III domenica di Pasqua
Cristo via, verità e vita
Siamo soliti attribuire a Cristo diversi “titoli”, ovvero abbiamo diversi modi di chiamare il Figlio di Dio. Alcuni di essi sono biblici, altri sono stari attribuiti dalla teologia. Ma cosa significa dire che Cristo è via verità e vita? È solamente uno sforzo del pensiero oppure c’è un itinerario diverso che ci viene proposto dalle scritture che proclamiamo in questa domenica?
Atti
At 16, 22-34
Lettura degli Atti degli Apostoli
In quei giorni. La folla insorse contro Paolo e Sila e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi. Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti. Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere, tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò forte: «Non farti del male, siamo tutti qui». Quello allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. Egli li prese con sé, a quell’ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.
Colossesi
Col 1, 24-29
Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi
Fratelli, io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza.
Vangelo
Gv 14, 1-11a
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me».
Vangelo
Il Vangelo, di per sé, non ci propone mai una riflessione stratta, ma sempre una parte dalla vita. Tutta la predicazione del Signore è così, molto concreta, legata ai fatti della vita, intrisa di immagini o di fatti concreti che stimolano il pensare dell’uomo.
Il Vangelo di oggi si colloca tra le ultime parole del Signore. Il suo ministero è ormai giunto quasi alla fine. Il Signore sta parlando della sua dipartita, del suo ritorno al Padre. Egli vuole “consolare” i discepoli affranti per quello che sta dicendo.
Ecco l’immagine fondamentale della sua predicazione: “nella casa del padre mio vi sono molte dimore”. È un’immagine della vita eterna, l’immagine della comunione. Coloro che entrano nel mistero di Dio hanno ciascuno il proprio posto in quella comunione infinita, numerosissima, fatta dalle anime di tutti coloro che hanno creduto e che, al termine della vita terrena, entrano nella comunione di Dio. Su questa immagine Gesù ne innesta subito una seconda: “io vado a prepararvi un posto”, parola con la quale il Signore intende dire che la vita eterna non è questione di volontà dell’uomo. La vita eterna è dono gratuito di Dio, è realtà realizzata in Cristo e da Cristo stesso.
È su queste immagini che Gesù attribuisce a sé stesso il triplice “titolo” da cui siamo partiti.
Cristo è “verità” perché rivela il volto del Padre, che è il volto della misericordia, il volto di chi vuole salvare l’uomo a tutti i costi, il volto di chi manda il proprio figlio per realizzare questa pienezza di comunione. È tutto quanto viene realizzato nel ministero di Gesù. Per questo il Signore dice: “chi ha visto me ha visto il Padre”. Le opere e le parole del Signore Gesù sono le stesse parole e opere di Dio Padre che chiama alla salvezza tutte le anime.
Cristo, di sé stesso, dice di essere anche “la via”. Per giungere alla vita eterna, per arrivare ad occupare ciascuno il proprio posto non è necessario fare altro che imitare il suo comportamento, la sua donazione, la sua carità, il suo desiderio di ricerca del volto di Dio. La vita eterna si avvicina all’uomo man mano che il cuore dell’uomo diventa capace di imitare il comportamento di Cristo. Chi vuole giungere alla vita eterna deve, pian piano, lasciare che Cristo agisca in lui.
Cristo è, infine, “la vita”, perché dona la vita eterna a coloro che credono. La via che Cristo propone non è una generica via per fare del bene, non è una qualsiasi via per fare ciò che è gradito a Dio. La sua rivelazione è un invito a credere e ad incamminarsi verso l’eternità. La vita eterna è il vero fine della vita dell’uomo, non altro. Chi crede non crede per avere altro, non crede per avere meno che questo! La vita cristiana può essere da tutti concepita, apprezzata, vissuta, solo a condizione che ciascuno abbia come meta niente meno che la vita eterna, quel dimorare perennemente con Dio che viene proposto a tutti gli uomini.
Atti
Realtà che emergono, in maniera ancora più evidente, nella bellissima narrazione degli Atti. Paolo, Sila sono oggetto di una ennesima persecuzione. Vengono flagellati e poi gettati in carcere. Il motivo è la loro speranza in Cristo, la loro predicazione di quella vita eterna che il Signore ha promesso. Ovviamente hanno di fronte dei non credenti, persone che non conoscono il mistero di Dio. Quando nella notte vengono prodigiosamente liberati, ecco che la reazione umana del centurione vorrebbe essere quella di togliersi la vita per non dover affrontare il giudizio dell’imperatore. Ma ecco il grido di Paolo e di Sila, un invito a non farsi del male. Piuttosto anche lui, insieme con gli altri, credano in Cristo Verità che li ha salvati dalle loro mani; Vita che non può tollerare che la vita sia tolta a nessuno tantomeno a sé stessi; Via di salvezza. Ed ecco la bellissima e pronta conversione dei pagani. Sono propri i soldati, in particolare il centurione, che chiedono cosa occorra fare per essere salvati. La risposta è nella medesima linea del Vangelo: occorre credere a Cristo, via, verità e vita. L’adesione è così pronta che Paolo e Sila vengono invitati nella casa del centurione che viene battezzato. Questa vita nuova cambia subito il cuore degli uomini e i persecutori si trasformano in persone che curano le ferite che loro stessi hanno provocato sul corpo degli apostoli. Una narrazione plastica, bellissima, che dice come tutti costoro hanno recepito e vissuto la predicazione stessa del Signore. Quando si apre l’orizzonte della verità della vita eterna, il cuore dell’uomo muta, si accede subito alla via della carità e ci si sente in cammino verso la vita eterna, meta che è immediatamente in grado di cambiare il cuore dell’uomo.
Colossesi
Così è ancora San Paolo che prende la parola nella seconda lettura e dona una prospettiva nuova nella quale inquadrare anche le difficoltà e le sofferenze della vita. Paolo dice di sopportare volentieri le sofferenze che non sono risparmiate al suo ministero, quasi che occorre completare le sofferenze di Cristo. La prospettiva che Paolo offre è una prospettiva di senso del dolore. C’è modo e modo di vivere il dolore. Paolo accetta quel modo autenticamente cristiano, profondamente segnato dalla fede, che consiste nel “donare” le proprie sofferenze a Cristo, per continuare quella passione continua che Cristo vive nelle membra piagate dell’umanità. Non solo. Questa sofferenza è offerta a favore della Chiesa, perché la Chiesa, intesa come il corpo dei battezzati, continui ad attingere forza per il suo compito di testimonianza e di predicazione. Predicazione che consiste nell’indicare la persona di Cristo come via, verità, vita – tornano i termini del Vangelo: questo è il compito dell’apostolo Paolo ma, in generale, anche degli altri apostoli.
“Cristo è in voi, speranza di gloria futura”. Così concludeva San Paolo, insegnandoci che la meta della vita eterna è quella luce che rischiara l’esistenza del cristiano. Senza questa meta, senza il pensiero della vita eterna, sarebbero vane tutte le altre cose. Solo nella prospettiva della vita eterna trova senso ciò che viene proposto a tutti: una sequela che si vive in una via di carità, di imitazione del Signore, di servizio gratuito e disinteressato. “È lui che annunciamo, ammonendo ed istruendo ogni uomo con sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo!”. Il fine che guida San Paolo non è altro che quello di inserire ogni anima nella vita di Cristo, perché tutti possano beneficiare della sua rivelazione. Sono termini diversi ma si capisce molto bene che la trama sottesa è la medesima del Vangelo.
Per noi
Anche oggi la Parola di Dio ci costringe a pensare e a chiederci:
- Io credo in Cristo via, verità, vita?
Credo che la risposta non sia molto facile, perché abbiamo reso questi concetti astratti, elucubrazioni del pensiero e poco sembra che questi termini abbiano a che fare con la nostra vita.
Così vale la pena che ci soffermiamo, anzitutto a chiederci:
- Credo nella vita eterna?
- Che immagine ho della vita eterna?
Forse moltissimi di noi hanno un’immagine distorta. L’immagine di qualcosa per pochi, l’immagine di qualcosa che occorre conquistare a prezzo di numerose fatiche e rinunce… è l’immagine più comune che si possa avere dell’eternità. Tocca proprio noi capire che la vita eterna deve essere l’orizzonte nel quale collocare le cose del tempo, lasciando che sia il Signore ad attrarci ad essa. Non dobbiamo mai disperare di entrare nella vita eterna, poiché in essa si entra per i meriti di Cristo e non per i nostri! Ma nemmeno dobbiamo disimpegnarci. Ecco la proposta della carità fattiva e concreta, come abbiamo sentito, che ci aiuta a vivere con fede ogni tempo dell’esistenza. Ma ancora dobbiamo chiederci:
- Credo che Cristo sia la Verità?
Se crediamo che Cristo sia la verità che ci illumina, allora incominciamo a inserire in lui le tante verità della vita e lasciamo che sia il Vangelo a guidarci. Molto spesso noi non facciamo questo e abbiamo molte altre verità della vita a cui crediamo e delle quali ci fidiamo. Ecco un altro richiamo del Vangelo che fa per noi. Se Cristo è la verità della vita dell’uomo, tutto diventa relativo a Lui e tutto deve comporsi con la rivelazione del suo mistero. Quindi dobbiamo chiederci:
- Seguo questa via cristiana di santificazione?
Che non né semplicemente la via del fare del bene, tanto va bene tutto e comunque. Il cristiano non pensa questo. Piuttosto, proprio perché ha come fine la vita eterna e proprio perché sa che è Cristo che ci attira a sé donandoci la vita con il Padre, allora cerca di rivivere, di imitare, in qualche modo, quella benevolenza di Cristo che è attestata nel Vangelo. Non è proprio del cristiano buttarsi a capofitto in una via pure di bene che non nasca da questa speranza e che non faccia vivere tutte queste dimensioni.
Seguire Cristo via, verità e vita è impegnativo, non è solo una riflessione, non riguarda solo la dimensione della conoscenza o quella dell’intelletto, ma comprende tutta la nostra vita. È questo il modo con il quale siamo tutti invitati a vivere il tempo di Pasqua: in questo tempo dobbiamo rimotivare la nostra sequela di Cristo via verità e vita in ordine alla vita eterna. A che ci servirebbe, infatti, questa vita di fede se non avessimo questa speranza?