2 dopo l’Epifania
Per introdurci
- Come reagiamo quando non sappiamo cosa fare?
- Che preghiera utilizziamo quando non sappiamo cosa fare?
Al di là delle cause concrete che ci pongono in uno stato di necessità piuttosto che in un altro, credo che tutti abbiamo reazioni diverse: la disperazione, l’ansia, il non sapere come non pensare alla realtà che ci preoccupa… al contrario alcuni reagiscono con il sonno, con l’indaffararsi per le cose che ci preoccupano… Dipende certamente da carattere e dalle situazioni. Ma a livello spirituale, come reagiamo per queste singole cose della vita?
La Parola di Dio
LETTURA Nm 20, 2. 6-13
Lettura del libro dei Numeri
In quei giorni. Mancava l’acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. Allora Mosè e Aronne si allontanarono dall’assemblea per recarsi all’ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore apparve loro. Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per loro l’acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al loro bestiame». Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato. Mosè e Aronne radunarono l’assemblea davanti alla roccia e Mosè disse loro: «Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?». Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e il bestiame. Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Poiché non avete creduto in me, in modo che manifestassi la mia santità agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete quest’assemblea nella terra che io le do». Queste sono le acque di Merìba, dove gli Israeliti litigarono con il Signore e dove egli si dimostrò santo in mezzo a loro.
SALMO Sal 94 (95)
Noi crediamo, Signore, alla tua parola.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia. R
Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce. R
Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere». R
EPISTOLA Rm 8, 22-27
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, sappiamo che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio.
VANGELO Gv 2, 1-11
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Numeri
Ecco il primo caso che ci viene mostrato dalla scrittura: Mosè. Lui, grandissimo uomo di fede, grandissimo esempio di preghiera. Lui che ha già parlato con il roveto ardente, lui che ha sperimentato la forza di Dio quando si sono aperte le acque del Maro Rosso, si trova in una situazione difficilissima. Nel pieno del deserto manca l’acqua. Non sa cosa fare. Lo dice, chiaramente, a tutti: “vi possiamo noi far uscire acqua dalla roccia?”. Eppure Mosè, Insieme ad Aronne, insieme certamente ad altri che hanno avuto a cuore il cammino e la cura della comunità, si sono presentati davanti a Dio, nella tenda del convegno, che è il luogo della preghiera durante il tempo dell’Esodo. Hanno pregato a Dio prostrandosi, cioè sdraiandosi davanti all’arca dell’alleanza. La loro preghiera è stata intensa, forte. Si tratta di mettere davanti a Dio la sorte di migliaia di persone: cosa fare in pieno deserto se manca l’acqua? Mosè avrà ripetuto chissà quante volte davanti a Dio di non sapere cosa fare. Ed ecco che Dio risponde a Mosè, la sua preghiera viene ascoltata. Dovrà percuotere, davanti a tutti, la roccia con il suo bastone. Da lì sgorgherà l’acqua. Quell’acqua che, per altri, è divenuta motivo di dubitare di Dio, motivo di dubitare di Mosè, motivo per “bestemmiare” contro Dio che ha fatto uscire il popolo dalla schiavitù di Egitto, dura ma, in fondo comoda: in Egitto non mancava niente. Una pagina bellissima che insegna che dove gli uomini vedono motivo di dubbio, di critica, di scollamento dal Signore, l’uomo di Dio vede un’occasione di preghiera, un’occasione per stare davanti al Signore per supplicarlo, per chiedere le cose che più stanno a cuore e servono.
Vangelo
Così nel vangelo. C’è un matrimonio, tutti lo conosciamo bene, perché è rimasto famosissimo. Una festa che fa impallidire le nostre: si tratta di banchetti per un paese intero, per una comunità intera e non solo per un giorno: da 3 a 7. Manca del vino. È la rovina. Rovina degli sposi, che non hanno saputo organizzare bene il loro matrimonio. Rovina per il direttore del banchetto che si trova di fronte ad una situazione ingestibile, ingovernabile. Non sa cosa fare. Probabilmente non sa che pesci prendere né con gli sposi, ai quali non è certo che abbia ancora rivelato il danno prodotto dalla sua negligenza, né per sé stesso: la sua carriera, il suo nome sono del tutto rovinati. Forse non gli viene in mente di pregare. Maria, che scruta la situazione in cui ella stessa è partecipe, è dalla stessa parte: non sa cosa si può fare, non ha soluzioni pratiche da offrire per salvare la situazione, ma è donna di fede. Sa che occorre pregare. Come in ogni altra situazione ma, adesso, ancor di più. È lei che indica in Gesù la via di soluzione. Non sa cosa farà ma sa che il suo intervento sarà risolutore. Per questo dice: “qualsiasi cosa vi dirà, fatela!”. È la fede che parla in lei. È la fiducia in Dio, la fiducia in Gesù, la fiducia nella forza della preghiera. Anche lei ci dice: quando non sapete cosa fare, quando non sapete come uscire dalle situazioni difficili, pregate. È chiaro che la preghiera smuove le cose, come ci viene detto anche da questa pagina. Non solo le smuove, ma permette di trovare soluzioni che non sono nemmeno pensabili in altri tempi. Ecco che il vino “nuovo”, così come lo si chiama, il “Vino di Cana” risulta essere il migliore di tutti. Come dire che quando interviene Dio, le cose si mettono a posto non solo in qualche modo, ma nel migliore dei modi. Accompagnare le situazioni difficili con la preghiera è il modo migliore non solo per risolverle, ma per dare ad ogni situazione il giusto e il miglior esito.
Romani
Il testo migliore è però l’Epistola. Forse abbiamo già sentito molte volte questo brano e rischiamo di concentrarci poco su di esso. Nel panorama di queste scritture e nell’anno che stiamo vivendo, credo sia, tuttavia, davvero il migliore.
“Noi sappiamo che la creazione geme e soffre fino ad oggi nella doglie del parto”. Una parola molto chiara che riassume tante cose in sé. Paolo, parlando della situazione della creazione, della situazione del mondo, di come vanno le cose per gli uomini, dice chiaramente che la situazione è sempre difficile, che le cose non vanno mai nel verso sperato, che ogni uomo, ogni donna ha a che fare con moltissime cose che preoccupano, opprimono, rendono difficile il cammino dell’esistenza. Non solo a livello personale, ma anche a livello comunitario. La storia dei popoli, la storia delle nazioni è una storia di difficoltà, tensioni, problemi, qualche volta irrisolti per secoli.
“Anche noi che possediamo le primizie dello spirito gemiamo interiormente…”. Questa situazione non è risparmiata al credente. Non si crede per non avere problemi, non si ha fede per avere in tasca la soluzione delle cose che attanagliano il mondo. Si crede per affrontare le cose che opprimono o rendono difficile il cammino da un punto di vista diverso. Non solo dal punto di vista umano che comprende emozioni e reazioni diverse, non solo da un punto di vista di cercare soluzioni, secondo l’ingegno di ciascuno, ma da un punto di vista di fede. Il credente sa questo e fa questo. Di fronte alle cose che rovinano la vita, il credente prega. Egli “geme” come tutti, soffre come tutti, fa fatica a portare il peso di queste cose, come tutti. Ma vive tutto con la preghiera che illumina, accompagna, risolve.
“Nella speranza siamo stati salvati”. Ecco la frase più bella. Il credente prega perché spera. Il credente prega perché uomo, donna di speranza! È questione di identità, è questione di spiritualità. L’identità del credente è quella di essere un uomo che spera sempre in Dio. La spiritualità del credente è quella che lo spinge a chiedere a lui ogni cosa, ogni bene.
“Noi non sappiamo cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili”. Ecco il cuore della lettera. La preghiera dei cristiani, a volte, è una preghiera che non sa cosa dire, che non sa cosa domandare. È una preghiera che non sa nemmeno come esprimersi. Il credente non per questo perde la sua bussola interiore. Egli continua a pregare, continua a presentarsi davanti al Signore, vive la preghiera, diceva l’Apostolo, con perseveranza, come se fosse un’obbedienza. Il credente sa che lo Spirito di Dio aiuta, sostiene, presenta a Dio padre la preghiera in un modo che è incomprensibile. Lo Spirto che “scruta” i cuori, cioè che sa cosa c’è nel cuore di ciascuno, prega il Padre come solo lui sa e può fare, ed ottiene per noi. Detto altrimenti la preghiera del credente non è solo quella che ciascuno sa esprimere con parole gesti, offerte, rinunce e con tutto ciò che compone la preghiera di ciascuno di noi. Prima di noi, accanto a noi c’è sempre lo Spirito di Dio, che fa il resto, ci accompagna nel migliore dei modi, sostiene in modo infallibile la preghiera accorata che noi possiamo fare. Se Mosè ha ottenuto acqua dalla roccia, se Maria ha ottenuto vino dall’acqua, è perché lo Spirito ha pregato il Padre ed ha chiesto cose che nessuno di questi oranti avrebbe potuto prevedere, sognare, chiedere.
Per il nostro cammino
- E noi come reagiamo quando le cose non vanno?
- Alla luce di quello che abbiamo ascoltato e meditato, come possiamo vivere noi, nella nostra vita, qualcosa del genere?
Credo che gli insegnamenti di questi testi biblici siano molteplici per tutti noi. Anzitutto la Parola di Dio ci ha detto chiaramente che noi non crediamo per non provare alcune realtà della vita degli uomini. Vi sono persone che pensano così. Anche tra noi, ci sono sicuramente persone che si lamentano con Dio perché provano disagi, sofferenze, difficoltà dell’esistenza come le provano molte altre persone che non hanno fede. Talvolta quello che accade è, per queste persone, motivo di crisi. La scrittura ci ha detto chiaramente che tutti “gemiamo” allo stesso modo. Il che ci aiuta a capire che tutti dobbiamo affrontare le cose non con lo spirito di chi se la prende con Dio quando le cose vanno male, come gli uomini del tempo di Mosè, ma con lo spirito di fede, come Mosè, come Maria.
Un secondo insegnamento: la preghiera è ciò che accompagna le situazioni negative per gli uomini: una decisione importante da prendere come una malattia, un tempo di guerra come la condivisione della gioia di un matrimonio, la sofferenza per un motivo concreto dell’esistenza come pure l’assistere a ciò che capita nel mondo… Qualsiasi realtà si stia vivendo, questa realtà è già accompagnata da Dio e da lui sostenuta.
Un terzo insegnamento. Lo Spirito non ci abbandona mai, ma si esprime a nostro favore. San Paolo in molti modi, in diversi passi delle sue lettere lo ha scritto, lo ha raccomandato. Lo Spirito di Dio è sempre a fianco dell’uomo, Dio non è colui che abbandona, ma colui che accompagna. Ecco il cuore della preghiera di questa domenica. Noi dobbiamo tutti sapere di non essere abbandonati mai, ma di essere sempre attesi, accolti, accompagnati…
A noi è chiesta solo una cosa: la fedeltà nella preghiera, come Mosè, che si presenta comunque all’ingresso della tenda, o come Maria, che non dubita mai, nemmeno quando non sa nemmeno lei cosa fare.
- Avremo la forza di questa perseveranza?
È quello che auguro a tutti noi, come singoli e come comunità, specie in questo tempo nel quale siamo chiamati ad una preghiera particolare per la famiglia e per la pace.
Maria Santissima interceda per noi.