Domenica 18 febbraio 2024

All’inizio della Quaresima 

Per introdurci

Essere chiesa che custodisce la preghiera.

In questa prima domenica, all’inizio di questo tempo, vorrei che tutti insieme potessimo prendere sempre più consapevolezza della bellezza e dell’importanza di non essere soli ad entrare in questo tempo forte. Siamo nel 15° anno della comunità pastorale, evento che più volte abbiamo sottolineato e al quale spesso vi ho richiamato. Vorrei che, insieme, provassimo a chiederci:

  • Come possiamo vivere questa quaresima?
  • A cosa è chiamata la nostra esperienza di Chiesa?

La risposta, la prima che troviamo, è proprio questa: noi siamo chiamati a custodire un’esperienza di preghiera intensa e rinnovatrice della nostra coscienza.

La Parola di Dio 

LETTURA Is 57, 15 – 58, 4a
Lettura del profeta Isaia

In quei giorni. Isaia disse: «Così parla l’Alto e l’Eccelso, che ha una sede eterna e il cui nome è santo. “In un luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati, per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi. Poiché io non voglio contendere sempre né per sempre essere adirato; altrimenti davanti a me verrebbe meno lo spirito e il soffio vitale che ho creato. Per l’iniquità della sua avarizia mi sono adirato, l’ho percosso, mi sono nascosto e sdegnato; eppure egli, voltandosi, se n’è andato per le strade del suo cuore. Ho visto le sue vie, ma voglio sanarlo, guidarlo e offrirgli consolazioni. E ai suoi afflitti io pongo sulle labbra: ‘Pace, pace ai lontani e ai vicini – dice il Signore – e io li guarirò’”. I malvagi sono come un mare agitato, che non può calmarsi e le cui acque portano su melma e fango. “Non c’è pace per i malvagi”, dice il mio Dio. Grida a squarciagola, non avere riguardo; alza la voce come il corno, dichiara al mio popolo i suoi delitti, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi cercano ogni giorno, bramano di conoscere le mie vie, come un popolo che pratichi la giustizia e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio; mi chiedono giudizi giusti, bramano la vicinanza di Dio: “Perché digiunare, se tu non lo vedi, mortificarci, se tu non lo sai?”. Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi».

SALMO Sal 50 (51)

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. R

Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto. R

Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo,
nel segreto del cuore mi insegni la sapienza.
Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe. R

EPISTOLA 2Cor 4, 16b – 5, 9
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne. Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli. Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste purché siamo trovati vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio, che ci ha dato la caparra dello Spirito. Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi.

VANGELO Mt 4, 1-11
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Lettura

A rinnovare la nostra coscienza ecclesiale è, anzitutto, la prima lettura dove il profeta dice a nome di Dio: “in un luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e con gli umiliati per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi”. Dio, dunque, abita in un luogo inaccessibile, in un luogo santo. Eppure Egli è sempre con gli uomini, con gli umili e gli umiliati. Gli umili, cioè coloro che lo cercano. Gli umiliati, cioè coloro ai quali la vita non risparmia colpi grandi. Siamo tutti compresi in queste due categorie: anche noi siamo qui come uomini che lo cercano, e, per questo, vogliamo iniziare la nostra quaresima, ma siamo qui anche come umiliati, come fragili, come feriti. Feriti per molte cose della vita, fragili per moltissimi aspetti, ma, soprattutto nella fede, nella spiritualità, nella preghiera. Dio, dunque, si rende presente in tutte quelle esperienze di chiesa che ravvivano lo spirito degli umili e rinnovano il cuore degli oppressi.

Ancora Dio dice al suo popolo: “ho visto le sue vie, ma voglio sanarlo, guidarlo e offrirgli consolazioni”. Dio, dunque, viene incontro a noi per offrirci qualcosa, come già al suo popolo santo, quel popolo che ha tenuto viva la sua presenza in tutti i secoli della storia, quel popolo che storicamente è Israele, che beneficia ancora di questa benedizione, ma anche quel popolo che si è scelto in Cristo, quel popolo che è la Chiesa, quel popolo che sono tutti gli uomini e le donne di buona volontà, amati dal Signore che, nel corso dei secoli, sono la sua presenza e la sua benedizione per tutti i popoli della terra. Dio ci offre un tempo perché noi percepiamo il suo venire a noi.

Non deve accadere però che questo popolo chiamato alla salvezza, chiamato alla conoscenza di Dio, chiamato, addirittura a renderlo presente sulla terra, perda il senso della sua vocazione e perverta anche la sua azione di preghiera. “Voi digiunate tra litigi e alterchi”. Un richiamo. Un’indicazione fortissima. Il popolo di Dio è chiamato a custodire la preghiera come momento di incontro con Dio. Proprio a causa della santità di Dio, l’uomo è chiamato a custodire la preghiera come luogo di incontro e, per questo, deve lasciare qualsiasi cosa che contraddica quello spirito che l’orazione richiede e richiama.

Epistola

Così come ci ricorda anche l’Epistola: “noi non fissiamo lo sguardo su cose visibili, ma su quelle invisibili, perché sappiamo che le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili sono eterne”. Parola stupenda, che ci ricorda che essere cristiani è essere pellegrini. La chiesa è pellegrina nel tempo, non solo perché attraversa i secoli della storia, ma perché noi tutti siamo chiamati a guardare alle cose che sono eterne, alle cose che sono oltre il tempo, alle realtà spirituali che devono essere il richiamo per tutti ad una vita più sobria e più onesta, una vita che sa dedicarsi al bene in vista dei beni eterni. La natura della chiesa e, in essa del singolo credente, è quella di essere pellegrini. Noi siamo pellegrini nel tempo e portiamo nel cuore la nostalgia di Dio, quella nostalgia che sarà colmata solamente quando anche noi entreremo nella vita eterna. In attesa di quel giorno, mentre giunge a noi il tempo liturgico che ci ricorda questa  verità, noi viviamo la vita come un pellegrinaggio e, per questo, ci dedichiamo a fissare lo sguardo sulle realtà invisibili. Quelle realtà che la quaresima ci suggerisce e che possono essere custodite solo da una preghiera intensa e costante nel tempo. “Noi non vogliamo essere spogliati, ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita”, continuava l’Apostolo. Noi viviamo bene tutte le dimensioni della attuale esperienza. Il cristiano non rifiuta nulla della sua vita, ma, proprio attraverso la preghiera, custodisce le cose del tempo e le indirizza a quell’incontro con Dio che dice anche la verità di ogni cosa, l’essenza di ogni realtà creata. Noi viviamo tutte le cose che la vita ci offre illuminandole con la luce di Dio, perché il pensiero dell’eternità sostenga il cammino di chi si sente pellegrino. “Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore”. Sebbene amiamo e gustiamo le realtà della vita, noi sappiamo che siamo come in esilio, perché la verità di ogni cosa sarà data dall’eternità, quando anche noi saremo presso il Signore. Ecco perché desideriamo avere un tempo nel quale custodire nella preghiera questo incontro e già gustare la bellezza di esso. “Noi ci sforziamo di essere graditi a Lui”. La preghiera è anche questo, è anche sforzo, è anche esercizio, è anche impegno. Senza queste dimensioni noi non siamo in grado di custodire la vita in Dio che ci è stata data.

Vangelo

Misteriosa è la preghiera del Signore, quella preghiera che è fatta di solitudine. Lo leggiamo nel Vangelo: “fu condotto nel deserto”. Molte altre pagine del vangelo ci parlano di queta misteriosa solitudine del Signore, una solitudine abitata da Dio, una solitudine nella quale si rende presente la presenza del Padre, una solitudine per la quale il Signore, ogni giorno, trova un tempo che difende. Anche negli spostamenti, anche nelle attività, Gesù trova sempre uno spazio di solitudine per il Padre. Solitudine, ovvero esperienza di preghiera, attaccata dalla tentazione.

Se sei figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane”. È la tentazione di una preghiera che deve piegare il corso delle cose alla propria volontà di uomo. È la tentazione di chi prega per ottenere ciò che desidera, senza domandarsi se quella realtà sia davvero al centro della volontà di Dio.

“Se sei figlio di Dio, gettati giù…”. È la tentazione di chi vede la preghiera come via di uscita per la propria condizione di vita, spesso per la propria salute. È la visione di chi si mette davanti a Dio per chiedere che il proprio piede non abbia ad urtare con un sasso, ovvero per una vita felice, spensierata, senza difficoltà, cadute, acciacchi.

Il Signore Dio tuo adorerai…”, dice poi Gesù rispondendo al demonio, insinuando  che la preghiera serve per immergersi nel mistero di Dio e non per bramare cose per la vita. È il demonio che dà le cose che l’uomo ricerca, ma in cambio dell’anima. Dio dona salvezza all’anima, ma non realizzando quei desideri umani che, anzi, spesso sono in contraddizione con la vita nello spirito.

Angeli gli si accostarono e lo servivano”. Certo è detto di Gesù, ma è la preghiera di ciascuno che può far realizzare questa visione. La preghiera è sempre un richiamare a sé la presenza di angeli che portano a termine quel dialogo con Dio che è il centro e il cuore della vita di fede. Ogni esperienza di preghiera autentica e vera è un sentire la presenza degli angeli che ci aiutano a dialogare con Dio.

Per noi e per il nostro cammino

Vorrei che fossimo, non solo in Quaresima ma sempre o per lo meno in quaresima, Chiesa che sa custodire la preghiera, Chiesa che sa vivere tutte queste dimensioni che ci sono appena state ricordate. Vorrei che fossimo tutti consci che un impegno di preghiera ci è particolarmente richiesto se vogliamo vivere questa vita come pellegrini.

Pellegrini, cioè uomini, donne che si muovono verso un incontro con Dio; uomini, donne che sanno dire a tutti che la vita non è fatta solo di cose visibili, tangibili, quantificabili, ma di verità eterne, di desiderio di Dio, di visione della sua gloria.

Pellegrini, cioè uomini che sanno andare oltre le divisioni, i litigi, gli alterchi, perché sanno che superare tutte queste cose è già esercizio di fede prezioso, è già via verso l’incontro con Dio.

Pellegrini, cioè uomini che sanno che, per custodire queste verità, occorre rilanciare la preghiera, occorre custodire, anche come popolo, anche come Chiesa, l’azione della preghiera. La preghiera che è fatta di silenzio, oltre che di parole; la preghiera che è fatta anche di azioni comuni, oltre che di slanci personali; la preghiera che è fatta anche di azioni liturgiche, perché si possa tradurre in gesto comune ciò che ciascuno porta, a suo modo, nel cuore.

Vorrei che il primo appello per tutti fosse ad essere Chiesa che sa custodire la preghiera. Preghiera che sa leggere la Parola di Dio; nei giorni feriali rileggeremo soprattutto le storie bellissime della Genesi.

Preghiera che sa mettere al centro di tutto la Messa: continuo ad invitare a decidere una S. Messa infrasettimanale alla quale aderire.

Preghiera che sa mettere attenzione soprattutto al giorno del venerdì: con la celebrazione della via Crucis e, soprattutto, del Vespero, vero itinerario di fede verso la Pasqua.

Preghiera che sa custodire il silenzio: il silenzio nel quale il pellegrino intuisce la meta, studia la strada, vive in relazione a quel Dio che lo ha chiamato all’esistenza e lo chiama, continuamente, alla salvezza.

Impariamo ad essere così: Chiesa che custodisce la preghiera.

2024-02-17T07:51:11+01:00