Settimana della undicesima domenica dopo Pentecoste – Martedì
Vangelo
Lc 12, 4-7
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui. Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».
Esempi di infedeltà! La parola di Dio di oggi è il rovescio della medaglia di quella di ieri. Se ieri abbiamo sentito un invito alla saggezza, all’integrità, all’incorruttibilità, oggi ascoltiamo una Parola che va nella direzione opposta.
Anzitutto l’invito di Gesù. Perché ci sono molti uomini che non sono di esempio per gli altri? Perché accade che ci siano molte persone che rubano, mentono, rovinano il fratello? Perché non si “teme Dio giudice della storia”. Certo questa affermazione va spiegata bene. Non è che un uomo debba avere paura del giudizio universale e agire bene proprio sotto lo spauracchio del giudizio ultimo! Sarebbe come sentirsi sempre sotto minaccia e, ovviamente, questo Dio non lo vuole!
Piuttosto il credente sa bene che la sua vita e la vita di tutti, quindi la storia, si dirige verso l’incontro con Dio e, per questo, dirige la sua attenzione a quei richiami morali che gli permettono intanto di vivere bene ma, poi, anche di essere di esempio a tutti gli altri. È questo che fa di un uomo un credente! Ed è questo che fa di un credente un uomo che, vivendo come in un pellegrinaggio e sempre in attesa della piena e vera manifestazione di Dio, cerca di attenersi a quelle indicazioni che gli possono permettere di realizzare la propria esistenza, diventando così di esempio per gli altri. Dunque non la paura di un giudizio ma la certezza di un incontro spinge un uomo ad adottare tutti quei criteri morali che rendono piena, vera, splendente una esistenza.
Cronache
2Cr 28, 16-18a. 19-25
Lettura del secondo libro delle Cronache
In quel tempo il re Acaz mandò a chiedere aiuto al re d’Assiria. Gli Edomiti erano venuti ancora una volta e avevano sconfitto Giuda e fatto prigionieri. Anche i Filistei si erano sparsi per le città della Sefela e del Negheb di Giuda. Questo accadde perché il Signore aveva umiliato Giuda a causa di Acaz, re d’Israele, che aveva permesso ogni licenza in Giuda ed era stato infedele al Signore. Tiglat-Pilèser, re d’Assiria, venne contro di lui e lo oppresse anziché sostenerlo. Acaz spogliò il tempio del Signore, il palazzo del re e dei prìncipi e consegnò tutto all’Assiria, ma non ne ricevette alcun aiuto. Anche quando si trovava alle strette, continuava a essere infedele al Signore: così era il re Acaz. Sacrificò agli dèi di Damasco, che lo avevano sconfitto, dicendo: «Poiché gli dèi dei re di Aram portano a loro aiuto, io sacrificherò a essi e mi aiuteranno». In realtà, essi provocarono la sua caduta e quella di tutto Israele. Acaz radunò gli arredi del tempio di Dio e li fece a pezzi; chiuse le porte del tempio di Dio, mentre eresse altari in tutti i crocicchi di Gerusalemme. In tutte le città di Giuda eresse alture per bruciare incenso ad altri dèi, provocando così lo sdegno del Signore, Dio dei suoi padri.
Il libro delle cronache ci parla di un re infedele, di un re che avrebbe avuto tutti gli elementi per essere punto di riferimento per gli altri, ma non lo fu; un re che avrebbe potuto essere esempio di fede, ma divenne un uomo che trattò la fede con disprezzo; un uomo che, invece di convertirsi, trascinò altri nella via dell’immoralità e, quindi, della perdizione. Ovviamente la Scrittura ce ne parla non solo per tinteggiare il medaglione di un re infedele, ma per insegnarci a non dare mai niente per scontato. È possibile che anche nel popolo di Dio, nonostante i richiami continui e gli insegnamenti abbondanti, un uomo si ribelli ai richiami della fede e divenga, invece che esempio luminoso, fonte di tenebra per sé e per gli altri. Anzi, i libri storici di Israele sono molto critici con molti re e capi del popolo, proprio per dirci che non è mai scontato all’esito di una vita. Potrebbe anche essere che chi è nella posizione di maggior prestigio e rilievo diventi un contro esempio per tutti.
Per noi
Purtroppo noi siamo molto “abituati” a vedere che chi dovrebbe garantire luce, di fatto, non lo faccia; siamo abituati a vedere esempi di male, di corruzione, di giudizio sovvertito, tanto che non pochi uomini del nostro tempo e anche non pochi credenti, abbiano smesso di credere nella giustizia, o nell’esemplarità di coloro che hanno responsabilità di governo. Naturalmente non solo fuori, ma anche dentro la Chiesa. Che fare? Di fronte ad un panorama così, come dobbiamo reagire noi credenti? Noi non possiamo limitarci a prendere atto di quello che succede, né rassegnarci al fatto che così è, così sarà. I credenti reagiscono in modo contrario, ovvero cercano di creare quei piccoli gruppi dove la fede condivisa diventa fucina di moralità, luogo dove si plasmano le idee per un modo diverso di vivere. Così è stato in tutta la storia della Chiesa. Ovviamente non per chiudersi in piccoli gruppi dove gustare la bellezza di alcuni valori condivisi: questo sarebbe assai limitante e il credente non è mai l’uomo della chiusura e del ripiegamento. Piuttosto si creano piccole comunità per plasmare un modo di pensare diverso che è comunque rivolto a tutti, un modo di vivere diverso che è, comunque, punto di riferimento per tutti. Ecco come reagisce il credente! Né si abbatte, né si lamenta, né si ritira! Il credente rimane più che mai fermo nella sua professione di fede e va in cerca di uomini che, come lui, credano, per convertire il mondo.
- Facciamo così anche noi?