sabato 15 ottobre

Settimana della 6 domenica dopo il martirio – sabato – Santa Teresa

Il tema del giorno

Regolare i conti. La Scrittura è sempre molto vicina alle cose degli uomini. Anche al voler “regolare i conti” che ciascuno di noi, in qualche modo, deve vivere in alcune occasioni della vita.

La Parola di Dio per questo giorno

LETTURA Es 40, 16-38
Lettura del libro dell’Esodo

In quei giorni. Mosè eseguì ogni cosa come il Signore gli aveva ordinato: così fece. Nel secondo anno, nel primo giorno del primo mese fu eretta la Dimora. Mosè eresse la Dimora: pose le sue basi, dispose le assi, vi fissò le traverse e rizzò le colonne; poi stese la tenda sopra la Dimora e dispose al di sopra la copertura della tenda, come il Signore gli aveva ordinato. Prese la Testimonianza, la pose dentro l’arca, mise le stanghe all’arca e pose il propiziatorio sull’arca; poi introdusse l’arca nella Dimora, collocò il velo che doveva far da cortina e lo tese davanti all’arca della Testimonianza, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Nella tenda del convegno collocò la tavola, sul lato settentrionale della Dimora, al di fuori del velo. Dispose su di essa il pane, in focacce sovrapposte, alla presenza del Signore, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò inoltre il candelabro nella tenda del convegno, di fronte alla tavola, sul lato meridionale della Dimora, e vi preparò sopra le lampade davanti al Signore, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò poi l’altare d’oro nella tenda del convegno, davanti al velo, e bruciò su di esso l’incenso aromatico, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Mise infine la cortina all’ingresso della Dimora. Poi collocò l’altare degli olocausti all’ingresso della Dimora, della tenda del convegno, e offrì su di esso l’olocausto e l’offerta, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò il bacino fra la tenda del convegno e l’altare e vi mise dentro l’acqua per le abluzioni. Mosè, Aronne e i suoi figli si lavavano con essa le mani e i piedi: quando entravano nella tenda del convegno e quando si accostavano all’altare, essi si lavavano, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Infine eresse il recinto intorno alla Dimora e all’altare e mise la cortina alla porta del recinto. Così Mosè terminò l’opera. Allora la nube coprì la tenda del convegno e la gloria del Signore riempì la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora. Per tutto il tempo del loro viaggio, quando la nube s’innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano le tende. Se la nube non si innalzava, essi non partivano, finché non si fosse innalzata. Perché la nube del Signore, durante il giorno, rimaneva sulla Dimora e, durante la notte, vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d’Israele, per tutto il tempo del loro viaggio.

SALMO Sal 95 (96)

Popoli tutti, date gloria al Signore!

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri. R

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
È stabile il mondo, non potrà vacillare!
Egli giudica i popoli con rettitudine. R

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli. R

EPISTOLA Eb 8, 3-6
Lettera agli Ebrei

Fratelli, ogni sommo sacerdote, infatti, viene costituito per offrire doni e sacrifici: di qui la necessità che anche Gesù abbia qualcosa da offrire. Se egli fosse sulla terra, non sarebbe neppure sacerdote, poiché vi sono quelli che offrono i doni secondo la Legge. Questi offrono un culto che è immagine e ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu dichiarato da Dio a Mosè, quando stava per costruire la tenda: «Guarda – disse – di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte». Ora invece egli ha avuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore, perché è fondata su migliori promesse.

VANGELO Gv 2, 13-22
 Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e il Signore Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Vangelo

Il confronto viene subito aperto dal Vangelo. La parabola mette in relazione due debitori. L’uno ha un debito che è pari a quanto un uomo può guadagnare in una intera vita di lavoro. Un debito enorme, un debito che non può essere pagato, un debito per il quale l’unica soluzione era la riduzione in schiavitù non solo del debitore singolo e concreto, ma di tutta la sua famiglia.

L’altro debitore ha un debito pari al salario medio di tre mesi. Un debito accettabile. Dilazionabile nel corso di poco tempo, assolutamente pagabile. Ecco perché il regolamento dei conti è assolutamente sproporzionato. Il padrone che condona un debito impagabile fa qualcosa di straordinario, qualcosa di grande, qualcosa di unico. A differenza di chi avrebbe potuto avere solo un poco di pazienza, e, invece, non l’ha avuta. Ecco perché la parabola termina con una tragedia. Il primo debitore, quello della somma più grossa, viene dato in mano agli aguzzini. Una fine orribile. Una fine che possiamo immaginare nella sua tragicità. Non si possono regolare i conti senza avere rispetto per gli uomini. Ecco l’insegnamento della parabola.

Deuteronomio

Il confronto viene subito aperto dal Vangelo. La parabola mette in relazione due debitori. L’uno ha un debito che è pari a quanto un uomo può guadagnare in una intera vita di lavoro. Un debito enorme, un debito che non può essere pagato, un debito per il quale l’unica soluzione era la riduzione in schiavitù non solo del debitore singolo e concreto, ma di tutta la sua famiglia.

L’altro debitore ha un debito pari al salario medio di tre mesi. Un debito accettabile. Dilazionabile nel corso di poco tempo, assolutamente pagabile. Ecco perché il regolamento dei conti è assolutamente sproporzionato. Il padrone che condona un debito impagabile fa qualcosa di straordinario, qualcosa di grande, qualcosa di unico. A differenza di chi avrebbe potuto avere solo un poco di pazienza, e, invece, non l’ha avuta. Ecco perché la parabola termina con una tragedia. Il primo debitore, quello della somma più grossa, viene dato in mano agli aguzzini. Una fine orribile. Una fine che possiamo immaginare nella sua tragicità. Non si possono regolare i conti senza avere rispetto per gli uomini. Ecco l’insegnamento della parabola.

Corinti

San Paolo insisteva, invece, sulla lettura spirituale di questo evento. Quando c’è qualcuno che soffre, soffre tutta una comunità, esattamente come quando un membro del corpo fa male, tutto il corpo soffre in qualche modo. Un povero, ci dice San Paolo, è come un membro sofferente di un corpo. La sua sofferenza non è solo qualcosa di personale, qualcosa che riguarda solamente la sua persona, ma qualcosa che deve riguardare tutti. Senza questa attenzione, la comunità stessa si impoverisce. Una comunità che non sa accogliere, seguire, curare i suoi poveri è una comunità malata che non sa prendersi cura di sé stessa.

Intenzioni di preghiera

  1. Preghiamo per noi. Spesso non siamo in grado di vedere le forme di povertà che sono presenti nella nostra comunità. Anche noi rischiamo di abituarci al povero e, quindi, rischiamo proprio di non saper vedere i suoi bisogni, le sue necessità ma, soprattutto, la sua sofferenza. Chiediamo per noi quella sensibilità del cuore che fa bene a noi, anzitutto, come persone, e poi, fa bene anche alla nostra comunità.
  2. Preghiamo per i bisognosi. Preghiamo perché incontrino persone che non annullino, non annientino la loro dignità ma, nel rispetto della persona, sappiano sempre essere attenti alle concrete condizioni del vivere. Chiediamo al Signore questa forza di fede, per imparare tutti ad essere più umani.
  3. Preghiamo per la Chiesa. Preghiamo perché sappia sempre considerare i poveri come il suo tesoro prezioso. Preghiamo perché, nella Chiesa, i poveri non siano solo assistiti, ma protagonisti delle scelte pastorali che intendiamo compiere, in comunione con tutti i battezzati.

Finisce un altro tempo liturgico. Con domani, festa della Dedicazione della Chiesa Cattedrale, inizia l’ultima fase del tempo liturgico. Il Cristo incontrato nella sua persona in tutto questo tempo dopo il martirio, ci aiuti, ora, a riflettere sulla Chiesa, presenza di Cristo nel tempo e richiamo alla fede e ai valori eterni del Vangelo.

2022-10-07T09:27:36+02:00