Settimana della 1 domenica dopo l’Epifania – sabato
La spiritualità di questo giorno
La solitudine delle guide e, in fondo, di ogni cristiano.
La Parola di questo giorno
LETTURA Es 3, 7-12
Lettura del libro dell’Esodo
In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte».
SALMO Sal 91 (92)
Come sono grandi le tue opere, Signore!
È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte. R
Mi dai gioia, Signore, con le tue meraviglie,
esulto per l’opera delle tue mani.
Come sono grandi le tue opere, Signore,
quanto profondi i tuoi pensieri! R
Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità. R
EPISTOLA Gal 1, 13-18
Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri. Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco. In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni.
VANGELO Lc 16, 16-17
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «La Legge e i Profeti fino a Giovanni: da allora in poi viene annunciato il regno di Dio e ognuno si sforza di entrarvi. È più facile che passino il cielo e la terra, anziché cada un solo trattino della Legge».
L’atteggiamento di sapienza
Parto dall’atteggiamento di Mosè. Nel sentire la voce del roveto ardente, nel sentire le parole di Dio che lo metteva davanti a quella sua nuova vocazione che sarebbe durata tutta la vita, di fronte al compito di essere guida di un popolo, Mosè deve avere provato un’immensa solitudine. La solitudine di chi sa di avere un compito eccezionale, ben oltre le proprie forze. La solitudine di chi sa che avrà tutti contro. La solitudine di chi sa bene che dovrà faticare non poco per dire quale voce, quale consapevolezza interiore uno porta nel cuore. La solitudine di chi sa che, dopo aver parlato con Dio, nessuna cosa, nemmeno la più semplice, sarebbe stata più come prima. È la solitudine dell’uomo di fede che sa di essere stato chiamato ad un compito impensabile. È la solitudine di chi guida seguendo solamente il Signore.
È la stessa solitudine di Paolo. Egli è pure chiamato ad un compito unico, singolare, incredibilmente arduo. Anche San Paolo a Damasco deve avere fatto la stessa esperienza di solitudine di Mosè e poi, negli anni successivi, nel suo ritiro in Arabia, deve aver meditato molto su quella solitudine. Sapeva degli altri, sapeva di fratelli nella fede, con cui Paolo ha anche un buon rapporto, con cui si confronta, con cui discute, lotta, discerne… Eppure San Paolo ci ha detto chiaramente della sua solitudine, del suo dover affrontare alcune cose da solo, senza sentire “gli altri”, solo ispirato da Dio al quale ha chiesto sempre luce e conforto.
È la solitudine del credente, la solitudine di chi cerca di seguire il Signore e sa bene, sa benissimo che la sua fede lo metterà su un piano diverso da tutti. Il Signore lo dice chiaramente che occorre “uno sforzo” per entrare nel regno di Dio. Questo sforzo è della persona, è del singolo. Certo, ci sono i “fratelli” ma ciascuno deve vivere la sua storia, correre la sua avventura, seguire il Signore che chiama certamente tutti, ma su vie differenti e personalizzate.
Credo che l’atteggiamento di sapienza che ci viene proposto in questo giorno, anche se non abbiamo letto nessun testo direttamente sapienziale, sia proprio quello di pensare alla solitudine del credente.
Il nostro cammino di fede
Il tema di questo sabato diventa quello della nostra solitudine come credenti. Anche noi abbiamo fede, anche noi abbiamo il nostro cammino, anche noi, pur immersi in una comunità, pur accanto a molti altri cristiani che, come noi, credono, sperano, soffrono, lottano, siamo, di fatto, soli.
La solitudine del credente è la solitudine di chi sa costruire il proprio rapporto con Dio. È il cuore, è il centro, è il fulcro di questo anno dedicato alla preghiera.
La solitudine che viene dal percorrere una via che ha molti punti di contatto con quella degli altri, ma rimane pur sempre singolare.
La solitudine di chi sa di dover andare contro corrente, perché non c’è mai stata epoca della storia, nemmeno quella più “cristiana” dove “aver fede” non sia significato anche prendere scelte e decisioni contro quello che pensano tutti.
Il cammino di fede richiede momenti di solitudine. Solitudine piena di Dio, dove si ascolta la sua voce, come Mosè. Solitudine di meditazione, dove, come San Paolo, si fa discernimento sulle cose che capitano.
Solitudine simile a quella di Gesù che, pur radunando attorno a sé una comunità, prega da solo, soffre da solo, muore e risorge da solo. La vita di tutti i credenti è fatta, per certi versi, di solitudine.
Principio di sapienza è imitare questa solitudine. La solitudine abitata da Dio, la solitudine non sterile. La solitudine che non genera malinconia, risentimento, senso di abbandono… questa solitudine sarebbe nociva e dannosa. Abbiamo tutti bisogno di scoprire il valore di quella solitudine che è stare vicino a Dio, sentirsi da Lui sorretti, iniziare un cammino che conduce, pian piano, a quella capacità di stare sempre con Dio che prelude alla vita eterna, mistero di comunione dove ogni solitudine si risolve in Dio.
Intenzioni di preghiera
Preghiamo per noi, perché sappiamo entrare in questa dimensione di solitudine senza risentimenti e paura.
Preghiamo per la Chiesa, perché sia il luogo dove, nella fede, nel silenzio, nella preghiera, tutte queste solitudini sanno incontrarsi e sanno trovare un vero aiuto.
Preghiamo Maria, perché renda la nostra solitudine, come la sua, abitata dal Figlio suo.