Settimana della 7 domenica dopo Pentecoste – Giovedì
Vangelo
Lc 9, 57-62
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Mentre camminavano per la strada, un tale disse al Signore Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».
Dopo la ferma decisione di salire a Gerusalemme, ecco una nuova scena di chiamata. I protagonisti della chiamata sono 3.
Il primo è un ragazzo che si propone per seguire il Signore. A questo ragazzo Gesù ricorda la sua condizione: egli è in cammino per Israele e tali devono essere i suoi discepoli, uomini non in cerca di umane sicurezze, ma pronti a sostenere la fatica della missione ovunque essa si svolga.
Il secondo è un uomo al quale Gesù propone la sequela. Un uomo affezionato alla sua famiglia che chiede una cosa sensata: partecipare al lutto per il padre. La risposta di Gesù: “lascia che i morti seppelliscano i loro morti” non intende certo essere un invito a non onorare il quarto comandamento, ma una richiesta di libertà affettiva, che presuppone una maturità grande anche sotto il profilo relazionale.
Il terzo caso è di un altro uomo che si propone per seguire il Signore, ma anche questo vorrebbe prendere congedo da quelli di casa. Il Signore richiama la radicalità della scelta, quella radicalità che lui stesso sta vivendo mentre sta salendo a Gerusalemme per dare compimento alla sua missione.
Dietro queste chiamate c’è, quindi, il modello di Gesù, il modello di chi sta salendo a Gerusalemme avendo preso una decisione definitiva per la vita. Definitività che chiede altrettanta radicalità in coloro che vogliono seguirlo. Radicalità, decisione e gioia. Chi segue il Signore deve anche essere gioioso nella sequela, prima testimonianza di una scelta definitiva per Dio.
Giudici
Gdc 6, 1-16
Lettura del libro dei Giudici
In quei giorni. Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore e il Signore li consegnò nelle mani di Madian per sette anni. La mano di Madian si fece pesante contro Israele; per la paura dei Madianiti gli Israeliti adattarono per sé gli antri dei monti, le caverne e le cime scoscese. Ogni volta che Israele aveva seminato, i Madianiti con i figli di Amalèk e i figli dell’oriente venivano contro di lui, si accampavano sul territorio degli Israeliti, distruggevano tutti i prodotti della terra fino alle vicinanze di Gaza e non lasciavano in Israele mezzi di sussistenza: né pecore né buoi né asini. Venivano, infatti, con i loro armenti e con le loro tende e arrivavano numerosi come le cavallette – essi e i loro cammelli erano senza numero – e venivano nella terra per devastarla. Israele fu ridotto in grande miseria a causa di Madian e gli Israeliti gridarono al Signore. Quando gli Israeliti ebbero gridato al Signore a causa di Madian, il Signore mandò loro un profeta che disse: «Dice il Signore, Dio d’Israele: Io vi ho fatto salire dall’Egitto e vi ho fatto uscire dalla condizione servile. Vi ho strappato dalla mano degli Egiziani e dalla mano di quanti vi opprimevano; li ho scacciati davanti a voi, vi ho dato la loro terra e vi ho detto: “Io sono il Signore, vostro Dio; non venerate gli dèi degli Amorrei, nella terra dei quali abitate”. Ma voi non avete ascoltato la mia voce». Ora l’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebinto di Ofra, che apparteneva a Ioas, Abiezerita. Gedeone, figlio di Ioas, batteva il grano nel frantoio per sottrarlo ai Madianiti. L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: «Il Signore è con te, uomo forte e valoroso! ». Gedeone gli rispose: «Perdona, mio signore: se il Signore è con noi, perché ci è capitato tutto questo? Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato, dicendo: “Il Signore non ci ha fatto forse salire dall’Egitto?”. Ma ora il Signore ci ha abbandonato e ci ha consegnato nelle mani di Madian». Allora il Signore si volse a lui e gli disse: «Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?». Gli rispose: «Perdona, mio signore: come salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo nella casa di mio padre». Il Signore gli disse: «Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo».
Così come è anche nella vita di Gedeone, una delle grandi storie dell’Antico Testamento nelle quali brilla l’intervento di Dio per il suo popolo. Abbiamo sentito, nella prima parte della lettura, l’oppressione che Israele prova a causa dei Madianiti che mettono a ferro e fuoco il suo territorio. C’è aria di sconfitta, c’è tristezza, c’è senso di sventura imminente. Anche Gedeone è dentro questa dinamica: non sa cosa fare, non sa cosa poter proporre per la salvezza del suo popolo. Anzi, quando avverte la voce di Dio che riserva a lui una vera e propria chiamata, vorrebbe quasi ritirarsi. Cosa può fare lui, piccolo, povero, appartenente alla più piccola famiglia di Israele? Ciò che Gedeone sembra dire a Dio in risposta alla chiamata che riceve è un rifiuto motivato dalla consapevolezza di non avere né forza, né ingegno, né famiglia sulla quale contare per organizzare il riscatto in Israele. È ancora Dio che interviene. Lui, Gedeone, dovrà essere solo uno strumento nelle mani di Dio. Al resto penserà proprio il Signore. Non deve fare altro che rimettere la sua povertà nelle sue mani. Anzi, egli è stato scelto proprio per la sua povertà, perché appaia chiaramente che il riscatto di Israele viene dal Signore e non dall’ingegno o dalla forza degli uomini.
Per noi
Sulla strada di coloro che seguono il Signore nel solco di una tradizione antica ci siamo anche noi. Ciascuno di noi ha la sua vocazione, ha il suo “modo” di servire il Signore, ma tutti noi siamo stati chiamati a fare qualcosa per quella “vigna” che è la Chiesa.
- Come reagisco alla chiamata del Signore?
- Qual è il mio compito nella storia di sequela che a me è stata riservata?
Credo che proprio tutti noi siamo chiamati a considerare la nostra vita in questa luce: magari ci siamo proposti noi per un certo genere di servizi legati alla vita cristiana, magari ci sono stati chiesti. Magari li abbiamo accettati con gioia, magari no! Magari siamo stati solleciti nel mettere a disposizione di Dio il nostro ingegno e le nostre risorse, magari abbiamo tergiversato un po’. Non importa quale sia la nostra storia vocazionale e di servizio alla Chiesa, l’importante, come ci dicevano i testi sacri, è che ne abbiamo una! La cosa più terribile che potrebbe capitarci è proprio quella di avere una vita che non serve, che non esprime niente, che non porta da nessuna parte! Sarebbe questa una vita dove non ci sono decisioni chiave, dove non ci sono svolte clamorose, dove non c’è fervore. Ma una vita dove non c’è zelo, decisione, coraggio, senso di sopportazione della fatica, è ancora una vita che serve Dio?
Proviamo a domandarcelo e facciamo davvero in modo che la nostra vita sia generosa risposta ad una chiamata che viene da Dio.