Sabato 17 ottobre

Settimana della 7 domenica dopo il martirio – Sabato

Concludiamo la nostra settimana con il tema che viene dettato dalle scritture di oggi e che hanno lo scopo di introdurci nella festa della Dedicazione della Cattedrale che apre poi una sezione nuova e particolare del tempo liturgico: le settimane dopo la dedicazione.

Vangelo

Gv 2,13-22
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e il Signore Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, la seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scaccio tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovescio i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio e stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Credo che tutti conosciamo bene questa pagina che citiamo un po’ a proposito e un po’ a sproposito, a seconda di ciò che ci serve. In verità questa pagina di Vangelo è una azione simbolica sullo stile di quello dei profeti. Gesù, vedendo come è utilizzato il tempio, vedendo l’abuso che in esso si realizza, vedendo che ci si comporta come in qualsiasi piazza di mercato, scaccia i venditori e tutti coloro che fanno della fede un commercio. Gesù è divorato dallo zelo per la casa del Signore e vorrebbe riportare il tempio a quella bellezza, a quel fascino originario: il fascino di un luogo dove è possibile incontrare Dio.

Esodo

Es 40,16-38
Lettura del libro dell’Esodo

In quei giorni. Mosè eseguì ogni cosa come il Signore gli aveva ordinato: così fece. Nel secondo anno, nel primo giorno del primo mese fu eretta la Dimora. Mosè eresse la Dimora: pose le sue basi, dispose le assi, vi fisso le traverse e rizzo le colonne; poi stese la tenda sopra la Dimora e dispose al di sopra la copertura della tenda, come il Signore gli aveva ordinato. Prese la Testimonianza, la pose dentro l’arca, mise le stanghe all’arca e pose il propiziatorio sull’arca; poi introdusse l’arca nella Dimora, collocò il velo che doveva far da cortina e lo tese davanti all’arca della Testimonianza, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Nella tenda del convegno collocò la tavola, sul lato settentrionale della Dimora, al di fuori del velo. Dispose su di essa il pane, in focacce sovrapposte, alla presenza del Signore, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò inoltre il candelabro nella tenda del convegno, di fronte alla tavola, sul lato meridionale della Dimora, e vi preparo sopra le lampade davanti al Signore, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò poi l’altare d’oro nella tenda del convegno, davanti al velo, e brucio su di esso l’incenso aromatico, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Mise infine la cortina all’ingresso della Dimora. Poi collocò l’altare degli olocausti all’ingresso della Dimora, della tenda del convegno, e offri su di esso l’olocausto e l’offerta, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò il bacino fra la tenda del convegno e l’altare e vi mise dentro l’acqua per le abluzioni. Mosè, Aronne e i suoi figli si lavavano con essa le mani e i piedi: quando entravano nella tenda del convegno e quando si accostavano all’altare, essi si lavavano, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Infine eresse il recinto intorno alla Dimora e all’altare e mise la cortina alla porta del recinto. Così Mosè terminò l’opera. Allora la nube copri la tenda del convegno e la gloria del Signore riempi la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora. Per tutto il tempo del loro viaggio, quando la nube s’innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano le tende. Se la nube non si innalzava, essi non partivano, finché non si fosse innalzata. Perché la nube del Signore, durante il giorno, rimaneva sulla Dimora e, durante la notte, vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d’Israele, per tutto il tempo del loro viaggio.

Era il fascino che avvertiva Mosè nel creare un luogo che fosse un punto di riferimento per tutta la comunità degli Israeliti, un luogo dove fosse possibile pregare il Padre, un luogo dove ciascuno si sentisse rappresentato, un luogo dove ciascuno potesse andare a parlare con Dio. Per questo Mosè “sogna” questo luogo e lo prepara nei minimi dettagli, come abbiamo sentito, giungendo anche a decidere come devono essere messi i candelabri, in che modo… Ci sembrano, forse, minuzie, ma tutte queste cose hanno un intento molto preciso: dimostrare lo zelo per la casa di Dio che aveva Mosè e che il profeta cercava di trasmettere a tutto il popolo. È dalla cura per la casa di Dio che si vede la fede di un popolo, o la sua non fede.

Ebrei

Eb 8,3-6
Lettera agli Ebrei

Fratelli, ogni sommo sacerdote, infatti, viene costituito per offrire doni e sacrifici: di qui la necessita che anche Gesù abbia qualcosa da offrire. Se egli fosse sulla terra, non sarebbe neppure sacerdote, poiché vi sono quelli che offrono i doni secondo la Legge. Questi offrono un culto che è immagine e ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu dichiarato da Dio a Mosè, quando stava per costruire la tenda: «Guarda – disse – di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monti». Ora invece egli ha avuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore e l’alleanza di cui e mediatore, perché e fondata su migliori promesse.

Così anche l’autore della lettera agli ebrei. Egli, considerando la bellezza, la cura, la scrupolosità con cui nell’antico testamento si viveva tutto ciò che concerne la liturgia, si domandava: ma cosa occorrerà fare di più se, ora, il culto si esprime al vero Dio che ha rivelato sé stesso? Quanto più zelo, quanta più cura occorrerà mettere, ora che il Figlio di Dio si è manifestato ed ha indicato il volto del Padre?

Per noi

È ovvio che queste domande vengono poste a noi, oggi. Noi che siamo qui ci dobbiamo domandare cosa siamo qui a fare, cosa dice la liturgia che viviamo, come esprimiamo quel senso di giusto, vero, bello santo che ogni liturgia dovrebbe esprimere e che devono essere il cuore di ogni celebrazione. Siamo noi che dobbiamo chiederci come trattiamo la chiesa, come viviamo questo luogo che serve a proteggere la presenza di Dio e a fornire un tempo nel quale stare in silenzio davanti  Dio contemplando la sua bontà e la sua misericordia. Dovremmo un po’ chiederci quale zelo esprimiamo, quale zelo abbiamo per la casa di Dio, come ci sentiamo partecipi della vita della Chiesa che trova, proprio nella liturgia il suo apice e il suo cuore.

Iniziando una nuova sezione del tempo che ha, come centro, proprio la vita della chiesa e il mistero della chiesa, entriamo con uno spirito di contemplazione appropriato. Mettiamoci dalla parte di chi vuole servire la chiesa e, soprattutto, vuole amarla. Solo così potremo vivere bene le feste che abbiamo davanti e solo così potremo essere partecipi di quella rivelazione del mistero della salvezza che rende le nostre vite piene di senso.

2020-10-09T14:28:09+02:00