Giovedì 16 luglio

Settimana della sesta domenica dopo Pentecoste – Giovedì

Vangelo

Lc 9, 18-22
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

Un giorno il Signore Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Si può anche avere paura a riconoscere il Signore Gesù!

La domanda che Gesù pone nel Vangelo è centrale per la vita di tutti. È chiaro che tutti siamo invitati a domandarci chi è il Signore Gesù per noi. Avere fede significa esattamente questo: imparare a chiederci chi è il Signore per noi, cosa rappresenta nella nostra vita, come la fede interagisce nei nostri giorni…

Gesù chiede questo ai suoi discepoli per capire cosa dice la gente di lui. Si vede subito che molti hanno paura di dire cosa pensano, di dire come stanno le cose, hanno paura a sbilanciarsi, hanno paura a dire cosa pensano, a dire chi è davvero il Signore Gesù per ciascuno di loro.

Così anche per i discepoli. È Pietro che prende la parola, come sappiamo perché illuminato da una particolare grazia di Dio, non certo per merito proprio. Si fa fatica a dire con chiarezza chi è il Signore Gesù per ciascuno di noi, cosa rappresenta la fede nelle nostre vite, come seguiamo il Signore… c’è una paura innata dentro ciascuno di noi, che a volte mascheriamo con un certo pudore, e che ci impedisce di dire cosa pensiamo realmente delle cose della fede.

Giosuè

Gs 4, 19 – 5, 1
Lettura del libro di Giosuè

In quei giorni. Il popolo risalì dal Giordano il dieci del primo mese e si accampò a Gàlgala, sul confine orientale di Gerico. Giosuè eresse a Gàlgala quelle dodici pietre prese dal Giordano e disse agli Israeliti: «Quando un domani i vostri figli chiederanno ai loro padri: “Che cosa sono queste pietre?”, darete ai vostri figli questa spiegazione: “All’asciutto Israele ha attraversato questo Giordano, poiché il Signore, vostro Dio, prosciugò le acque del Giordano dinanzi a voi, finché non attraversaste, come il Signore, vostro Dio, fece con il Mar Rosso, che prosciugò davanti a noi finché non attraversammo; perché tutti i popoli della terra sappiano che la mano del Signore è potente e voi temiate tutti i giorni il Signore, vostro Dio”». Quando tutti i re degli Amorrei, a occidente del Giordano, e tutti i re dei Cananei, lungo il mare, vennero a sapere che il Signore aveva prosciugato le acque del Giordano davanti agli Israeliti, al loro passaggio, si sentirono venir meno il cuore e rimasero senza coraggio davanti agli Israeliti.

Per l’Israele antico, invece, non c’era nessuna paura ad interpretare con la fede i fatti della propria vita. È per questo che, dopo aver passato il Giordano, Giosuè vuole costruire un memoriale che serva a tutti per ricordare che il Giordano non venne oltrepassato per audacia, o per qualche opera dell’uomo che ha permesso loro di superare le acque del fiume, ma solo per fede, solo grazie all’intervento di Dio questa impresa fu possibile. L’altare con le 12 stele, che deve rappresentare ogni singola tribù di Israele, deve stare lì per quello, deve essere lì a dire che fu la fede nel Signore a permettere tutto questo. È solo la fede che salva, è solo la fede che aiuta l’uomo specialmente nei momenti più difficili dell’esistenza. È questa la professione di fede che Israele vuole fare e che vuole insegnare agli altri. Israele, in mezzo a molti popoli che si vantano per le loro prodezze e per il loro ingegno, non ha timore di dire che quanto ha di più importante non nasce dalla propria volontà e bravura, ma da Dio.

Per noi

  • Che paura abbiamo di professare la fede?
  • Perché tanto spesso siamo bloccati e non riusciamo a dire le ragioni del nostro credere?
  • Cosa ci spinge a mettere in mostra noi stessi e a non dare a Dio la lode e il merito che merita?

Credo siano queste alcune possibili domande che oggi ci aiutano a riflettere, infatti siamo tutti un po’ timorosi di dire la nostra fede e di mostrare agli altri le ragioni del nostro credere. Qualche volta, come accadeva nel vangelo, per pudore, qualche volta per paura del giudizio degli altri, qualche volta bloccati dal fatto che testimoniare la fede nel mondo di oggi ci espone a numerose critiche…

Forse le scritture di oggi ci stanno proprio insegnando che occorre vincere questa paura. Le scritture ci dicono che, fino a quando questa paura è dentro di noi, sarà difficile recuperare una professione di fede limpida e sincera, che faccia davvero percepire a tutti la profondità del nostro essere radicati in Cristo.

Chiediamo al Signore, allora, questa grazia, perché impariamo a testimoniare la fede senza alcuna paura del giudizio altrui e accogliendo la sfida del tempo in cui ci troviamo a vivere.

Maria, che sempre assiste il suo popolo, assista anche noi e ci guidi verso la meta di una professione di fede limpida e sincera.

2020-07-10T16:26:50+02:00