Feria prenatalizia 1
La sapienza della normalità.
C’è una sapienza nella vita normale. C’è una sapienza nella vita di chi fa le cose che deve fare, senza troppe arie, senza troppi problemi, senza mettersi in mostra, senza ricercatezza.
Rut
1, 1-14
Inizia la lettura del libro di Rut
Al tempo dei giudici, ci fu nel paese una carestia e un uomo con la moglie e i suoi due figli emigrò da Betlemme di Giuda nei campi di Moab. Quest’uomo si chiamava Elimèlec, sua moglie Noemi e i suoi due figli Maclon e Chilion; erano Efratei, di Betlemme di Giuda. Giunti nei campi di Moab, vi si stabilirono. Poi Elimèlec, marito di Noemi, morì ed essa rimase con i suoi due figli. Questi sposarono donne moabite: una si chiamava Orpa e l’altra Rut. Abitarono in quel luogo per dieci anni. Poi morirono anche Maclon e Chilion, e la donna rimase senza i suoi due figli e senza il marito. Allora intraprese il cammino di ritorno dai campi di Moab con le sue nuore, perché nei campi di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli pane. Partì dunque con le due nuore da quel luogo ove risiedeva e si misero in cammino per tornare nel paese di Giuda. Noemi disse alle due nuore: «Andate, tornate ciascuna a casa di vostra madre; il Signore usi bontà con voi, come voi avete fatto con quelli che sono morti e con me! Il Signore conceda a ciascuna di voi di trovare tranquillità in casa di un marito». E le baciò. Ma quelle scoppiarono a piangere e le dissero: «No, torneremo con te al tuo popolo». Noemi insistette: «Tornate indietro, figlie mie! Perché dovreste venire con me? Ho forse ancora in grembo figli che potrebbero diventare vostri mariti? Tornate indietro, figlie mie, andate! Io sono troppo vecchia per risposarmi. Se anche pensassi di avere una speranza, prendessi marito questa notte e generassi pure dei figli, vorreste voi aspettare che crescano e rinuncereste per questo a maritarvi? No, figlie mie; io sono molto più amareggiata di voi, poiché la mano del Signore è rivolta contro di me». Di nuovo esse scoppiarono a piangere. Orpa si accomiatò con un bacio da sua suocera, Rut invece non si staccò da lei.
È la sapienza della storia di Rut. La sapienza di chi migra per cercare benessere in un tempo di carestia. Quando le cose vanno male, quando il tempo si fa cattivo, quando la vita picchia duro. È la sapienza di Noemi che parte, che rimane vedova, che vede i figli prima sposarsi e, quindi, gioisce per loro e con loro, poi li vede morire e piange per loro. La sapienza di Noemi è la sapienza di chi parte e di chi torna, la sapienza di chi gioisce e di chi piange, la sapienza di chi si apre al futuro e di chi ritorna amareggiata. È la sapienza di chi vive ciò che la vita riserva, giorno per giorno, cercando ogni giorno quella sapienza che permette di sopportare ogni cosa.
È la sapienza di Dio che scrive nel quotidiano di Noemi e di Rut i segni della sua presenza.
Ester
1, 1-14
Inizia la lettura del libro di Rut
Al tempo dei giudici, ci fu nel paese una carestia e un uomo con la moglie e i suoi due figli emigrò da Betlemme di Giuda nei campi di Moab. Quest’uomo si chiamava Elimèlec, sua moglie Noemi e i suoi due figli Maclon e Chilion; erano Efratei, di Betlemme di Giuda. Giunti nei campi di Moab, vi si stabilirono. Poi Elimèlec, marito di Noemi, morì ed essa rimase con i suoi due figli. Questi sposarono donne moabite: una si chiamava Orpa e l’altra Rut. Abitarono in quel luogo per dieci anni. Poi morirono anche Maclon e Chilion, e la donna rimase senza i suoi due figli e senza il marito. Allora intraprese il cammino di ritorno dai campi di Moab con le sue nuore, perché nei campi di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli pane. Partì dunque con le due nuore da quel luogo ove risiedeva e si misero in cammino per tornare nel paese di Giuda. Noemi disse alle due nuore: «Andate, tornate ciascuna a casa di vostra madre; il Signore usi bontà con voi, come voi avete fatto con quelli che sono morti e con me! Il Signore conceda a ciascuna di voi di trovare tranquillità in casa di un marito». E le baciò. Ma quelle scoppiarono a piangere e le dissero: «No, torneremo con te al tuo popolo». Noemi insistette: «Tornate indietro, figlie mie! Perché dovreste venire con me? Ho forse ancora in grembo figli che potrebbero diventare vostri mariti? Tornate indietro, figlie mie, andate! Io sono troppo vecchia per risposarmi. Se anche pensassi di avere una speranza, prendessi marito questa notte e generassi pure dei figli, vorreste voi aspettare che crescano e rinuncereste per questo a maritarvi? No, figlie mie; io sono molto più amareggiata di voi, poiché la mano del Signore è rivolta contro di me». Di nuovo esse scoppiarono a piangere. Orpa si accomiatò con un bacio da sua suocera, Rut invece non si staccò da lei.
È la sapienza della normalità di vita di una corte, come di un popolo deportato, sebbene siano diversissime. È la sapienza di chi governa e la sapienza di chi è oppresso. È la sapienza di un imperatore e della sua corte, che devono sovraintendere a tutto e la sapienza di un popolo che non perde la sua fede e che, per questo, diventa capace di interpretare i segni che Dio dona. È la sapienza di chi si innamora, perché la vita degli uni e degli altri, la vita di ogni uomo, non si regge senza amore. È la sapienza di chi, dal popolo, viene elevato alla corte. È la sapienza di una donna bellissima e affascinante, Ester, che entrerà nella storia per dare ad essa un’impronta indelebile.
È la sapienza di Dio che scrive nel quotidiano di Ester e del suo popolo i segni della sua presenza.
Vangelo
Lc 1, 1-17
✠ Lettura del vangelo secondo Luca
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».
È la sapienza di Zaccaria, un uomo che ha accettato la sua condizione di mancata paternità e va avanti a vivere la sua vita come sempre. È la sapienza di un sacerdote che invecchia, che si preoccupa delle cose e non tralascia il servizio di Dio. È la sapienza di un uomo che si reca al tempio e che sa lasciarsi coinvolgere nei prodigi che lo riguardano. È la sapienza di chi, nella normalità della vita, continua, con sapienza, a cercare il Signore, la realizzazione dei propri giorni, la felicità.
La Sapienza ci invita a:
ad accettare la normalità della vita, con quello che essa ci presenta. La sapienza della normalità non riduce mai le cose al banale, all’insignificante, ma fa, di ogni cosa piccola ed anzi minima, un segno per comprendere cosa Dio rivela.
Cosa potevano fare due donne sole, povere, senza marito in una società come quella? Eppure dalla loro storia di normalità visitata da Dio nascerà la discendenza del Signore.
Cosa poteva fare una donna del popolo che viene trasferita a corte solo perché il sovrano ha visto la sua bellezza e se ne è invaghito? Eppure sarà la sua storia di normalità visitata da Dio a salvare tutto il popolo di Israele.
Cosa poteva pretendere un sacerdote anziano, “fuori gioco” dal punto di vista della carriera, che per giunta non abita a Gerusalemme ma in un piccolo e sconosciuto villaggio di collina? Eppure è da lui e da una moglie sterile che nasce il precursore, colui che introduce il Figlio di Dio nel mondo.
È la sapienza della normalità che ci viene chiesta. La sapienza di chi non ambisce o non sogna nulla di tremendamente grande, perché sa che Dio parla alla propria condizione e permette a ciascuno, nella condizione di vita che ha, di trovare la strada della santità, del servizio a Dio, dell’amore al prossimo, della vicinanza agli altri…
Provocazioni di sapienza
- Che sapienza mi porta ad avere la mia normalità di vita?
- Cosa accetto della mia normalità?
- Cosa fatico a comprendere di essa?
Preghiera alla Sapienza
Gesù, che stai per venire nel mondo, donami la sapienza della normalità. Aiutami a vedere anche nella mia normalità i segni del tuo passaggio e della tua grazia. Aiutami a scoprire, nella normalità mia e degli altri, il dono che Tu riveli. Gesù, sapienza incarnata, donami di vedere come opera la sapienza nella mia vita. Lo chiedo a Te che stai per rinnovare la tua venuta nel mondo. Così sia!