Dedicazione del Duomo, chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani
Per introdurci
Probabilmente avete visto anche voi qualche immagine o avete forse letto qualcosa a proposito dei 60 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II che abbiamo celebrato lo scorso 11 ottobre. Forse qualcuno di voi era già presente anche allora e forse ricorda persino le parole pronunciate da Giovanni XXIII quella memorabile sera. “Gaudet Mater Ecclesia…”, la Madre Chiesa gioisce, aveva detto il Santo Papa. Sono passati 60 anni:
- Percepiamo ancora la Chiesa come una Madre?
- Sappiamo gioire in lei e per lei?
- Che immagine ci siamo fatti di Chiesa?
Rispondono a queste domande le scritture di oggi.
La Parola di questa domenica
LETTURA Is 60, 11-21
Lettura del profeta Isaia
Così dice il Signore Dio: «Le tue porte saranno sempre aperte, non si chiuderanno né di giorno né di notte, per lasciare entrare in te la ricchezza delle genti e i loro re che faranno da guida. Perché la nazione e il regno che non vorranno servirti periranno, e le nazioni saranno tutte sterminate. La gloria del Libano verrà a te, con cipressi, olmi e abeti, per abbellire il luogo del mio santuario, per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi. Verranno a te in atteggiamento umile i figli dei tuoi oppressori; ti si getteranno proni alle piante dei piedi quanti ti disprezzavano. Ti chiameranno “Città del Signore”, “Sion del Santo d’Israele”. Dopo essere stata derelitta, odiata, senza che alcuno passasse da te, io farò di te l’orgoglio dei secoli, la gioia di tutte le generazioni. Tu succhierai il latte delle genti, succhierai le ricchezze dei re. Saprai che io sono il Signore, il tuo salvatore e il tuo redentore, il Potente di Giacobbe. Farò venire oro anziché bronzo, farò venire argento anziché ferro, bronzo anziché legno, ferro anziché pietre. Costituirò tuo sovrano la pace, tuo governatore la giustizia. Non si sentirà più parlare di prepotenza nella tua terra, di devastazione e di distruzione entro i tuoi confini. Tu chiamerai salvezza le tue mura e gloria le tue porte. Il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà più lo splendore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore. Il tuo sole non tramonterà più né la tua luna si dileguerà, perché il Signore sarà per te luce eterna; saranno finiti i giorni del tuo lutto. Il tuo popolo sarà tutto di giusti, per sempre avranno in eredità la terra, germogli delle piantagioni del Signore, lavoro delle sue mani per mostrare la sua gloria».
oppure
LETTURA 1Pt 2, 4-10
Lettura della prima lettera di san Pietro apostolo
Carissimi, avvicinandovi a Cristo, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso. Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo». Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia.
SALMO Sal 117 (118)
Rendete grazie al Signore,
il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre». R
Apritemi le porte della giustizia:
vi entrerò per ringraziare il Signore.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi. R
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Il Signore è Dio, egli ci illumina. R
EPISTOLA Eb 13, 15-17.20-21
Lettera agli Ebrei
Fratelli, per mezzo di Gesù offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni, perché di tali sacrifici il Signore si compiace. Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi e devono renderne conto, affinché lo facciano con gioia e non lamentandosi. Ciò non sarebbe di vantaggio per voi. Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
VANGELO Lc 6, 43-48
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene».
Vangelo
Anzitutto il vangelo, ci risponde in due differenti modi. Il primo ricordandoci che un albero buono non può che produrre frutti buoni. Ciò vale per la Chiesa, nella sua identità generale, ma anche per i singoli credenti, nella loro identità personale.
La Chiesa, in sé, non può essere che un albero che produce frutti buoni, perché voluta da Cristo. In effetti, se ci pensiamo, è proprio così e noi vediamo i moltissimi frutti buoni della Chiesa in molteplici campi: l’annuncio del Vangelo, la testimonianza della missionarietà, la vicinanza ai poveri, la cura delle persone malate, l’istruzione, l’educazione religiosa, l’arte, la cultura, la comunicazione… solo per dirne alcuni.
Frutti buoni anche nelle singole persone, ma ad una condizione, che uno continui a seguire il Signore. Altrimenti si avvera ciò che dice Gesù: “perché dite Signore, Signore, e poi non fate quello che dico?”. Qualsiasi esperienza di male nella Chiesa nasce dove ci sono persone che dicono di credere, invocano il Signore a parole, ma non mettono in pratica il Vangelo. Questo è un rischio che corriamo tutti. Il rischio di pregare a parole, il rischio di venire qui in Chiesa a dire tante cose, senza però mettere cuore, senza verificare ciò che diciamo alla luce del Vangelo, senza crescere alla scuola della Parola che plasma la vita.
Così, con l’immagine finale, il vangelo ci ricordava che sia la vita di ogni singolo uomo, sia la vita della Chiesa in senso generale possono essere come una casa sulla roccia ma solo a questa condizione, solo a patto che la vita dell’uomo risplenda per la sua fede.
1 Petri
Così come predicava San Pietro nella prima lettura che abbiamo ascoltato. “avvicinandovi a Cristo, quali pietre vive, siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire a Dio sacrifici spirituali graditi a Dio mediante Gesù Cristo”. Il credente, nella Chiesa, è questo: una pietra viva, uno che si tiene vicino a Cristo, uno che impara da Lui ad avere fede e, per questo, diventa una pietra importante nella costruzione della Chiesa. Ma senza questa radice, senza questa appartenenza, non c’è alcun cammino di fede e nemmeno una reale partecipazione ecclesiale. Le due cose vanno insieme. In un cammino di fede autentico si realizza anche una partecipazione reale alla vita ecclesiale. Al di fuori di un autentico cammino, non c’è appartenenza che edifica, ma solo vicinanza mediocre. Il discriminante è, appunto, la fede. La Chiesa rimane come segno visibile per tutti, anche per i non credenti. Una cosa è vedere un segno esteriore, altra cosa è il prendervi parte, come figli, come pietre vive, come persone che intendono edificare la Chiesa in tutte le sue componenti ed espressioni.
Ebrei
Altri tratti di cosa significa essere parte della Chiesa vengono spiegati dalla lettera agli Ebrei.
Anzitutto la partecipazione caritativa. “non dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni”. Quando ci si sente parte della Chiesa si è spinti alla beneficenza, alla condivisione, perché la Chiesa, come corpo, è fatta di persone che possono condividere e di persone che chiedono per ricevere. La chiesa, poi, nella sua universalità e maternità, apre le sue porte di solidarietà e sostegno anche ai non credenti. La beneficenza della Chiesa è universale. Chi ne partecipa, partecipa a questa sua universalità.
“Obbedite ai capi e state loro sottomessi”: altro tratto distintivo del credente è l’obbedienza ai pastori. Oggi è un tratto fortemente discusso. La lettera agli Ebrei ci ricorda la verità del Battesimo che genera l’appartenenza ecclesiale: si rimane nella Chiesa tanto quanto si seguono i pastori, il Papa, i Vescovi, nel loro magistero ed insegnamento.
“operando ciò che è gradito a Dio”. Nella chiesa ci deve sempre essere questo discernimento: l’attenzione ad operare tutto il bene possibile nella forma migliore consentita. Questa è l’attenzione che occorre avere sempre, per non rovinare con i fatti ciò che si professa a parole.
Sono tre tratti molto significativi che valgono sempre, in ogni epoca della storia, per ogni credente.
Per noi
Noi viviamo così? Noi abbiamo questa immagine di Chiesa? Noi veneriamo la Chiesa come una madre?
Credo che, ultimamente, non siamo proprio in linea con queste visioni e con questi insegnamenti.
Credo che moltissimi, la maggior parte, forse anche voi, vediate la Chiesa come una erogatrice di servizi. Lo dico in riferimento soprattutto alla generazione degli adulti. Le richieste che portano alla Chiesa sono quasi sempre in questa direzione: occorre il catechismo, l’oratorio estivo, lo sport, come ciascuno desidera, negli orari che ciascuno desidera, disturbando il meno possibile tutti gli impegni della vita. Questa è visione di Chiesa? Non è visione dei propri comodi? Non è forse visione miope di chi chiede solo che si corrisponda ad un bisogno?
Che dire, poi, della condivisione che diventa carità? Anche questa solo se interessa, nella modalità che uno ritiene, più per mettersi a posto la coscienza che non per reale partecipazione alla vita della Chiesa. Sta finendo la generazione degli anziani che crede davvero nella carità e subentra una generazione che, al massimo, fa qualche elemosina dopo aver sistemato ogni aspetto della vita personale. Così come vien meno la generazione di chi si educa generosamente a donare alla Chiesa il proprio tempo, il proprio servizio, le proprie capacità. Accade sempre più spesso che, quando si fa qualcosa per la Chiesa, si chieda una remunerazione, un tornaconto. Ma dove finisce la gratuità del servizio? Come altro si testimonia l’essere pietre vive che prendono parte alla vitalità di tutto l’edificio?
Così anche è intaccata l’espressione sacramentale, che è la prima e più vitale espressione della Chiesa. Pensiamo ai sacramenti dei ragazzi che, invece di essere espressione del progressivo inserimento della Chiesa diventano festa di famiglia, che hanno sempre meno a che vedere con la partecipazione alla vita di fede del popolo di Dio. Lasciamo perdere il discorso circa la vita matrimoniale, per cui la percentuale di persone che si sposano nel Signore, cioè per motivi di fede, è infinitamente inferiore a quella di chi si sposa in Chiesa, solamente per la “coreografia”, la festa. Tanto che il primo motivo per cui non ci si sposa in chiesa è il non potersi permettere una festa con tutti gli annessi e connessi. Così si rimanda il matrimonio dopo la convivenza pre-matrimoniale condizionando il sacramento alla festa. Atteggiamento che tradisce la non fede di chi pensa in tal modo!
Anche per quanto riguarda l’istruzione, sono sempre meno le persone che scelgono una scuola di ispirazione cattolica per motivi di fede. La si sceglie per la cura nella didattica, per la scelta del corpo docente, per la sicurezza nella regolarità dello svolgimento delle lezioni, per i progetti che si possono vivere nel tempo exstra-scolastico…
Forse la parola di Dio di oggi ci sta proprio richiamando. Forse sta dicendo proprio a noi, al nostro tempo, ancora una volta con molta forza e coraggio che non è chi dice Signore, Signore che si salva, ma solo chi mette in pratica la volontà di Dio! Le scritture di oggi devono raggiungerci con la loro provocazione, per dirci che a poco o a nulla serve venire in Chiesa a dire qualche preghiera, a celebrare qualche rito, se poi ci si dimentica di essere pietre vive, popolo santo, edificio spirituale…
Iniziamo a convertirci. Iniziamo anche noi a ricordarci che far parte della Chiesa significa incontrare Cristo, esprimere la fede, praticare la carità, condividere con gli altri, ascoltare i pastori e seguirli nelle decisioni che essi prendono per il bene e per la vitalità della Chiesa. Cerchiamo di non sentirci osservatori esterni di un corpo che non ci appartiene. Ricordiamoci che siamo noi che dobbiamo edificare la Chiesa in tutto e per tutto!
Il Signore ci guidi anche con questi richiami per essere chiesa sempre più splendente e sempre più innamorata di Cristo.