Mercoledì 18 marzo

Settimana della terza domenica di Quaresima – mercoledì

Vangelo

Mt 6, 19-24
 Lettura del vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra! Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

La chiesa e la ricchezza. Potremmo rileggere così il tema del Vangelo di oggi, tema, peraltro, molto difficile, complicato. Ovviamente tutte le attività umane hanno un riscontro economico e nemmeno l’attività di evangelizzazione può sfuggire a questa regola. Lo sapevano già bene anche nella prima comunità cristiana, o anche nella chiesa dei padri, che, sovente, è intervenuta su questo tema. La raccomandazione vale per noi come figli della chiesa e come comunità ecclesiale. Come singole persone, anzitutto. Potremmo riassumere così il Vangelo di oggi: un invito a tenere sempre alta l’attenzione da avere sui beni materiali. Gesù è molto chiaro in proposito e ci ricorda che il limite da non superare mai è quello che trasforma le cose in vera e propria ossessione. Non sono male i beni in sé e nemmeno sono da condannare il possesso di beni o l’attenzione perché fruttino. Quando tutto questo diventa smania di possesso, ossessione del profitto, quando essi vengono prima delle persone e delle attività da sostenere, allora sì diventano un peso, se non addirittura un male. L’invito che riceviamo è, dunque, quello a verificare il nostro rapporto con i beni materiali, dei quali tutti abbiamo bisogno e che tutti dobbiamo utilizzare.

La raccomandazione vale, poi, per l’intera comunità ecclesiale. Anche la chiesa, come istituzione, deve avere i suoi beni, pensiamo solo alla necessità dei luoghi di culto e degli ambienti dove la chiesa svolge la sua azione pastorale. Se la nostra chiesa riesce ad avere anche un’azione pastorale ancora incisiva su molti giovani, per esempio, è proprio grazie agli oratori, luoghi di formazione che tutti ci invidiano. Certo, per costruirli, per curarli, occorrono beni, talvolta anche ingenti. Ma anche la comunità ecclesiale non deve essere oppressa da questa preoccupazione. La sua prima vera preoccupazione deve essere la predicazione del Vangelo, l’attenzione ai poveri, la vicinanza ai malati. È questo il tesoro spirituale che rende la chiesa conforme al mandato del maestro da un lato, ma anche ricca dall’altro. Ricca non di beni terreni, appunto, ma di quel patrimonio spirituale che la deve contraddistinguere.

Si potrebbe anche aprire una terza riflessione sul vero e proprio dovere dei battezzati di sovvenire la chiesa e di sostenere ogni sua opera. Cosa che tutti i fedeli con diversa sensibilità, sono chiamati a compiere. Certo occorre ricordare che la nostra comunità si sostiene di questo: di offerte! Noi potremo poi permetterci di fare quello che il comune contributo ci concede. Credo che sia bene ricordare che solo attraverso la sensibilizzazione di tutti possono nascere quelle opere ecclesiali buone, oneste, portatrici di bene o addirittura profetiche che la Chiesa ha sempre sostenuto o fatto nascere.

Genesi

21, 7-21
Lettura del libro della Genesi

In quei giorni. Sara disse: «Chi avrebbe mai detto ad Abramo: “che Sara avrebbe allattato figli?”. Eppure gli ho partorito un figlio nella sua vecchiaia!». Il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto quando Isacco fu svezzato. Ma Sara vide che il figlio di Agar l’Egiziana, quello che lei aveva partorito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. Disse allora ad Abramo: «Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco». La cosa sembrò un gran male agli occhi di Abramo a motivo di suo figlio. Ma Dio disse ad Abramo: «Non sembri male ai tuoi occhi questo, riguardo al fanciullo e alla tua schiava: ascolta la voce di Sara in tutto quello che ti dice, perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. Ma io farò diventare una nazione anche il figlio della schiava, perché è tua discendenza». Abramo si alzò di buon mattino, prese il pane e un otre d’acqua e li diede ad Agar, caricandoli sulle sue spalle; le consegnò il fanciullo e la mandò via. Ella se ne andò e si smarrì per il deserto di Bersabea. Tutta l’acqua dell’otre era venuta a mancare. Allora depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sedersi di fronte, alla distanza di un tiro d’arco, perché diceva: «Non voglio veder morire il fanciullo!». Sedutasi di fronte, alzò la voce e pianse. Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: «Che hai, Agar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. Àlzati, prendi il fanciullo e tienilo per mano, perché io ne farò una grande nazione». Dio le aprì gli occhi ed ella vide un pozzo d’acqua. Allora andò a riempire l’otre e diede da bere al fanciullo. E Dio fu con il fanciullo, che crebbe e abitò nel deserto e divenne un tiratore d’arco. Egli abitò nel deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie della terra d’Egitto.

Anche il problema tra Agar e Sara, la padrona e la schiava e i figli che hanno avuto, Isacco e Ismaele, è, essenzialmente, un problema di beni, un problema ereditario. Sara, che ha spinto la schiava a partorire un figlio ad Abramo perché ci fosse un erede dell’immensa fortuna da lui accumulata, ora che ha avuto un figlio suo, teme l’altro come un rivale. Tanto da allontanare questa donna e suo figlio, ben conoscendo il rischio che avrebbero corso, anche perdendosi nel deserto, come, di fatto, avviene. È molto bello che la Parola di Dio rappresenti l’operato dei suoi figli che è fatto anche di queste cose  umane, molto umane, ma anche molto vere. La soluzione della vicenda ci sarà: la benedizione di Abramo, la vera ricchezza, la vera eredità del grande patriarca passerà anche al figlio della schiava. Come ci ha detto la scrittura, sia Isacco che Ismaele sono generatori di popoli. Al di là di come sia finita la faccenda economica tra le tribù!

Proverbi

10, 28-32
Lettura del libro dei Proverbi

Figlio mio, l’attesa dei giusti è gioia, ma la speranza degli empi svanirà. La via del Signore è una fortezza per l’uomo integro, ma è una rovina per i malfattori. Il giusto non vacillerà mai, ma gli empi non dureranno sulla terra. La bocca del giusto espande sapienza, la lingua perversa sarà tagliata. Le labbra del giusto conoscono benevolenza, la bocca degli empi cose perverse.

Anche la riflessione sapienziale ci invita ad avere un atteggiamento pieno di sapienza anche verso le cose. Solo il giusto è gradito a Dio. Giusto è anche l’uomo che sa attribuire il vero valore alle cose, senza lasciarsi prendere la mano da nessuna di esse.

In preghiera

Dio datore di ogni bene e di ogni fortuna, insegnaci a riconoscere ad ogni cosa il suo valore e a non essere mai oppressi da una smoderata smania di possesso. Fa che la tua chiesa possa davvero essere umile e povera, così da poter richiamare a tutti queste sante virtù della fede.

Esame di coscienza

  • Come mi regolo sul possesso delle cose?
  • Come giudico la chiesa nei suoi atteggiamenti?
  • Sono capace di sostenere la mia chiesa con i miei beni?
  • Quanto mi lascio sensibilizzare e quanto sensibilizzo a queste tematiche?
2020-03-14T12:03:07+01:00