienza. Quando si adempie questa profezia? Non quando Israele è forte, non quando Israele diventa regno che sta sulla scena politica del mondo, ma in Gesù Cristo. È Lui il centro della storia, è Lui che custodisce quella grazia dell’incontro che rende piena la vita di ogni uomo. Solo nell’incontro con Dio si realizza quella profezia che può portare ciascuno ad essere luce, richiamo, punto attraente per tutti coloro che desiderano dare senso alla vita, per tutti coloro che desiderano avere quella sapienza del vivere che è la sapienza della fede.
Per noi
Di qui la domanda per noi:
- Chi è Gesù Cristo per noi?
- Che conoscenza abbiamo del suo mistero?
Perché può essere che anche noi abbiamo una conoscenza solo nozionistica del mistero di Dio, una conoscenza che nasce solo dal catechismo, da quello che abbiamo letto, dalla cultura religiosa che abbiamo. In effetti è anche vero che noi abbiamo puntato molto su questo aspetto nozionistico della fede e abbiamo fatto della fede un fatto quasi esclusivamente nozionistico, intellettuale, ideale.
La sapienza del cristiano non è questa. La sapienza del cristiano è sapienza di vita. La sapienza del cristiano è sapienza che nasce sempre da ciò che si sperimenta, da ciò che si vive, da ciò che si condivide. È la sapienza di chi ricerca in tutte queste cose il volto di Dio, che si fa presente anche nelle cose più tristi, più difficili, più dure della storia. È la sapienza di chi incontra Dio, non di rado, anche nel dolore, nella sofferenza, nella malattia, o in tutte quelle esperienze di vita con le quali vorremo tutti avere poco a che fare. Eppure sono questi i momenti che dicono la verità di un’esistenza e sono questi i momenti nei quali si passa da quell’assenso nozionale della fede all’assenso reale. Sono questi i momenti in cui si passa dall’aderire a Dio con il pensiero, con la mente, con quanto riusciamo a pensare, all’aderire a Dio con la vita, offrendo quello che abbiamo, non vergognandoci di ciò che siamo, rimettendo nelle sue mani solamente quanto siamo e quanto non possiamo non essere.
Chiediamo a Dio questa grazia! Chiediamo a Dio di saper raggiungere questa sapienza! Chiediamo a Dio la forza, la grazia, la gioia di saper passare dal “sapere”, dal “sentire” al vivere. Chiediamo la grazia di imparare a comprendere che la fede non è un’emozione, ma è vita. Non è qualcosa al di fuori di noi, ma è qualcosa dentro di noi. È solo passando attraverso l’uomo Cristo Gesù che si accende quella fede che diventa sete di infinito, attrazione verso Dio, pensiero di eternità.
Maria, che continuiamo ad invocare in questo mese di settembre, ci aiuti ad aver questa sapienza che nasce da un incontro: l’incontro con il Figlio suo!