Settimana della sesta domenica di Pasqua – Lunedì
La settimana che abbiamo davanti è del tutto particolare. Giovedì, compiendosi i 40 giorni dalla Pasqua, celebriamo l’Ascensione del Signore. Segue poi la novena di preparazione alla Pentecoste. Il lezionario è tutto improntato a farci comprendere questi due eventi e ci prepara così al compimento di questo tempo pasquale.
Vangelo
Gv 13, 31-36
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Quando Giuda Iscariota fu uscito, il Signore Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi».
“Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato”. Queste parole di Gesù introducono la sua Pasqua, ovvero il mistero di passione, morte e risurrezione che abbiamo celebrato nella settimana santa. Ma il mistero Pasquale non si limita a questi eventi che abbiamo liturgicamente già solennemente ricordato. Esso si estende e comprende l’ascensione, ovvero il ritorno di Cristo al Padre, nella dimensione celeste, e la Pentecoste, ovvero l’effusione, il dono dello Spirito Santo, che celebriamo 50 giorni dopo la Pasqua. Gesù ha aiutato il discepolo a capire e Giovanni, mentre scrive il vangelo, lo ricorda e ce ne da questo resoconto. Gesù parla, quindi del suo non essere più visibile nel mondo con quella sua presenza fisica che il discepolo ha imparato a conoscere e a valorizzare, e, tuttavia, spiega anche come potrà essere continuata quella presenza. La sua presenza continuerà negli atti di amore che ogni discepolo, in ogni tempo, potrà compiere nel suo nome. “Vi lascio un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”. Il comandamento dell’amore è il segno attraverso il quale si rinnova la sua presenza. Potremmo dire così: in ogni atto di amore che qualsiasi uomo compie sulla faccia della terra, si rinnova qualcosa del mistero di Dio, si rinnova, in qualche modo arcano e misterioso, la sua presenza. È attraverso questi atti di amore autentici e veri che altri uomini potranno comprendere il senso della presenza di Dio e il suo essere a fianco di ciascuno, in ogni momento della storia.
Atti
At 28, 1-10
Lettura degli Atti degli Apostoli
In quei giorni. Una volta in salvo, venimmo a sapere che l’isola si chiamava Malta. Gli abitanti ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia e faceva freddo. Mentre Paolo raccoglieva un fascio di rami secchi e lo gettava sul fuoco, una vipera saltò fuori a causa del calore e lo morse a una mano. Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli abitanti dicevano fra loro: «Certamente costui è un assassino perché, sebbene scampato dal mare, la dea della giustizia non lo ha lasciato vivere». Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non patì alcun male. Quelli si aspettavano di vederlo gonfiare o cadere morto sul colpo ma, dopo avere molto atteso e vedendo che non gli succedeva nulla di straordinario, cambiarono parere e dicevano che egli era un dio. Là vicino vi erano i possedimenti appartenenti al governatore dell’isola, di nome Publio; questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni. Avvenne che il padre di Publio giacesse a letto, colpito da febbri e da dissenteria; Paolo andò a visitarlo e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarì. Dopo questo fatto, anche gli altri abitanti dell’isola che avevano malattie accorrevano e venivano guariti. Ci colmarono di molti onori e, al momento della partenza, ci rifornirono del necessario.
La pagina degli Atti è esemplificazione di tutto questo. Abbiamo sentito il racconto di Paolo che riprende lì dove si era interrotto la settimana scorsa, ovvero dopo il naufragio e l’approdo sull’isola di Malta. Abbiamo sentito come sull’isola c’è un contesto di accoglienza iniziale. Gente di mare che sa bene quanto possa essere incredibile l’essere scampati ad un naufragio in inverno, ed ecco che gli abitanti dell’isola si fanno vicini ai superstiti. Subito inizia il confronto sottile tra il paganesimo e il cristianesimo. La mentalità pagana è quella superstiziosa di chi vede nella serpe che addenta Paolo un segno della giustizia celeste e aspetta così la morte o almeno qualche malore dell’uomo. La mentalità cristiana è quella di Paolo, che va avanti per la sua strada e che, avendone la possibilità incomincia a guarire i malati che gli vengono portati, in segno di riconoscenza per quello che si riceve. Inizia così una catena virtuosa: l’apostolo prega per i malati, i maltesi donano tutto quanto è necessario per la ripartenza dell’uomo. Possiamo ben vedere in queste parole una parafrasi del Vangelo: si vive il comandamento dell’amore. Chi inconsapevolmente, usando solo gesti di riconoscenza per i favori ricevuti. Chi, invece, con consapevolezza nuova, si accosta all’uomo esattamente come Cristo stesso avrebbe accostato ciascuno.
Ad Jesum per Mariam:
Con queste risposte della scrittura, penso che possiamo rileggere quella litania che dice:
- Regina Angelorum: Maria è in effetti “la regina anche degli Angeli”. Noi, sempre più spesso, chiamiamo Angeli coloro che ci fanno del bene. Potremmo rileggere in questo senso gli episodi che abbiamo letto. Ci sono uomini che, accogliendo altri uomini, facendo loro del bene, diventano come angeli.
Chiediamo al Signore anche noi questa grazia: la grazia di accoglierci gli uni gli altri, la grazia di saper donare del bene a coloro a cui possiamo compiere del bene, la grazia di riservare sempre un’attenzione particolare a chi ci domanda qualcosa. Così vivremo il comandamento dell’amore o, se preferite, potremo anche noi essere un po’ quegli angeli di cui il mondo ha realmente bisogno.