Settimana della 2 domenica dopo il martirio – Giovedì
1 Giovanni
1Gv 4, 1-6
Lettura della prima lettera di san Giovanni apostolo
Figlioli miei, non prestate fede ad ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. In questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo. Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto costoro, perché colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo. Essi sono del mondo, perciò insegnano cose del mondo e il mondo li ascolta. Noi siamo da Dio: chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci ascolta. Da questo noi distinguiamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore.
“Da questo noi distinguiamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore”. Operazione difficilissima, nel nostro mondo, nel quale va più o meno bene ogni cosa purché non si faccia del male agli altri, è una realtà della quale nessuno parla più e un’operazione che risulta pressoché impossibile. Che cosa invece guida San Giovanni e la sua comunità nel distinguere lo spirito della verità dallo spirito dell’errore?
“Ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio”. La risposta sintetica potrebbe essere questa: la fede. Dove si attinge al criterio che distingue il bene dal male? Dalla fede! Da dove nascono i principi morali che ci permettono di distinguere il bene dal male? Solo dalla fede! San Giovanni vive in un mondo che è pagano. Ci sono conversioni numerose, stanno nascendo numerose comunità cristiane, ma il confronto è con il mondo pagano. San Giovanni richiama i suoi alla differenza tra il cristianesimo e il paganesimo. Qualsiasi religione, qualsiasi culto impone un comportamento nel nome di una divinità. Sono regole di uomini introdotte per il buon senso e il tranquillo vivere di tutti. Il cristiano si colloca decisamente su un altro piano. Egli ascolta la rivelazione di Dio, si mette ogni giorno in relazione con Cristo. Ascoltando la voce di Dio che il Cristo rivela, scopre che il richiamo a una vita moralmente degna di questo nome viene non dallo sforzo per il quieto vivere, ma dalla stessa Parola di Dio, accolta come dono. A rivelare la Parola di Dio è la stessa parola che si fa carne, Gesù Cristo, il Dio che si fa uomo per rivelare l’amore del Padre. È questo il senso dell’amore crocifisso che abbiamo contemplato l’altro ieri, è questo il senso dell’amore portato nel mondo dalla madre di ogni dolore, la Madonna Addolorata.
Vangelo
Lc 17, 11-19
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Lungo il cammino verso Gerusalemme, il Signore Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Come vive l’uomo che accetta questa rivelazione di Dio? Come vive l’uomo che si accosta alla Parola di Dio che si fa carne in Gesù Cristo? Con riconoscenza. L’uomo, che è sempre un peccatore chiamato ad essere figlio di Dio, l’uomo che è sempre una creatura fragile chiamata ad essere, per grazia, in relazione di stretta figliolanza con Dio Padre, vive questa sua fede in atteggiamento di ringraziamento e di riconoscenza. O meglio, dovrebbe vivere così! Dal momento che, invece, accade il contrario! L’uomo non è mai veramente riconoscente a Dio, nemmeno quando riceve grandi benefici di salvezza. Lo ha detto Gesù con questa breve ma efficace parabola. È come se, su dieci uomini salvati da una malattia grave come può essere la lebbra, uno solo tornasse a ringraziare Dio. Molto spesso, ci dice il Signore, accade questo. Tutti chiedono, pochi ringraziano! Molti si rivolgono a Dio quasi con un atteggiamento di pretesa nei suoi confronti, ma, pochi, sanno ringraziare per quello che hanno ricevuto. Se questo accade anche tra gli uomini, dal momento che la riconoscenza è un sentimento sempre più raro, quanto peggiore è quando questo avviene nei confronti di Dio!
Per noi
- Siamo in grado di essere riconoscenti per quello che riceviamo?
Anzitutto credo che, questa mattina, dobbiamo farci questa domanda umana, molto umana! Siamo in grado di dire grazie per quello che riceviamo? Siamo in grado di ringraziarci gli uni gli altri per quei piccoli o grandi favori che riceviamo? Credo che coltivare un atteggiamento di riconoscenza tra noi, sia già una grande cosa!
- Siamo riconoscenti a Dio per i benefici di salvezza che riceviamo da Dio?
Credo che poi, tutti, dobbiamo chiederci come siamo capaci di vivere un atteggiamento di riconoscenza nei confronti di Dio che non lascia mai mancare a ciascuno di noi quei benefici di salvezza che osiamo chiedere alla sua misericordia e alla sua paternità. Non accada a nessuno di noi di non essere riconoscenti per i benefici di salvezza che abbiamo nella nostra vita. Quando chiediamo qualcosa a Dio, cerchiamo, poi, di tornare a ringraziare. Vale la nostra preghiera di richiesta, ma vale moltissimo anche quella preghiera di ringraziamento che dobbiamo rivolgere a Dio per la nostra vita, per il solo fatto di esistere, per il solo fatto di aver ricevuto questo mondo, nel quale viviamo, insieme ad ogni altro bene. Sia questo, quindi, un giorno per coltivare il senso di ringraziamento gratuito e generoso.