Martedì 16 giugno

Settimana della seconda domenica dopo Pentecoste – Martedì

Vangelo

Lc 5, 12-16
✠  Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Mentre il Signore Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi, pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato! ». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro». Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.

Con il Vangelo di oggi possiamo continuare quella riflessione sulla “novità di vita” a cui siamo chiamati e sulla quale abbiamo cominciato a riflettere ieri. Il contesto della scena è mutato. Non più la vita “normale” di un pescatore del lago, ma quella triste “normalità di vita” a cui si deve abituare un malato e alla quale non ci si abitua mai. Il lebbroso che, come sappiamo, è un impuro per eccellenza, non si è certo abituato alla sua dimensione di impurità, di malattia, di solitudine da isolamento sociale. È un uomo che vuole vivere una vera novità di vita, un uomo che desidera profondamente tornare ad una normalità “vera,” fatta di incontri, reazioni, chiacchiere, strette di mano… insomma di tutte quelle cose delle quali si compone anche la vita di ciascuno di noi. Normalità di vita che per lui, malato da tempo, sarebbe una vera novità.

Ecco la novità del Signore, anche in questo caso. La novità di un maestro che si ferma a parlare con un lebbroso: non era normale! La “novità” di un uomo sano che tocca un malato: era vietato. La novità di un Dio che si interessa anche del malato impuro, cosa che era assolutamente fuori dalla portata del pensiero di un pio ebreo: Dio si interessa dei giusti, di coloro che lo amano, di coloro che vanno in sinagoga…

È una novità sconvolgente quella di Gesù che si avvicina nella piccolezza ai piccoli. Una novità quasi insopportabile, come sappiamo bene dal comportamento di molti, una novità che ha dell’incedibile! “Inaudita”, proprio nel senso di mai sentita prima d’ora.

Esodo

Es 15, 22-2
Lettura del libro dell’Esodo

In quei giorni. Mosè fece partire Israele dal Mar Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto senza trovare acqua. Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo furono chiamate Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè: «Che cosa berremo?». Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. Disse: «Se tu darai ascolto alla voce del Signore, tuo Dio, e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non t’infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitto agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce!». Poi arrivarono a Elìm, dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme. Qui si accamparono presso l’acqua.

Questa linea narrativa è anche quella dell’Esodo. C’è una novità di vita in tutti coloro che stanno attraversando il deserto. È ovvio che il bene primario, nel viaggio attraverso il deserto, è l’acqua. Senza acqua si more, lo sappiamo tutti. Ecco allora che, quando Israele si trova in ristrettezza di acqua, si chiude in sè stesso e comincia quella “lamentazione” che contraddistingue e segna tutto il cammino dell’Esodo: meglio la vita da schiavi in Egitto, con il pane e l’acqua assicurati, che la vita da liberi nell’incertezza. Al di là dei molti esempi che si potrebbero fare, potremmo dire così: meglio una vita che si trascina nelle cose di sempre, che una vita che rischia per cose nuove che rappresentano l’ignoto. Ignoto che potrebbe anche essere promettente ma che, talvolta, è solo simbolo di guai! O, peggio, di morte! In questi pensieri l’azione di novità di Mosè: anzitutto l’aver sanato le acque e l’aver fatto delle acque “amare” di Mara, un luogo di acque dolci, bevibili, adatte alla vita. Poi l’aver condotto Israele verso questa oasi “dalle 12 sorgenti d’acqua e dalle 70 palme”, come dire il luogo del ristoro, il luogo della pienezza, il luogo della pace, della freschezza e della gioia. La novità di vita che si dischiude ad Israele e che era del tutto inattesa, diventa occasione per rinfrancare il cammino, anche se la difficoltà e la noia si rifaranno sentire presto.

Per noi

    • Accetto anche’io che la rivelazione di Dio si compia come Lui vuole e non come io desidero?
    • C’è una novità di vita alla quale anche io mi sento chiamato?

    Credo anche oggi molti credenti scambino la “tradizione” intesa come patrimonio che non si può assolutamente buttare e che, anzi, deve essere conservato ed approfondito come vero deposito della fede, con il “tradizionalismo”, con il non cambiare niente, con il ripeter gesti e parole anche quando sono desuete, non più aderenti al momento storico che si vive o non più rispondenti alle necessità dell’uomo.

    Il Signore, non dimentichiamolo mai, chiama sempre ad una novità di vita. Lui che, essendo sempre il medesimo, chiede di rinnovarsi incessantemente, Lui che, amando sempre allo stesso modo, sta al passo con la storia dell’uomo che Lui stesso ha creato!

    Tocca proprio a noi cercare la presenza di Dio lì dove essa si svela: nel piccolo, nel povero, nell’umile, nel malato.

    Forse anche questa è una novità di vita che siamo chiamati a custodire!

2020-06-14T15:45:48+02:00